Ciottoli

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Celine diede un calcio all'ennesimo ciottolo, facendolo rotolare lontano.

'Troppo leggero' pensò, gettando occhiate vaghe attorno a sè, alla ricerca di un nuovo sasso da colpire.

Possibile che non ci fosse una singola scaglia di pietra in tutta Alicante che soddisfasse le sue preferenze?

Continuò a camminare per qualche minuto.
A un tratto sospirò bruscamente, bloccandosi in mezzo alla strada deserta.
La sua mano corse istintivamente alla caviglia destra, fasciata diligentemente da sua madre qualche minuto prima.

Clary aveva insistito che fosse lei a occuparsi della guarigione della figlia.
Una smielatezza eccessiva che non contribuiva di certo al miglioramento del suo stato d'animo.

Respirò a fondo e riprese a camminare.
Se avesse continuato a procedere a passo sostenuto sarebbe arrivata a destinazione con soli 5 minuti di ritardo.
'Maledetta caviglia'

Forse avrebbe fatto meglio a smettere di prendere a calci le pietre, con una distorsione e tre microfratture al piede.
Sbuffò e si rifiutò di dare ascolto alla propria coscienza.

Il dolore provato ad ogni passo le mandava scariche elettriche al cervello, che a lungo andare si trasformarono in immagini nella sua mente.

Fotogrammi di quello scontro colossale che l'aveva vista in un primo momento piegarsi, per poi trionfare su Roxana, alla Corte Seelie.

Celine ripensò alla vicenda di appena una settimana prima, autocompiacendosi.

Ripensò al silenzio che era calato nel momento in cui Alec aveva aperto gli occhi.

Al caos che era esploso quando Mandy e Magnus avevano constatato che non si trattava di una visione.
Che Alec era vivo.

Ricordava di aver sentito delle voci provenire da dietro di sè, ma di non essersi sforzata per capire che cosa stessero dicendo.

Ripensò allo smarrimento sul volto di Roxana, all'avvilimento di cui si erano colmati i suoi occhi alla vista del proprio piano incorruttibile che andava in fumo.

Ricordò di aver pensato che se anche la morte poteva essere in qualche modo sconfitta, allora Roxana non poteva essere da meno.

Accarezzò l'elsa della spada che portava nascosta nella cintura dei pantaloni, e sorrise provando la stessa sensazione che aveva sperimentato quel giorno alla Corte.

Il terreno che sfrigolava sotto il proprio corpo trascinato con veemenza, il braccio che si protendeva fino ad afferrare l'arma che giaceva ai piedi della rivale.

Poi la scarica di adrenalina che l'aveva percorsa, il fuoco che conservava dentro di sè che era divampato in un incendio.

La lama che colpiva il retro delle gambe di Roxana, lacerando i tessuti, negandole ogni possibilità di reazione, penetrando e bruciando l'anima di colei che, forse, un'anima non aveva.

Ripensò al corpo di Roxana che si schiantava al suolo.
Allo scricchiolio delle sue ginocchia mentre colpivano il terreno rigido.
Al deformarsi del viso di porcellana in una smorfia dovuta a qualcosa di ben più profondo del semplice dolore.

Ripensò al suono della sua voce mentre, agonizzante, pronunciava imprecazioni e maledizioni di ogni genere.

Ricordò con un certo orgoglio di averla guardata negli occhi, entrambe ancora costrette a terra per via dalle ferite agli arti inferiori.
Ricordò di essersi avvicinata il più possibile, per essere sicura di rendere chiaro il messaggio.

"Non ho paura di ciò che non può farmi del male" le aveva sussurrato afferrandole il viso.
"Quando ti chiederanno chi è stato a farti questo, tu rispondi il mio nome.
Rispondi che è stata Celine Herondale: loro capiranno"

Un ciottolo le rimbalzò proprio sulla punta dello stivale, finendo a qualche metro di distanza.

-Cece!- gridò una voce squillante.
Celine si riscosse dai propri pensieri e alzò lo sguardo.

Una Mandy imbronciata le si presentò davanti -Stavi di nuovo prendendo a calci le pietre- la rimproverò.
Celine sbuffò -Quando beccherò qualcuno in un occhio giuro solennemente che smetterò- promise.

-Come se non fosse già successo- le fece notare l'altra.
-Non lo faccio di proposito. Questi sassi sono talmente piccoli che se ci starnutisci vicino finiscono nella stratosfera-
Mandy sorrise alzando gli occhi al cielo -Devi sempre esagerare-
-È il mio mestiere-

-Allora, il carcere è laggiù- disse la bionda cambiando argomento e tono di voce -Roxana dovrebbe essere già dentro da un paio d'ore-

Celine fissò la struttura blindata che le attendeva a una quarantina di metri.
-Lo ricordavo più grande- commentò.
-Siamo ancora distanti. Avvicinandoci sembrerà aumentare di dimensione-
-So come funziona la prospettiva, grazie Mimi-
Mandy sospirò sorridendo.

Poi le due si incamminarono, facendo attenzione a mantenere una certa distanza dalla porta principale.
La propria presenza nei paraggi di un carcere di massima sicurezza non sarebbe stata facile da spiegare.

-Magnus ha capito come ha fatto il Morbo a interrompersi?- chiese a un certo punto Celine, sinceramente curiosa.
-Sostiene di avere un'ipotesi, ma di non volermela esporre fin quando non sarà sicuro-
-Ah, questi Stregoni. Sempre a fare i misteriosi-
Mandy le tirò una spallata.

-E tu invece come stai? La caviglia è guarita?-
-Sì, sto bene. Neanche un graffio-
Mentiva, e Mandy lo sapeva.
Andava bene così.

Giunte abbastanza vicine all'ingresso, Celine si arrestò di colpo.
Poi afferrò il braccio Mandy e la trascinò in un'altra direzione.

-Non ci faranno mai entrare dall'ingresso principale. Passiamo per di qua, conosco una scorciatoia-
-Vieni spesso a visitare le prigioni di Alicante nel tempo libero?-
-Un paio di miei conoscenti hanno alloggiato qui. Solo spaccio, piccole rapine, niente di che-
-Immaginavo-
-Cosa insinui?-
-Nulla, nulla- la rassicurò l'altra, ridendo.

Le due continuarono a costeggiare la recinzione fino a raggiungere il retro del carcere.

Shadowhunters - Città delle mezze veritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora