Sottofondo orchestrale e luce soffusa. Sulle note di una sinfonia classica - forse Chopin? - si sarebbe avvicinata con passi decisi al tavolo su cui sedeva la famiglia di Soul. Le sembrava quasi di poterli vedere: il padre con la schiena diritta e gli occhi severi puntati con ostinazione sul piatto vuoto di fronte a lui; Wes, con quel ghigno al contempo così simile e diverso da quello del fratello minore; e poi lei. Il membro della famiglia che Maka riusciva a digerire meno di tutti: la madre.
Anche quella sera avrebbe avuto i capelli ritti come degli spaghetti, lasciati ricadere come senza peso sulle spalle nude. Due enormi orecchini tempestati di un qualche tipo di diamante, tanto per ostentare la sua ricchezza. Un abitino attillato e tacchi vertiginosi. Al suo fianco, lei avrebbe fatto la figura della poveraccia. La sensazione che probabilmente la donna voleva suscitare in chiunque.
Inoltre, squadrava i suoi interlocutori con occhi di ghiaccio talmente penetranti da metterti a disagio. Maka ricordava ancora lo sguardo che le aveva lanciato il giorno che era andata a prelevare Soul dal ristorante.
E già si immaginava quello che le avrebbe riserbato se l'avesse vista arrivare alla cena insieme al figlio.
La ragazza scosse la testa, aprendo gli occhi. Nel suo campo visivo comparvero immediatamente il familiare soffitto della sua stanza e i profili superiori dell'armadio. Dalle tende tirate (ma che erano talmente fine che vi si poteva vedere attraverso) scorgeva una notte buia, senza stelle ne luna.
Soul era partito un paio di ore prima.
La cena iniziava per le 20, ma aveva preferito presentarsi in anticipo. L'albino conosceva molto bene i suoi genitori, e sapeva che, se li avesse irritati, gli avrebbero reso impossibile la serata. Era stato convinto fino all'ultimo che lei l'avrebbe accompagnato. E ciò nonostante l'avesse avvisato che non aveva alcuna intenzione di avere contatto alcuno con la sua famiglia. Aveva addirittura cercato di corromperla!
Se n'era comunque andato con una strana aurea soddisfatta intorno. Probabilmente pensava che lei l'avrebbe raggiunto in seguito.
Maka si rigirò sul materasso, cercando di ignorare il senso di colpa che avvertiva in petto.
Lasciare Soul da solo, ad affrontare la sua famiglia, non era una scelta degna di lei. D'altronde, dover passare la serata in loro compagnia non era di certo il migliore dei programmi.
La ragazza rimase immobile, con lo sguardo perso nel vuoto e le braccia incrociate dietro la testa.
- Aaahhh!- esclamò alla fine, tirandosi violentemente a sedere. -Ti odio Soul-.L'albino giunse all'entrata del ristorante con largo anticipo. Voleva prendersi del tempo per potersi abituare al lusso e allo sforzo del locale. Nonostante fosse nato in quell'ambiente, proprio non riusciva a sopportarlo.
- Il signor...?- chiese l'uomo vestito da pinguino che si occupava si accogliere gli ospiti. E controllare le prenotazioni, ovviamente.
- Evans - rispose l'albino digrignando denti.
L'uomo diede una veloce occhiata al libro nascosto. Riconobbe il nome e sgranò leggermente le orbite.
- Da quella parte -.
Soul seguì la direzione indicata dall'uomo. Al tavolo erano già seduti tutti i membri della sua famiglia. L'albino emise un verso di stizza, schioccando la lingua con frustrazione. Aveva sperato di precederli, invece erano sempre un passo avanti. Wes soprattutto. Con quell'aria di superiorità che lo circondava come una seconda pelle. Lo irritava e lo metteva in soggezione. Se solo ci fosse stata Maka a sostenerlo...
- Tesoro! - lo salutò sua madre. Fu stranamente gentile con lui. Quasi mielosa.
- Mamma - ribatté lui, prendendo posto al fianco del fratello. Quest'ultimo lo guardò a malapena, mentre il padre scosse la testa accennando un sorriso.
- Dov'è... come si chiamava? Quella ragazza carina con cui uscivi...? -. Soul fissò sua madre cercare di ricordare il nome della persona cui si riferiva.
- Caro - disse girandosi verso il compagno. - Te la ricordi? -.
Gli uomini della famiglia non sembravano per nulla interessati alle parole della donna.
- Ma si! Angie! - concluse, unendo le mani di fronte a sé e sorridendo innocentemente. Soul si rabbuiò.
- Io e Angie non ci frequentiamo da un bel po'-.
- Oh! - la finta sorpresa manifestata dall'albina altro non fece che irritare ulteriormente il figlio minore. - Peccato! Quella ragazza era adorabile -.
- Mamma! - grugnì Soul. I suoi occhi illuminati di una luce pericolosa e intimidatoria. La donna si tappò la bocca ridendo sommessamente.
- Quindi stasera sei da solo? - continuò a punzecchiarlo lei.
Il ragazzo lanciò uno sguardo all'entrata, sperando di vedere Maka arrivare.
- Lascialo in pace. Non voglio sentire la tua voce petulante per tutta la serata, né dover mangiare vedendo quella faccia - si intromise Wes, indicando il fratello minore.
- Wes - lo riprese il padre. Nella loro famiglia c'era da sempre una tacita regola: non rispondere alla madre, o alla compagna. Quando esagerava, si doveva semplicemente lasciar cadere il discorso.
E così fu fatto. Almeno fino alla prima portata, quando la luce si fece più soffusa per permettere l'entrata dell'orchestra. Un pianista, due violini e una cantante.
Per l'esibizione indossavano tutti abiti molto eleganti: smoking e abiti da sera lunghi e neri. Tutti portavano delle maschere veneziane, probabilmente per onorare il Carnevale veneziano che in quei giorni doveva tenersi in Italia.
L'orchestra iniziò con una canzone orientale, intitolata Deep Blue Song.
Nel locale le luci si fecero leggermente più accese e, sulle note della voce della cantante, iniziarono a servire la seconda portata. Soul non aveva potuto scegliere le pietanze, poiché i suoi avevano prenotato tutto in anticipo.
- Bella voce, vero? - commentò la signora Evans.
- Concordo - aggiunse il signor Evans, chiudendo gli occhi e muovendo la testa a ritmo delle note.
- I musicisti, però, non sono un granché - sbuffò Wes, incrociando le braccia e puntando ostinatamente lo sguardo contro i due violinisti. Suonando lui stesso quello strumento, tendeva a guardare con sufficienza gli altri artisti. Il suo ego era talmente smisurato da fargli credere di essere il migliore. Migliore perfino del fratello minore, che per non entrare in competizione aveva deciso di dedicarsi al pianoforte.
- Non puoi paragonarti a loro, Wes - ridacchiò la madre.
- Chissà se ti ricordi ancora come si suona? -. Wes, con la guancia poggiata sul palmo della mano e il viso rivolto verso Soul, lo provocò con quel suo sorriso sornione che l'albino tanto detestava. - Da quando te ne sei andato di casa, scommetto che hai messo di allenarti regolarmente - rimarcò lui.
- E se anche fosse? -.
Il maggiore indicò il palco. - Perché non ci fai sentire qualcosa? -.
- C'è già chi sta intrattenendo gli ospiti -. Una gocciolina di sudore freddo percorso il retro del collo di Soul. Esibirsi di fronte a tanta gente? Non aveva mai amato farlo. Soprattutto se a fissarlo c'erano gli occhi giudicanti di suo fratello maggiore.
- Non penso ci siano problemi -.
Soul provò a cercare aiuto nei propri genitori. Sua madre annuiva, d'accordo con la proposta del figlio prediletto. Suo padre sembrava quasi non esserci.
Wes alzò una mano, chiamando la cantante. Stavano facendo una breve pausa, preparandosi per il prossimo brano. La ragazza si avvicinò.
Il giovane albino si voltò nuovamente verso l'entrata del locale. Sapeva Maka entrasse, salvandolo da quella situazione. Cominciava tuttavia a dubitare venisse. Se n'era andato tranquillo dall'appartamento, certo che la ragazza l'avrebbe seguito. Ora, quella certezza vacillava.
Wes tornò a posto. - Prima della prossima esibizione c'è una finestra libera per te. Facci sentire -. Diede una pacca sulla spalla del fratello, sorridendo odioso.
Soul si morse il labbro.
- Cos'è? Hai paura? Questo non è per nulla un comportamento figo - gli sussurrò all'orecchio l'albino, facendo leva su una delle fissazioni del fratello.
Il ragazzo si alzò, spostando violentemente la sedia. Quello stronzo ci teneva tanto a tormentarlo? E allora gli avrebbe fatto vedere chi era Soul Evans.
La cantante lo accolse sul palco allungando semplicemente una mano. Non disse nulla, ma nonostante la maschera che le copriva l'intero volto, Soul riuscì a vedere gli occhi sorridergli incoraggianti.
- Che brano facciamo? -.
Il ragazzo prese posto di fronte al pianoforte. Lei picchiettò sullo spartito chiuso sopra al leggio. L'albino lo aprì, riconoscendo le note sul pentagramma. Alzò gli occhi incrociando quelli verdi della ragazza. Un ghigno si dipinse naturalmente sul suo volto.
