44. Ritorno alla normalità. O forse no?

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I giornali non parlavano d'altro: uno degli uomini più ricchi e influenti del Paese nascondeva una collezione mostruosa all'interno della sua villa. Oltre a liberare varie persone, dichiarate scomparse in varie parti del globo, la retata della polizia aveva recuperato opere d'arte e documenti di valore trafugati e mai ritrovati.
Inoltre, erano stati assicurati alla giustizia anche alcuni complici: un maggiordomo, una giovane donna, un uomo e vari altri personaggi sconosciuti agli archivi della polizia.
Tuttavia, il responsabile stesso non era stato catturato, né si avevano indizi sulla sua possibile ubicazione. Come con il caso Betson, ancora la polizia dimostrava la propria inadeguatezza contro le risorse di uomini come Noah.

Mosquito concluse l'articolo, prima di dirigersi verso l'ufficio della sua signora. Bussò delicatamente tre colpi, poi entrò senza nemmeno attendere una risposta.
Il fedele servitore sapeva bene che la sua signora era talmente assorta nei suoi pensieri da non accorgersi neppure di quel lieve rumore.

- Lady Arachne - disse il vecchio, porgendo alla donna dai lunghi capelli neri una tazza di tè nero. Raramente lei beveva la dolce bevanda, prediligendo il sapore forte e deciso del vino rosso. Quello, però, era un giorno particolare.

- Grazie, Mosquito - ringraziò lei, distogliendo lo sguardo dagli incartamenti che stava preparando dalle prime ore dell'alba.

L'uomo lanciò una veloce occhiata ai timbri imposti sui documenti. Ormai erano quasi completati.

- Quindi... è sicura? -.

La donna mosse il capo, concedendosi un leggero sorriso, nascosto dai bordi della tazza color panna e oro. Quel semplice pezzo di porcellana stonava all'interno della stanza creando un vero e proprio effetto di spaesamento. In un locale tetro e scuro come l'ufficio di Lady Arachne (dove le pareti erano coperte da carta da parati nera e le tende erano di un pesante tessuto viola), il candore della tazza risaltava  ferendoti gli occhi.

- Non posso di certo abbandonarlo ora - rispose la donna, posando il tè. Ricontrollò un'ultima volta il suo lavoro, poi lo consegnò al suo fido braccio destro.

- Stare un po' in una prigione federale potrebbe fargli abbassare la cresta - sputò Mosquito, non riuscendo a mantenere il proprio autocontrollo. Quando si aveva a che fare con quel teppista, l'elegante vecchietto perdeva tutta la sua compostezza.

- È come un cucciolo che ha bisogno di essere addestrato - rise Arachne, ricordando il giorno in cui l'aveva preso con sé.
Non erano molti i suoi sottoposti per cui avrebbe rischiato tanto. Agire in prima persona per tirarlo fuori dai guai significava lasciare delle tracce. Tracce che, in futuro, avrebbero potuto essere utilizzate dalla polizia per giungere a lei. Ma per liberare Giriko era pronta a correre il rischio.

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Maka finì di sfogliare il giornale e lo riappoggiò sul tavolino della biblioteca. Glia articoli che parlavano del caso Noah non specificavano i nomi degli arrestati. La bionda presupponeva che Angie fosse tra questi. Almeno per un bel po' di tempo non sarebbe più rispuntata fuori.

- Sembri ancora tesa come la corda di un violino - commentò a bassa voce Kevin, indicandole l'uscita. I due si spostarono all'esterno.

Il cortile, che circondava la biblioteca universitaria di Death City, rispecchiava il carattere tipico della famiglia Death. Come per l'accademia frequentata anni prima dalla bionda, anche quel centro di istruzione era proprietà del padre di Kid. Pertanto, tutte le siepi erano state modellate a forma di teschio e disposte in modo da formare una composizione perfettamente simmetrica.

- Noah non è stato preso - iniziò a spiegare Maka, sistemandosi la tracolla con il blocco per gli appunti, l'astuccio e il tablet.

- Ma Kid è salvo! - esclamò gioviale il bruno, controllando di avere tutto il necessario per la prossima lezione.

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