49. Un nuovo coinquilino?

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La giornata era iniziata nel migliore dei modi. Il sole si era timidamente fatto strada tra le persiane lasciate socchiuse della stanza, svegliando il ragazzo con un delicato tocco proprio sulle palpebre.
La casa era immersa nel completo silenzio della solitudine, dal momento che né sua madre, né tantomeno suo fratello erano presenti, quindi ogni stanza era a sua completa disposizione. Avrebbe potuto alzarsi all'ora che più gli aggradava, senza preoccuparsi minimamente di fare tardi alle prove o a qualche riunione con la zia.
Solamente la sveglia, ancora incolume sul comodino, avrebbe potuto rovinargli quel momento; ma per fortuna il ragazzo si era svegliato prima che partisse il fastidioso trillo.
Dopo essersi stiracchiato e stropicciato gli occhi per bene, il moro estrasse una paio di boxer dal primo cassetto e si diresse al piccolo bagno annesso alla stanza. Solitamente doveva fare i conti con il fratello, il quale, con quel suo solito fare da vittima, si lamentava con la madre per il tempo che lui passava a prepararsi. Non era certo colpa del ragazzo se gli piaceva curare ogni minimo dettaglio.
Dopo una lunga, calda e ristoratrice doccia, sistemò le ciocche sbarazzine e leggermente ricce in un'acconciatura volutamente ribelle. Indossò un paio di jeans strappati all'altezza delle ginocchia e una grossa e larga felpa arancione sopra ad un dolcevita scuro. Un cappellino con la visiera abbassata e una mascherina a coprirgli metà del volto, ed era pronto per uscire.
Le strade di Death City ancora non gli erano del tutto familiari, dal momento che per lavoro passava spesso lunghi periodi in altre località. Ciononostante, i lampioni a forma di teschio e i muri tutti storti delle case gli trasmettevano quel senso di appartenenza che gli serviva per calmarsi. Ogni angolo era ricco di ricordi della sua gioventù e dei giochi (o per meglio dire dispetti) che faceva con suo fratello. Una volta, ad esempio, avevo convinto il gemello che la mamma l'avrebbe abbandonato se non si fosse fatto il bagno nella grande fontana al centro della piazza.
Ma soprattutto, mai avrebbe potuto dimenticare la prima volta che l'aveva visto.
Stava andando agli studi per conto della madre, quando aveva visto passargli di fianco quella bionda antipatica che tanto andava d'accordo con il fratello. Dietro di lei, quella che poi avrebbe scoperto essere la sua guardia del corpo. Un ragazzo di poco più grande di lui e dai capelli di un colore talmente particolare da sembrare tinti. Tutto di lui l'aveva impressionato: dai denti appuntiti alle iridi di un rosso che gli avevano ricordato il sangue. Ogni centimetro di lui gridava una sola cosa: fico.
Ed era esattamente quello che il ragazzo moro aveva pensato fissandolo allontanarsi all'interno degli studi.
Da quel giorno si era ripromesso che, in un modo o nell'altro, sarebbe diventato amico di quel tipo ancora senza nome. Ed ora che aveva scoperto, origliando i discorsi della madre e della zia, che lui abitava con la bionda, era intenzionato a tentare il tutto e per tutto.
Salì con passo deciso le scale della palazzina, fermandosi ad ogni piano per leggere le targhette riportanti i cognomi dei residenti. Quando finalmente giunse di fronte alla porta corretta, le mani gli tremavano per l'agitazione, mentre un sorriso indelebile gli attraversava tutto il viso.
Suonò il campanello sperando in cuor suo fosse l'albino ad aprirgli.

———

Maka stava leggendo sul divano, quando udì il campanello suonare. Controllò l'ora: erano appena le 10. Un'orario insolito per qualsiasi visita. Black Star era ancora a letto, mentre Kid e le ragazze non riuscivano mai ad uscire di casa prima dell'ora di pranzo.
Conclusione: sicuramente era uno scocciatore.

- Soul, ci pensi tu? - urlò la bionda. Per tutta risposta, da dietro la porta chiusa del bagno, partì lo scroscio dell'acqua della doccia. Soul aveva appena iniziato a lavarsi. 

Sospirando per il fastidio (era giunta ad un punto cruciale della storia), la ragazza si alzò, infilando le pantofole sistemate in ordine vicino al divano. 

Dimenticandosi completamente di controllare dallo spioncino chi ci fosse dall'altra parte, Maka aprì la porta d'ingresso. Di fronte a lei, un ragazzo dai capelli neri e mossi, e un'espressione dispiaciuta sul volto. 

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