Le luci si spensero nuovamente, creando un cono luminoso sopra ai due performanti. La cantante si mise a sedere sopra il pianoforte, ascoltando la melodia delicata che le dita di Soul iniziavano a produrre. La loro sintonia era talmente perfetto da sembrare impossibile avessero improvvisato quell'esibizione. Al suo posto, Wes si stava mordendo nervosamente l'interno della guancia. La sicurezza nei movimenti e la tranquillità, che traspariva dal volto del fratello, non li aveva mai visti prima di allora. Era certo di metterlo a disagio, così come soleva fare quando erano più giovani. Eppure Soul sembrava essersi completamente dimenticato del mondo circostante. Le iridi carminie concentrate sui tasti e sulla figura della cantante, la cui voce si adattava alle note con una tale naturalità...
Il silenzio tornò nella sala solo per qualche millesimo di secondo, prima che i commensali iniziassero ad applaudire con moderazione.
La cantante chinò leggermente il capo, mentre Soul rimase immobile di fronte alla tastiera.
Perfino la signora Evans era rimasta colpita. Si complimentò con il figlio, invitando la ragazza ad avvicinarsi. - Non hai perso il tuo tocco - commentò il padre di famiglia.
- Sei stato bravo, tesoro - aggiunse la madre, civettuola.
- Gran parte del merito è anche della cantante - sbottò Wes, incapace di riconoscere esplicitamente le capacità del fratello.
- Quando suona, Soul riesce a raggiungere l'anima. Per questo è fantastico - si intromise la ragazza, iniziando a sciogliere il nodo che reggeva la maschera.
L'albino incrociò le braccia, mostrando in un sorriso i denti appuntiti. - Devi sempre farti notare, vero? -.
Maka si ravvivò i capelli, gonfi per la piega data dal phon. - Non sarebbe stato figo, altrimenti - rise.
Riconoscendola, gli Evans si irrigidirono, ognuno per un diverso motivo.
- Ho deciso all'ultimo di accettare l'invito - spiegò lei, dando un fugace bacio sulla guancia dell'albino. Lui sogghignò, notando il rossore imporporarle il viso. Maka odiava mostrare in pubblico quella dolcezza. Minava il suo orgoglio, a suo dire. In quel momento, quel gesto era dettato semplicemente dalla volontà di sfidare la famiglia di Soul.
- Quindi, sei la cantante del gruppo? - chiese il signor Evans, cercando di rimediare all'atmosfera pesante che si era creata.
La bionda unì le mani di fronte a sè, imbarazzata. - Non proprio -.
Una giovane donna irruppe nella sala, scusandosi con i camerieri. Sventolò una mano per salutare i musicisti, i quali, spiazzati e confusi, ricambiarono. - Scusate il ritardo, ma me ne sono successe di tutti i colori - spiegò lei, a disagio.
- In realtà sarebbe lei la cantante - sussurrò Maka, sedendosi come se nulla fosse.
Soul la fissò con un enorme punto di domanda aleggiante sopra la sua testa.
Lei mosse semplicemente le labbra, formando un nome all'albino ben noto: "Black Star".Maka poggiò la forchetta sul tovagliolo, sollevata che quella fosse stata l'ultima portata. Mancavano solo il dolce e il caffè, poi sarebbe potuta tornarsene a casa.
Non riusciva a credere che una semplice cena potesse spossarla tanto: si sentiva senza forze.
Era stato un susseguirsi di commenti e domande scomode da parte della madre di Soul. Dall'altra parte, per non rischiare in un esplosione dell'albino, la ragazza aveva dovuto tenere all'erta la sua attenzione per bloccarlo prima dell'irreparabile. Avrebbe fatto molto meglio a rimanersene a casa.
- Allora, cosa prendiamo per concludere? - chiese la donna agguantando l'unico menù dei dolci sul tavolo. Suo marito e il figlio maggiore, ignorandola completamente, continuarono con il loro discorso. Stavano discutendo delle performances della band e di musica in generale. Anche Soul svincolò dalla domanda, guardando lo schermo del cellulare con insistenza quasi maniacale. In poche parole, l'unica che non aveva una scusa per sviare dalla conversazione era lei.
Maka fece appello a tutta la poca pazienza che le era rimasta e cercò di sorridere il più naturalmente possibile. - Quali proposte ci sono? -.
- Tesoro, cosa ne pensi? E tu, Wes, caro? - disse lei, sovrastando quasi le parole della bionda. I due interpellati si voltarono verso di lei. La donna girò il menù, mostrandolo loro.
