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Marvin

Ash Lynx era l'obbiettivo peggiore ed allo stesso tempo migliore che Marvin potesse aspettarsi.

Quel ragazzo sarebbe stato capace di far crollare il mondo da un computer qualsiasi in un paio d'ore. Eppure aveva un aspetto paradisiaco, dei lineamenti definiti ma morbidi al punto giusto, delle labbra che sembravano chiedere un contatto.

Fino a quel giorno l'uomo avrebbe pagato fior di quattrini pur di averlo, invece, forse, quella notte l'avrebbe avuto gratis.

Doveva solo pazientare, pensò, lasciando scivolare lo sguardo sulla sedia di fronte a sé, dove ancora dormiva il ragazzo che, come da informazioni, sarebbe servito da esca.

Non era nemmeno male, a dirla tutta. Ed in fin dei conti Golzine gli aveva dato carta bianca alla sola condizione che gli portasse Ash vivo.

Decise così, nella penombra della stanza silenziosa, che avrebbe aspettato l'arrivo di Ash ed allora, con i suoi uomini a pronti a fermarlo se avesse fatto un solo passo falso, avrebbe avuto da divertirsi.

Shorter

Aveva detto ad Ash che andare avanti da solo era una pessima idea, ma, chiaramente, lui non l'aveva ascoltato.

Era rimasto prudente giusto il tempo di superare le guardie ai cancelli della zona industriale senza far scattare gli allarmi, ma una volta dentro aveva abbandonato ogni forma di contegno ed era partito in quarta.

Oltre la grande porta di metallo del primo fra i tre stabilimenti fuori uso, tre uomini parlavano tra loro tranquillamente, addossati ad una pila di vecchi scarti di imballaggi, reggendo le armi come se avessero l'importanza di bicchieri per il caffè.

Fecero appena in tempo ad alzare lo sguardo e a sentire l'ironico "buonasera" di Shorter, poi per loro il modo si spense al risuonare di tre spari, uno dietro l'altro, senza un secondo di esitazione.

Vedere Ash combattere, o meglio, attaccare, era sempre stata un'esperienza terrificante quanto magnifica.

La velocità a cui si muoveva, la precisione di ogni singolo movimento, la mira infallibile, la forza di ogni colpo e quello sguardo gelido lo facevano apparire disumano.

Una macchina.

Eppure quella volta qualcosa di diverso c'era. Forse l'urgenza e l'impulsività con cui agiva, o forse la luce che si agitava nel suo sguardo.

Le scintille di sentimenti che si aggrovigliavano una con l'altra: rabbia, disgusto, tensione, confusione.

Era diverso.

E sicuramente lo era a causa di Eiji. Se fosse diverso in meglio o in peggio, questo ancora dovevano scoprirlo e Shorter pregava soltanto che vivessero tutti abbastanza a lungo per saperlo.

Quella notte sarebbero morte delle persone. Nemici, amici. Poco cambiava.

Aveva già ucciso, sia chiaro. Ma non ci aveva mai provato gusto. In effetti non si era mai sentito granché in colpa per aver ucciso qualcuno, però detestava doverlo fare.

Finché si trattava di sterminare ombre una dietro l'altra non c'era problema, ma una volta che arrivava al punto di piantare un pallottola in testa a un essere umano, esitava.

Quel tipico secondo di esitazione comune a tutta l'umanità.

Quel secondo di esitazione che Ash non aveva.

Era questo, quel suo aspetto spaventoso. Il fatto che mentre combatteva diventava un essere completamente diverso da un comune mortale. O almeno così sembrava.

La gente aveva paura di Ash. Ma se solo avessero potuto vederlo ranicchiato tra le braccia di Eiji, con la faccia di un angelo, i muscoli rilassati e le labbra dischiuse, avrebbero capito che anche lui aveva bisogno di tutto ciò di cui ha bisogno una persona.

Tra cui, certo, rientrava anche l'amore.

Ma chi poteva immaginare che uno come lui ne avesse bisogno, e soprattutto, chi mai avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi e amarlo?

Eiji.

La stessa persona per cui, ora, Ash scattò avanti, eliminando altri due uomini che arrivavano di corsa, per poi sfrecciare verso una delle porte che si affacciavano sul magazzino, lasciandosi alle spalle Shorter e tutti gli altri.

Era innamorato, lo era palesemente.

E Shorter fu così sollevato nell'appurare ciò che non ebbe la forza emotiva di fermarlo. Lo lasciò andare, lo lasciò alle sue decisioni impulsive ed ai suoi istinti, solo sperando che riuscisse a cavarsela come sempre.

Così riportò gli occhi sul nemico che ora si avvicinava nuovamente, affluendo da altre entrate, e decise che si sarebbe occupato soltanto di evitare quante più perdite possibili dei suoi, fino a che Ash non fosse tornato indietro.

Ce l'avrebbero fatta, questo già lo immaginava.

Ancora non poteva dire a che prezzo, ma sperò con tutto se stesso, per amore del suo migliore amico, che non si trattasse di Eiji.

E con quella speranza, spense il cervello, mise tutti i sensi in azione e posò il dito sul grilletto.

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