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Ash

- Sì... No... Certo ma- scusa. Ho dormito a casa sua, sì. Non è proprio un amico... No! Ibeee!

Il legno del pavimento cominciò a farsi scomodo dopo qualche minuto di chiamata, portando Ash ad alzarsi e smettere di ascoltare quella conversazione comica, anche se poteva sentirne solo una metà.

Avrebbe dovuto immaginare che ci fosse qualcuno che si preoccupava per Eiji. 

Si diresse in camera sua, lasciando il più grande alla sua telefonata in soggiorno.

Si chiuse la porta alle spalle e si sedette sul letto, sospirando. Da un lato di sollievo, dall'altro di tensione.

Quell'attacco in massa delle ombre era ancora sospetto, un enigma irrisolto nella sua mente. E, cosa peggiore, la sua ombra stava crescendo.

Rivolse lo sguardo allo specchio appeso ad una delle ante dell'armadio e, ancora una volta, la vide.

Era un'ombra nera, completamente nera, tanto che se ne potevano distinguere solo i contorni. E la sua forma mutava ininterrottamente, avvolgendosi su se stessa, mescolando i tratti di un uomo in spirali di fumo per riplasmarli nel volto di uno dei tanti dottori.

E gli stava attaccata sempre, ovunque, gli si avvolgeva sulla schiena, attorno alla testa, sulle gambe, sulle braccia.

A volte era solo un alone scuro, mentre altre pesava come un'incudine. 

Che, effettivamente, paragonato al peso emotivo di quei volti, non era nulla.

Fino a qualche giorno prima copriva solamente la schiena, ma in pochissimo tempo era diventata enorme.

Aveva una differenza rispetto alle altre ombre, quelle che si spostavano da una fonte di nutrimento all'altra. La sua restava sempre incollata a lui, poteva diventare anche enorme, anche più grande dell'intera città.

Avrebbe potuto essere una tempesta di distruzione nera come la pece, ma l'occhio del ciclone sarebbe stato sempre e soltanto lui.

Non c'era modo di liberarsene, se non distruggere ciò che l'aveva causata. Eppure Ash l'aveva fatto, aveva ucciso delle persone per alleggerire il carico di quell'ombra. Ma non aveva funzionato.

Distolse lo sguardo dallo specchio e lo portò alle sue mani. 

Ogni tanto succedeva che ripercorresse la sua vita, le sue scelte. E in un modo o nell'altro finiva sempre negli stessi pensieri. 

Uccideva le persone e non sentiva niente. 

Niente di niente. Non un senso di colpa, non un rimorso, non un minimo di compassione. 

Quando si trovava là, la pistola puntata, il dito sul grilletto, lo sguardo sul suo obiettivo, non esitava mai a sparare. 

In quei momenti doveva sembrare un mostro. Anzi, probabilmente lo era. 

Un ammasso di rabbia, disperazione e vendetta.

E premeva il grilletto.

E poi abbassava il braccio, si voltava e andava via. 

Solo dopo, dopo ore, giorni, o addirittura mesi, ci pensava. Allora, nei momenti in cui realizzava cosa aveva fatto, avrebbe dovuto stare male. Ma lui non piangeva.

Non sentiva nulla.

Si lasciò cadere all'indietro sul materasso illuminato dal pallido sole invernale, socchiudendo gli occhi per far fronte alla luce.

Rimase immobile, ad ascoltare il suo battito, allungando i respiri e poi riportandoli ad essere lievi, silenziosi, per sentire il rumore del traffico fuori dalla casa, Eiji che parlava nella stanza affianco, la serratura che... scattava?

Tornò seduto in un batter d'occhio, già impugnando la pistola.

Sentì la porta chiudersi, i passi lungo il corridoio fermarsi sulla soglia.

Puntò l'arma alla porta chiusa, aspettando solo che chiunque ci fosse dietro la aprisse. 

Poi vide la maniglia abbassarsi e venire spinta in avanti, il suo dito fece pressione sul grilletto e... Ci mancò poco che ammazzasse il suo migliore amico.

Se non avesse avuto dei capelli così vistosi, probabilmente, a quell'ora sarebbe stato già ferito o addirittura morto. 

Ash abbassò subito il braccio, al "Woah!" sorpreso di Shorter.

- Cazzo, la prossima volta ti uccido sul serio.- Disse il biondo a mo' di saluto, mentre posava la Smith & Wesson sulla coperta.

Shorter roteò gli occhi, mentre si avvicinava a sua volta al letto:- Ma che ne sapevo io? Di solito non sei a casa a quest'ora.

L'altro sollevò un sopracciglio, interrogativo:- E cosa ci vieni a fare in casa mia quando non ci sono?

- A controllare chi altro c'è in casa tua che parla al telefono, per esempio.- fu la risposta, accompagnata da un cenno della testa verso il corridoio.

Ash si alzò per dirigersi verso la porta:- L'ho incontrato qualche giorno fa, è uno di quelli che brillano.

L'amico lo seguì subito:- Sul serio? Ma è fantastico!

- Sì.- rispose Ash - Sì, lo è.

Light || AshEiji ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora