41. Villa Eibon: sloth

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Noah osservò le varie inquadrature trasmesse nella sua piccola sala di controllo. I vari monitor mostravano i diversi piani della sua collezione, permettendogli di tener d'occhio il procedere dei suoi ospiti.
Quando aveva accettato di aiutare Lady Arachne nel rapimento, mai si sarebbe immaginato di andare incontro ad un divertimento simile. Inoltre...

L'uomo dalla carnagione scura puntò la propria attenzione sulla chioma biondo cenere che si muoveva da uno schermo all'altro.

La figlia dell'unica persona al mondo in grado di infiltrarsi nell'Arachnophobia e di scoprire l'identità della mente dietro a tutto. Nemmeno Noah, nonostante tutti i suoi agganci, era mai riuscito ad entrare in possesso di tale informazione. L'uomo avrebbe tanto desiderato far entrare la donna nella sua collezione, ma purtroppo quello stolto di Bryson l'aveva eliminata. Da allora, aveva concentrato la sua attenzione sulla figlia, nella speranza di ritrovare in lei la scintilla che avrebbe acceso la sua curiosità.

- Quando si dice che buon sangue non mente - commentò a fil di labbra l'uomo, ghignando. La ragazza si era rivelata ancor più interessante del genitore.

Noah pigiò su un burrone rosso, avvicinando il viso ad un piccolo microfono. - Giriko, quei tre stanno venendo verso di te. Pensaci tu -.

Da uno degli schemi, l'uomo con i capelli marroni a sega alzò pigramente un pollice.
Lady Arachne gli aveva ordinato di lavorare con Noah, al fine di prevenire la liberazione del giovane Death. La sua signora voleva approfittare del suo ostaggio per distruggere economicamente il suo più grande rivale commerciale: Shinigami. Tra i due non era mai corso buon sangue, nonostante e vari accordi tra le loro compagnie. Entrambi lavoravano sia alla luce del sole che nell'ombra, quindi non potevano "minacciarsi" per vie legali. In passato, perfino Shinigami aveva sfruttato mezzi non proprio leciti. E la sua padrona non gli aveva mai perdonato quell'affronto.

Giriko udì il suono metallico dell'ascensore, che annunciava l'arrivo dei suoi ospiti. Dietro di lui, il fruscio di una coperta gli segnalò il risveglio anche della sua compagna. Una volta concluso anche quel lavoro, entrambi sarebbero tornati alla villa della loro signora. Giriko contava i giorni che lo separavano dal rivedere il suo viso.

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Soul procedette tenendo Maka per mano. Dal piano precedente, la ragazza sembrava strana, pensierosa. L'albino avrebbe voluto parlarne con lei, ma la presenza di Kevin era un forte deterrente. Il ragazzo dagli occhi rossi non voleva assolutamente che la sua ragazza si aprisse di fronte a lui. Specialmente dopo la sua esplicita dichiarazione di guerra.

- Ci sono solo sedie, letti e poltrone quì - constatò il bruno, intanto i cartelli appesi ad ognuno di quegli oggetti. Indicavano tutti il periodo storico a cui risalivano i corrispettivi mobili. Erano tutti di grande valore.

Maka rallentò il passo, abbassando il viso fino a coprire i propri occhi con le ciocche bionde della frangetta. - Soul... avrei bisogno di parlarti - sussurrò lei, decidendo che doveva assolutamente liberarsi dell'angoscia nata nel piano precedente. Parlare con quella dottoressa le aveva fatto perdere sicurezza. La bionda aveva creduto di poter affrontare da sola quella sensazione, ma più passavano i minuti e più si rendeva conto di non esserne in grado. Da quando la sua situazione con Soul era stata chiarita, la ragazza sentiva di star perdendo le rendono della propria vita. Ora che i suoi sentimenti erano in gran parte legati all'albino, la bionda non poteva più controllare razionalmente e interamente il proprio spirito.

Sia Kevin che l'albino osservarono preoccupati Maka, la quale si prese un braccio con una mano. Sollevò il viso, mostrando una leggera increspatura sulle labbra. - Sono proprio un peso, vero? -.

- In che senso? -.

Non può essere quello che penso. Si disse l'albino.

- Non riesco ad aiutarti in alcun modo. Anche con il tuo rimorso per il rapimento di Kid... non ho saputo come sostenerti - continuò lei, piegando il capo di lato.

Kevin, sentendosi più che fuori posto, non poteva fare altro che rimanere in silenzio, ad osservare quella che sembrava la rottura di una coppia.

- Maka, ti sembra il momento per certi discorsi? -. Perfino Soul si sentiva a disagio. Fossero almeno stati da soli!

- Hai ragione, scusa. È solo che... non riesco più a far finta di nulla - rise lei, con voce lenta e atona. - Sono mesi che qualcosa ti turba, ed io non sono ancora riuscita a capire cos'è. Tu non me ne parli, quindi forse il problema sono io. Riguarda me, oppure... è solo che non ti fidi di me - concluse Maka liberandosi finalmente il braccio.

Kevin si aspettava una risposta repentina da parte di Soul, che, tuttavia, non giunse. L'albino se ne stava in silenzio, con i pugni serrati lungo i fianchi. Si mordeva il labbro inferiore con un'espressione indecifrabile.

- Soul... -.

- Iniziavo a stufarmi di aspettare arrivasse qualcuno -.

Di fronte agli occhi basiti di Kevin, e dietro alle spalle dell'albino, Giriko fece la sua comparsa come dal nulla. Con un ghigno, proprio mentre il ragazzo dagli occhi rossi si stava voltando per fronteggiarlo, l'uomo gli diede un calcio all'altezza dello stomaco. Soul si sentì scaraventare all'indietro, mentre dai polmoni uscì tutta l'aria a disposizione.

- Soul! - urlò Kevin.

Giriko avvicinò il viso a quello di Maka, alitandole contro. - Non è la prima volta che ci incontriamo, vero? - chiese lui, guadagnandosi un'occhiata perplessa da parte di lei. - Liberarmi di te renderà molto felice la mia signora - sentenziò Giriko, afferrandole entrambi i polsi e costringendola a retrocedere fino a cadere su uno dei letti lì dietro. Maka spalancò gli occhi, ma ancora non mostrò alcuna reazione. Era come se i sentimenti della ragazza si fossero impigriti, addormentati.

Kevin spinse via l'uomo, prese Maka per una mano e corse via.

——————

- Quello stupido, ragazzino. Cosa pensa di fare? - imprecò Giriko, massaggiandosi la mascella dolorante. Sapeva che il ragazzo sarebbe stato presente, ma non si aspettava intervenisse di persona. Ma forse stava solo cercando di mantenere le apparenze e di non svelare la sua vera identità. - Certo, che però... poteva andarci più leggero, allora - si lamentò nuovamente, avvicinandosi all'ammasso di legno e stoffa dove aveva catapultato l'albino. Prima si sarebbe occupato del giovane Evans, poi avrebbe pensato alla figlia della traditrice.

Ma tutto quello che vide furono rottami. Del ragazzo albino nemmeno l'ombra. - Dove è andato a cacciarsi? -.

- Qui, maledetto! - gli rispose una voce proveniente da destra. E per la seconda volta nel giro di dieci minuti, l'uomo si prese un sonoro calcio sulla mascella. Giriko barcollò di lato, riuscendo a mantenere l'equilibrio. Il viso più rosso che mai, e un rivolo di denso liquido rossastro che fuoriusciva dal taglio sul labbro.

- Maledetto ragazzino! Sono stufo di farmi prendere a calci da voi stronzetti -. L'uomo partì caricando un pugno, che Soul riuscì ad evitare agilmente, assumendo la posizione di guardia tipica delle arti marziali. Preso dalla rabbia, Giriko provò nuovamente a tirare qualche diretto, fallendo ogni volta. Infine, agguantò una sedia e la lanciò in direzione dell'albino. Lui si gettò di lato, evitando per un soffio l'oggetto. Tuttavia la mossa inattesa lo prese alla sprovvista, e Soul non vide l'uomo dai capelli marroni sopra di lui. Giriko approfittò della posizione favorevole e calciò violentemente fuori l'aria dai polmoni del ragazzo. Sebbene sapesse benissimo che più tempo rimaneva accucciato e peggio sarebbe stato per lui, Soul non potè evitare di rannicchiarsi su sè stesso. Le mani stringevano i propri fianchi, mentre lucenti gocce di sudore gli imperlavano la fronte.

- Ah ah ah! Cosa pensava di fare il giovane Death con una guardia del corpo del genere? - lo derise Giriko, facendo ricordare al ragazzo il giorno in cui avevano rapito il suo amico. Ora conosceva l'identità di entrambi i rapitori: Noah e il tipo che stava affrontando in quel momento. Si era ripromesso di fargliela pagare.

L'ennesimo calcio andò a vuoto. Soul aveva rotolato di lato, ignorando il dolore dei colpi appena ricevuti. Tornò in piedi in pochi secondi, pulendosi dalla saliva e dal suo stesso sangue. Con una luce pericolosa negli occhi, alzò le braccia in posizione di guardia.

- Non sottovalutarmi -. 

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