Capitolo 12

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-Poteva venire peggio- borbottai, passando con forza una pezza, sui piatti umidi, che con cura Noah stava lavando. Facendo riferimento alla pizza che avevamo solo tentato di creare, dopo aver consumato il nostro amore, era come passata in secondo piano. Un po' sgualcita e bruciacchiata, deforme e mal condita alla fine non era stato difficile mangiarla: era pur sempre pizza.

-A me sei piaciuta più tu- ammise con sincerità, continuando a sfregare la spugna contro i piattim

Quella così audace affermazione, mi fece irrigidire completamente, un leggero brivido si fece largo sulla mia schiena, facendo comparire un leggero rossore sul mi volto. Di scatto Noah, con un grembiule legato alla vita mi osservò, ridacchiando. Doveva divertirlo vedermi a disagio ed imbarazzata alle sue affermazioni. Scostai una ciocca di capelli biondi dal mio volto, tornando con lo sguardo sulle stoviglie da asciugare, sperando di non portare l'attenzione su di me.

-Però fammi capire un cosa- dissi fermandomi di colpo, dall'asciugatura delle stoviglie.

-Ieri dov'eri?- domandai osservandolo. Istantaneamente sbiancò in volto, aveva gli occhi persi, e mi osservava attonito, strofinò le mani tra i capelli sbigottito.

-Ero... Ero andato ad una... Una riunione di lavoro!- balbettò velocemente, distogliendo velocemente lo sguardo, che in poco riportò sui piatti che stava lavando.

Lo osservai un po' turbata. Non mi riuscivo a capacitare di quella sua incertezza. Non capivo cosa non andasse, ma ero sicura che qualcosa di strano ci fosse.

-Come mai?- riprese lui, con più tranquillità.

-Cosí, per sapere- tagliai corto.

Da quell'istante la stanza venne avvolta da un magistrale silenzio. Regnava un clima di imbarazzo. Si sentiva in sottofondo, solo il lontano strisciare della spugna contro i piatti. Da un parte c'ero io, Bethany Hill, giovane ragazza ingenua, incapace di comprendere i segnali che un qualsiasi umano, potesse rilasciare, dubbiosa e interdetta; dall'altra Noah Thompson, un affascinante ragazzo, che non me la raccontava giusta.

-Resti a dormire?- chiese, interrompendo la mancanza di suono, presente nella cucina.

-Sí, va bene- ammisi, sorridendo, scordandomi totalmente di avere a casa Hayley.

-Tutto bene?- continuò avvicinandosi a me.

-Va tutto bene- risposi rassicurandolo, accarezzando la sua pelle, scostando leggermente una ciocca di capelli scuri dalla sua fronte.

Con agilità, mi alzò dal pavimento, sbigottita dal brusco movimento, la mia bocca produsse un urlo strozzato. Tra le braccia di Noah, rialzata dal suo pavimento, avevo l'onore di poter essere alla sua altezza e poterlo osservare negli occhi, senza alzare la testa. Posò le sue labbra sulle mie, mordendo velocemente il mio labbro, strillai dal dolore, tirandogli una pacca sulla spalla. Ritornata con i piedi per terra, lo fulminai con lo sguardo.

Finiti i lavori di pulizia, ci gettammo sul divano, abbracciati l'uno all'altro, stretti come se sotto lucchetto. Ogni qual volta io finissi tra i suoi muscoli delle braccia, ogni dubbio, rabbia, rancore, incertezza svaniva. Strinsi a me il suo petto, poggiandovi su la testa. Percepivo ogni movimento del suo petto, ogni battito del suo cuore, ogni suo respiro.

-Che facciamo?- sussurai al suo orecchio, alzandomi su un braccio, dal morbido divano.

-Guardiamo in film?- propose alzandosi a sua volta, la mia risposta si limitò, ad un semplice movimento della testa verticale, in segno di approvazione.

Finito il dibattito, su quale film vedere, la televisione, iniziò a riempirsi di un susseguirsi di scene, voci e musiche. Noah ed io, stavamo accanto l'uno all'altro, la sua spalla sorreggeva la mia testa, che ne ricadeva sopra. Una piccola coperta ricopriva i nostri corpi e le nostre dita si intrecciavano al di sotto.

Per quanto, ciò che veniva riprodotto sullo schermo, fosse interessante, le mie palpebre iniziarono a calare e senza accorgermene sprofondai in un intenso sonno, con la testa poggiata sulle gambe di Noah, dormivo assai intensamente.

Con lui tutto andava bene, e se andava tutto male, in sua presenza, mi sentivo bene. Sentivo una sensazione di pace propagarsi per tutto il petto. Quando ero con lui, se lui sorrideva, lo facevo anche io, mi rendeva felice. Sempre.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora