Devi solo respirare

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Alec aprì gli occhi su un infinita distesa di nulla.
Tutto era bianco, vuoto, inconsistente.

Si guardò attorno, e si accorse così di essere in piedi.

Non provò paura, solo confusione.
Sforzò di ricordare cosa fosse successo, come si fosse ritrovato lì, ma i suoi pensieri erano confusi, i suoni ovattati e le immagini sbiadite.

Si tastò il corpo, cercando di provare una sensazione conosciuta, ma non riuscì a comprendere l'esito dell'esperimento.

Si mosse in avanti, spostandosi nel luogo in cui si trovava.
Dopo che ebbe cominciato ad camminare, quel movimento gli sembrò familiare.
Era come se avesse già vissuto qualcosa di simile.

Si chiese come mai si fosse stupito di una cosa del genere.
Cosa c'era di straordinario nel semplice atto del camminare?

Continuò ad avanzare, pensando con forza e concentrandosi su ciò che prendeva forma nella sua mente.
A molte cose non avrebbe saputo dare un nome, ma era come se non importasse.

Ad un certo punto, non fu chiaro quanto tempo fosse passato, una luce lo abbagliò, costringendolo a coprirsi gli occhi.

I raggi che ferivano la sua vista lo fecero ribollire ed emozionare, ma il raziocinio non era in grado di spiegarne la ragione.

La luce diminuì di intensità, e Alec potè finalmente guardare direttamente la fonte di quel bagliore.

Magnus era lì, a pochi mentri di distanza, vestito di una tuta da ginnastica del colore del rame, con un paio di scarpe comode di un verde accecante.

'Glitter' pensò Alec, e subito le sue guance si contrassero.
Si sfiorò gli angoli della bocca con le dita: come sospettava, stava sorridendo.

Riportò lo sguardo su Magnus, che si era inginocchiato per avvicinarsi all'oggetto della sua attenzione.

Davanti a lui, con le esili braccia allungate verso il suo collo, c'era una piccola bambina dalle trecce dorate.

Il suo sorriso splendeva più della luce di poco prima.
Gli occhi brillavano, in modo quasi innaturale, e rendevano difficile distinguere le sue iridi dalle paillettes sulle scarpe dello Stregone.

La bimba saltò in braccio a Magnus, ridendo, e lui le fece una pernacchia.
Poi i due si voltarono all'unisono nella direzione di Alec.

Questo si mise a correre, per raggiungerli.
Mise un piede davanti all'altro, ripetutamente, incessantemente, instancabilente, ma fu inutile.

Più tentava di avvicinarsi, più i due sembravano lontani.

Non si arrese.
Continuò a pestare i piedi al suolo invisibile, scaricando nei muscoli tutta l'adrenalina che aveva in corpo, fino a sentirli bruciare sotto la pelle.

Come un corridore che impiega tutte le proprie energie nello sprint finale per tagliare il traguardo, non risparmiò un solo respiro nella sua corsa disperata.

Trascorse in questo modo un tempo indefinito, e cominciava a sentirsi come se avesse corso per giorni.

Cadde stremato a terra, ma scoraggiarsi non era nei suoi piani.

Così di rialzò in piedi, puntando gli occhi sul proprio obiettivo.
Quasi non potè credere a ciò che stava vedendo.

Magnus era scomparso, e al suo posto stava un uomo ben piazzato, vestito di tutto punto e con il viso barbuto che appariva corrucciato.

-Padre?- disse Alec, e improvvisamente si rese conto di poter parlare.

La novità lo sconvolse, quasi quanto il fatto stesso di essersi stupito della propria capacità di parlare.

Shadowhunters - Città delle mezze veritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora