Capitolo 39

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Tornai a casa con una pesantezza sullo stomaco. Non riuscivo a capacitarmi di ciò che avevo appena fatto. Avevo appena rifiutato la persona che avrei voluto per sempre avere con me. Mi sentii cedere, come se avessi appena perso un appoggio, e tutto il mio mondo stesse traballando. Mi sentii persa, come in un vortice. Avevo perso Noah, e in quel momento mi sembrò di essere sola al mondo.

Mi guardai attorno, e mi sembrava di non appartenere a quella realtà. Ero avvolta da tutta quella perfezione a cui sapevo di non appartenere. Ero così dannatamente sbagliata e fuori luogo, continuavo a ricadere nei miei errori e sembrava che a nessun importasse.

Stava lì, rannicchiata nel mio giubbotto mentre dentro di me, stavo combattendo una guerra contro me stessa. Detestavo ciò che facevo e non riuscivo ad accettare tutto ciò che ero. Avevo sbagliato così tanto, che io stessa non mi perdonavo.

Avevo allontanato dalla mia vita, in maniera così meschina, la persona che avrei voluto baciare per ore, e che allo stesso tempo mi stava facendo impazzire. Avrei distrutto tutto: la tristezza passava alla rabbia, e poi viceversa e mi sentii così persa.

Avevo un universo dentro inesplorato che sembrava esplodere: mi sentii così stupida a lasciare liberi quei pensieri.

Montai in macchina e decisi di andare direttamente a casa mia. Per tutto il tragitto non pensai ad altro che a Noah, e per quanto avessi fatto l'azione giusta, stavo soffrendo.

Come potevo stare male io? Quando si base avevo sbagliato poco? Noah si stava frequentando con altre ragazze ed io di preciso cosa avevo sbagliato? Ero rimasta fedele a quel ragazzo, a cui permettevo di trattarmi come uno zerbino, che errore immenso, avevo trattenuto quella voglia di libertà, per vivere con una persona che amavo. Ma non avevo compiuto altri errori.

Avevo sbagliato a fare ciò che era giusto.

Perché era così difficile? Perché ciò che è giusto, non è mai giusto in realtà? Perché ciò che è giusto fa male? Che senso aveva compiere azione corrette, se tanto poi avevo un mondo opprimermi addosso? Perché dovevo rimanere fedele ad un ragazzo, che mi aveva tradita? Perché dovevo sentirmi in colpa di baciare un ragazzo, quando lui si era spinto oltre i baci? Cosa davvero era giusto? Giusto per chi? La verità, era che nulla era giusto. Io come prima.

Se davvero nulla era corretto. Perché dovevo temere di sbagliare? Decisi così, di sbagliare. Sbagliai volontariamente, sbaglia coscientemente. In quell'istante ero perfettamente cosciente di ciò che stavo facendo. E decisi di sbagliare. Di andare contro quello schema di perfezione e vita giusta.

Che ne sapevo io di ciò che era giusto? In una vita di errori, non sarà un peccato a mandarmi all'inferno. Così con le idee chiare e i sentimenti un po' di meno, cambiai direzione. Non stavo più andando a casa mia. Stavo andando dove volevo, anche se non era giusto.

Stringendo le mani al volante, mi domenticai della razionalità per una volta, abbandonai le idee e i pensieri e cercai di seguire i sentimenti.

Dopo aver percorso un paio di vie, con un po'di incertezza arrivai alla casa che avevo deciso di raggiungere. Così parcheggiai davanti ad un'abitazione, senza troppi ripensamenti, scesi dall'auto e mi diressi verso l'ingresso. Esitai un attimo prima di citofonare: forse non era ancora arrivato.

Decisi lo stesso dj premere il campanello e dopo un'infinità di secondi senza risposta decisi di riavviarmi verso la macchina: effettivamente non poteva essere già a casa, eravamo usciti assieme. Magari si era trattenuto da qualche parte, o magari non voleva vedere nessuno. Eppure io volevo vederlo.

Salendo sulla macchina, una voce alle mie spalle mi fece rabbrividire, e con la sensazione di speranza alle stelle mi voltai. Lo sguardo del ragazzo racchiuse tutto lo stupore nel vedermi. Non ero a conoscenza del perché: forse perché ero io, proprio io che l'avevo rifiutato ad averlo cercato, o perché con le lacrime che non riuscii a trattenere, avevo il mascara tutto colato, il quale aveva creato degli aloni scuri sotto i miei occhi.

Lo osservai singhiozzando.

-Bethany cosa ci fai qui?- domandò immediatamente, leggermente preoccupato. Alzai gli occhi al cielo cercando di trattenere le lacrime, per formulare una risposta senza venire interrotta dai singhiozzi. E decisi, che in quel momento, non servivano delle parole, ma dei fatti.

Così, presa dall'istinto, mi fiondai a tutta velocità verso di lui, come fosse un riparo, pronto ad accogliermi. Con più delicatezza avvicinai il mio volto al suo, e dopo aver sentito un brivido, decisi di spingermi oltre e delicatamente posai le mie labbra sulle sue.

Mi sentii invadere ed in quel momento non capii che emozioni stessi provando. Se stupore, felicità, incertezza paura.

Sapevo solo, che avevo appena baciato Logan.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora