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Skipper

A dirla tutta, Skipper non avrebbe dovuto essere lì. Ash nemmeno lo sapeva. 

Il bambino, però aveva convinto Shorter a lasciarlo venire, a condizione che non si sarebbe avvicinato al campo di battaglia e avrebbe girato al largo.

Più tardi, in sua difesa, avrebbe ammesso ad Ash che era venuto ad aiutare, cosa che avrebbe potuto dire solo se avesse avuto successo nel raggiungere il suo obbiettivo.

D'altronde Skipper era ancora un bambino e per quanto potesse cavarsela, non poteva avere né la forza né la statura per combattere direttamente. Un altro discorso era mettere le mani su qualcosa che poteva gestire. Come ad esempio un pannello di controllo.

Ricordava che Ash vedeva meglio le ombre al buio, quando risaltavano bianche nell'oscurità, e in fin dei conti anche tutti i suoi amici potevano permettersi di combattere al buio, abituati com'erano alle strade illuminate da un lampione su dieci.

E così entrò dietro gli altri, allontanandosi subito su per le scale che conducevano ai piani più alti. 

Non fu l'impresa più semplice trovare ciò che cercava senza farsi scoprire e senza avere una minima idea di dove andare, ma non appena trovò la stanza giusta si fermò dietro la porta semichiusa, guardando l'uomo che vigilava su telecamere e pannello. 

Prese un respiro profondo e silenzioso, prima di cacciare una mano nella tasca centrale della salopette e impugnare uno dei cinque "colpi" che aveva a disposizione: un dardo di sedativo per cavalli. Sicuramente molto più efficace di una qualsiasi arma con cui rischiava di sbagliare mira o di non usare abbastanza forza.

Scattò dentro più rapido possibile e piantò la punta nella coscia dell'uomo il quale, subito, si voltò stupito e in allerta ma fece appena il tempo a posare gli occhi sul ragazzino che questi ultimi si chiusero e lui cadde a terra, lasciando Skipper con un sorrisetto soddisfatto.

Solo a quel punto spostò lo sguardo sul pannello, già cercando i tasti e le levette che aveva intenzione di spostare. 

Dopo di che si mise all'opera.

Marvin

Il ragazzo non si era ancora svegliato, ma più Marvin lo guardava, più la sua voglia di possederlo aumentava. L'unica cosa che lo tratteneva era il pensiero fisso di avere Ash al suo posto.

Stava seduto su una poltrona, davanti alla sedia, gli occhi che scrutavano il corpo asciutto e delicato del giovane a malapena in equilibrio contro lo schienale.

Cominciava a pensare di dare un'occhiata alle telecamere di sicurezza, ma non ce ne fu alcun bisogno, perché uno dei suoi sottoposti spalancò improvvisamente la porta, sanguinante e pieno di lividi, con un fiatone tale che parlò a stenti:- Il... Il diavolo- è il diavolo...

Non appena cadde in avanti, stremato, sopraggiunsero altri due uomini:- Dobbiamo andarcene, non sarà possibile portare a compimento il piano per questa volta.

Marvin strinse i denti:- Come sarebbe a dire?

- Qualcuno ha raggiunto i pannelli di controllo del primo edificio e hanno spento le luci, bloccato i nostri sigillando le porte e... abbiamo perso gran parte dei nostri nel secondo edificio.

L'uomo strinse gli occhi, cercando di non farsi prendere dal panico:- Sono già arrivati al secondo edificio?

- No, soltanto uno.

Soltanto uno. Non ebbe bisogno di sapere chi fosse. Si limitò a ordinare:- Mandate più uomini e soprattutto ombre. E vedete di scoprire chi sta facendo quel disastro ai pannelli di controllo. Non ce ne andremo.

Skipper

Al completamento dell'opera si lanciò il più velocemente possibile verso il secondo stabilimento.

Era sicuro: ora che il nemico sapeva che qualcuno puntava ai pannelli di controllo, avrebbero mandato molte più persone o, peggio, ombre a sorvegliare i suddetti punti.

Doveva arrivare prima di loro, spegnere le luci, se possibile bloccare i nemici chiudendo le porte, e filarsela direttamente al terzo edificio.

Filò tutto liscio. O almeno così gli parve fin quando, correndo per i corridoi in cerca della seconda sala di controllo, quasi finì per scontrarsi con paio di uomini.

Per un secondo arretrò, e loro rimasero a guardarlo, stupiti, come chiedendosi cosa ci facesse un ragazzino in una situazione come quella.

Poi Skipper mise la sua migliore espressione da bambino che ha perso la mamma e si spiegò con voce sottile:- I-io ero qui vicino e ho sentito gli spari e mi sono spaventato...

I due uomini si guardarono un momento, titubanti, mentre lui continuava, avvicinadosi piano e portando le mani alla tasca della salopette, senza smettere di piagnucolare riguardo gli spari, la notte e qualcosa su uno zio che l'aveva fatto scendere dall'auto.

Impugnò una siringa per ogni mano e, ormai arrivato a pochi centimetri dai due, alzò lo sguardo, lucido di lacrime false.

Finalmente uno dei due fece per parlare: "Tranquillo", avrebbe probabilmente detto.

Ma a quel punto nessuno dei due adulti si sarebbe aspettato il sorriso trionfante di Skipper e il dolore pungente dell'ago nella coscia.

Crollarono in meno di due secondi, lasciando via libera al ragazzino. La porta della sala di controllo era aperta, sul fondo del corridoio.

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