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"Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti."
— Luigi Pirandello.

"— Luigi Pirandello

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35.

J o n a



Cammino lentamente, osservando il posto dove sono stato costretto a vivere in miseria, farsi sempre più vicino; lo squarcio nel petto si fa sempre più grande e profondo mentre, davanti ai miei occhi, il magazzino nascosto nella radura diviene sempre più visibile. Sussulto leggermente quando pesto con il piede un ramo secco sul sentiero boscoso, alzando successivamente gli occhi al cielo. Un groppo in gola mi ricorda che dovrò sopportare una sfuriata da parte dei capi, dato che non sono riuscito a svolgere il lavoro a cui ero stato assegnato in modo esaustivo.

Supero qualche masso appoggiandovi la mano sopra e dandomi una leggera spinta per scavalcarli; ogni volta che metto piede in questo posto, mi domando come quegli stupidi riescano ad oltrepassare, senza fratturarsi l'osso del collo, tutti gli ostacoli che ci sono. Non appena la strada ghiaiosa s'incomincia ad illuminare, emetto un sospiro frustrato e nervoso. Passo una mano tra i capelli e li tiro leggermente con le punte delle dita, cercando di pensare a qualcosa di piacevole, che riesca a mantenermi calmo.

Maddie.

Scuoto la testa e sorrido leggermente; è assurdo che la stessa persona che riesce a farmi mantenere una certa sanità mentale, insieme ad una tranquillità interiore, sia la stessa per il quale sono qui. Uno strano senso di colpa si impossessa di me, facendo battere il cuore ad una velocità paragonabile ad un missile che parte a tutta velocità. Salgo gli ultimi due scalini in metallo e prendo un respiro profondo prima di appoggiare la mano sulla maniglia; con gli occhi chiusi ed un veloce movimento del polso, faccio scattare la serratura.

Tento di mantenere uno sguardo freddo e distaccato mentre metto piede nel salotto che mi si apre davanti; è sempre nelle stesse condizioni. Mi levo distrattamente la giacca di pelle e la lancio sul tavolo di plastica, facendo sobbalzare i due uomini in abito formale ed elegante, che si girano scattanti verso di me. Regalo loro un sorriso cattivo, di quelli che amano; li ritrovo a guardarmi e a sorridere fieri, mentre il capo si alza velocemente per poi compiere lunghi e pesanti passi verso la mia direzione.

«Finalmente sei tornato» mi annuncia, con una strana punta di sollievo nella voce, appoggiandomi successivamente una mano sulla spalla. Alzo di poco il mento, facendolo sorridere distrattamente; gli occhi glaciali e talmente tanto chiari dell'uomo da sembrare finti mi mettono tremendamente in soggezione, ma non posso farmi vedere timoroso da lui.

Da quando hanno deciso di farmi lavorare per loro, ho sempre dovuto tenere a freno ogni mia singola emozione; in questo posto non sono gradite. Questo mio primo incarico è iniziato solo qualche mese fa, e pensavo fosse una cosa semplice da come ne parlavano.

Lui è come il nero Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora