"Il problema è capirsi. Oppure nessuno può capire nessuno: ogni merlo crede d'aver messo nel fischio un significato fondamentale per lui, ma che solo lui intende; l'altro gli ribatte qualcosa che non ha relazione con quello che lui ha detto; è un dialogo tra sordi, una conversazione senza né capo né coda. Ma i dialoghi umani sono forse qualcosa di diverso?"
— Italo Calvino.
52.J o n a
Entro velocemente nello schifoso capannone che per molto tempo ho reputato un posto sicuro, un luogo dove poter rimanere rifugiato lontano dai pericoli, aumentando il passo una volta raggiunta è superata la porta d'ingresso; i miei occhi incontrano quasi subito quelli del Capo, seduto comodamente con la cravatta slacciata a bere il suo fottuto Whisky, fregandosene di ciò che accade intorno a lui. Poco più lontano del tavolo noto Ethan, appoggiato svogliatamente alla colonna di pietra decorata con stampi in rilievo, che alza un sopracciglio indispettito non appena nota la mia presenza nella stanza.
Sentendo la rabbia scorrermi nelle vene, mi avvicino a passo svelto all'uomo che tiene gli occhi incollati al suo bicchiere pieno d'alcol e che continua, con un movimento lento, a farlo muovere all'interno di esso. Senza pensarci, scaravento il bicchiere di vetro sul pavimento con uno scatto della mano fulmineo, facendolo frantumare in mille pezzi; noto il ragazzo poco distante da noi mettersi in piedi di scatto, portando la mano all'altezza della cintura, pronto per ogni evenienza a tirare fuori l'arma che possiede. Non gli porgo il mio interesse, bensì continuo a tener fisso il mio sguardo di fuoco sopra l'uomo che, stranamente, ha alzato gli occhi verso il mio viso.
«Che cosa ti prende, Jona?» domanda cordialmente, con il suo solito tono di voce calmo quasi da sembrare rassicurante; mi faccio sfuggire un sorrisetto amaro e pieno di rancore, scuotendo successivamente la testa per il modo in cui riesce a trattenere le sue emozioni. Se avessi fatto una cosa del genere a mio padre probabilmente non ci avrebbe pensato due volte ad attaccarmi al muro e riempirmi di botte, ma lui invece sembra non fregarsene. Si sistema malamente la cravatta, alzandosi di poco per raddrizzare il busto e fissandomi con occhi di ghiaccio, facendomi intendere il suo palese stato di ubriachezza.
«Che cosa mi prende? Che cosa mi prende?!» comincio ad urlare, scaraventando sul pavimento anche la sua costosa e preziosa bottiglia di Whisky; ruota il capo in direzione dei cocci di vetro che si sono andati a sommare a quelli del bicchiere prima di alzare nuovamente gli occhi su di me in modo lento ed angosciante. Si lascia andare in un respiro sconfitto e pesante, senza però aprire bocca. «Quando pensavi di dirmi tutto ciò che hai fatto a tua figlia, uhm? Quanto cazzo puoi fare schifo?!» sbraito pieno di rabbia, alzando le braccia al cielo e continuando a guardarlo in viso aspettando una spiegazione.
Ma il suo sorriso furbo non tarda ad arrivare, destabilizzandomi totalmente non appena lo rivolge a me. «Deduco che voi abbiate parlato, non è vero?» domanda lentamente, scandendo ogni singola parola. Mi ritrovo a deglutire pesantemente, compiendo un passo all'indietro non appena l'uomo riesce ad alzarsi, anche se barcollante, in piedi. «Che cosa ti ha detto, Andrews? Avete parlato molto, altrimenti non ti avrebbe di certo raccontato che cosa le abbiamo fatto... Ti è piaciuto il trattamento che le ho riservato, uhm?» domanda in modo freddo, passandosi la mano sull'accenno di barba che descrive il suo volto.
STAI LEGGENDO
Lui è come il nero
ChickLitMaddie Wilson ha visto cose di cui non doveva sapere nulla. La ragazza fugge da una vita che tutto le ha tolto e niente le ha dato; scappa lontano dai peccati e dai segreti dei suoi genitori, gli stessi genitori che sempre avrebbero dovuto protegge...