- Mamma - la richiamò Soul quasi grignando. Fingendosi di accorgersi solo in quel momento della mano di Maka rimasta protesa per afferrare il menù, lei si scusò coprendosi la bocca con le dita e ridacchiando.
- Scusa, cara. Non mi ero accorta stessi parlando con me -.
- Oh, non si preoccupi. Capisco che con l'età si possa iniziare a soffrire di demenza senile - rispose la bionda con pacatezza.
Soul abbassò il telefono e, così come suo fratello maggiore e il genitore, fissò la ragazza con stupore.
- Credo di non aver capito... -. Anche la madre dell'albino parlò con tono calmo, sebbene il suo viso si fece scuro.
- Appunto. Ma non gliene faccio una colpa. Piuttosto, ha finito con i dolci? Vorrei poterci dare un'occhiata - e senza attendere la risposta, Maka le strappò di mano il fascicoletto. - Oh, guarda! C'è il tiramisù. Credo prenderò questo -.
- Non puoi decidere da sola - si intromise la madre di Soul, riprendendosi il menù. - Dobbiamo essere tutti d'accordo -.
- Non possiamo fare semplicemente ce ognuno sceglie quello che preferisce? -.
- Ovvio che no - rispose repentina la donna. - Dobbiamo fare uguale, come una vera famiglia. Ma forse per te è qualcosa di troppo complicato da comprendere -.
Soul avvertì un'aura pericolosa estendersi al suo fianco. Maka stava per raggiungere il suo limite.
- In fondo, con una famiglia come quella che ti ritrovi - continuò lei. - Se non ricordo male, sei venuta a Death City con tuo padre. Quel dongiovanni che bazzica spesso al Chupa Cabras, giusto? -.
La bionda strinse i pugni sotto il tavolo, mordendosi un labbro per trattenersi dal mettersi ad urlare.
- Mamma, adesso basta - cercò di dire Soul, ma la donna non sembrava avere alcuna intenzione di fermarsi. - E tua madre? Possibile non si interessi di una figlia del genere? Sarai anche un'adulta anagraficamente, ma rimani comunque molto giovane. Io penso sempre al bene del mio Soul, sebbene abbia deciso di vivere lontano da me. Chissà se invece i tuoi si preoccupano mai per...? -.
Ciò che restava nel bicchiere di Maka finì dritto in faccia alla donna. Il make-up iniziò subito a sciogliersi.
- Maka...-.
- Come hai osato? - sibilò la donna.
- Se devi aprire la bocca solo per sparare stronzate, meglio se la tieni chiusa -. La bionda riappoggiò il bicchiere e, tenendo gli occhi coperti con la frangetta, si diresse verso l'uscita del locale. Soul la seguì immediatamente, ignorando il fratello che aveva iniziato a parlare male di Maka.
- Signore, spero di rivederla presto - lo salutò il cameriere all'entrata, inchinandosi e offrendogli il loro biglietto da visita. L'albino lo superò velocemente, sperando la ragazza non fosse già partita. La trovò in attesa sul marciapiede, stretta nella sua solita giacca.
- Tutto bene? - le chiese, avvicinandosi.
- Che razze di domandi fai, deficiente? Secondo te? - rispose lei con un filo di voce.
- Ehm, già... -.
Non sapendo come ribattere, l'albino rimase semplicemente in silenzio. Solo per un minuto, però. Poi non riuscì più a sopportare quella sensazione di disagio che provava e dovette per forza dire qualcosa. - Comunque temevo le tirassi un pugno come avevi fatto con Wes -.
Maka sospirò pesantemente. Si scostò la frangia e gli sorrise. - Forse sarebbe stato meglio -.
- Hai forse intenzione di picchiare tutti i membri della il famiglia? - scherzò Soul.
- Potrei sorprenderti -.
- Ne sono certo. Dove hai lasciato la macchina? -.
- Quale macchina? - chiese Maka.
- Come ci sei arrivata fino a qui? -.
- Black Star. Mi sembrava di avertelo mimato con le labbra prima -. La bionda si picchiettò sulle labbra con la punta dell'indice.
- Devo essermi fatto distrarre - sorrise l'albino.
Maka lasciò uscire l'aria attraverso i denti, alzando lo sguardo al cielo. - Sempre a flirtare, Evans? -.
- È nella mia natura - disse lui, sollevando le spalle. - Quindi... -, indicò il parcheggio sul retro del ristorante, - credo tu abbia bisogno di un passaggio -.
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Madness
FanfictionLezioni all'università, un lavoro da cantante e un secondo lavoro da detective privata. Il tutto adornato da un particolare gruppo di amici e dai "normali" problemi di cuore di qualsiasi ragazza. Chi riuscirebbe a gestire tutto senza scoppiare? Lei...