Capitolo 23

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-Sai una cosa?- sbottai attirando l'attenzione di Noah, il quale mi osservò incuriosito, abbandonando la chiave nella serratura della porta.

-Sono stufa!- strillai, mentre il ragazzo, passo dopo passo si faceva più vicino a me.

-Ci siamo lasciati, ma siamo pur sempre vicini, e non voglio vivere in questo clima di silenzio- continuai carica di rancore, gesticolando animatamente. In fin dei conti, non avevamo motivo, per tenerci sempre il broncio, ci eravamo lasciati, doveva andare così.

-É finita, è vero. Ma vorrei poterti salutare, senza sentirmi un lurido essere sbagliato!- ammisi con tristezza, riportando alla mente, tutti i ricordi, di tutte le volte, che mi ero sentita un errore, benché fosse solo un mio pensiero, avevo la percezione di esserlo veramente per Noah.

-Sono abbastanza sicura di aver fatto le scelte corrette. E non me ne pento- così dicendo, mi ritrovai il ragazzo a poco più di un metro da me, intento ad ascoltarmi. Amavo come riuscisse a comprendermi, nessuno lo faceva come lui.

Ciò che mi aveva colpito di Noah, era come riuscisse a capirti, nonostante tutti i litigi che ci avessero segnati. Con lui, ero tranquilla, protetta ed ascoltata.

-Bene, ciao- tagliò corto, voltandosi di spalle e dirigendosi verso casa sua, lasciandomi a bocca aperta,

-Noah, non essere infanfile!- gridai, facendolo fermare, dopo averlo fulminato con lo sguardo, iniziò ad indietreggiare, tornando vicino a me.

-Bethany non voglio più discutere, volevi che ci salutassimo, bene. Ci saluteremo, ma ora ho altro a cui pensare- bofonchiò.

Le sue parole facevano male. Sapere che non aveva tempo e voglia di pensarmi, mi inflisse un potente dolore. Era un dolore lancinante, sembrava che qualcuno mi avesse appena pugnalato allo stomaco. Stavo male per lui. Mi mancava così tanto. Come poteva essermi così indifferente, lui. Pensavo fossi qualcosa di serio per lui.

-Non puoi avermi già dimenticata!- gridai con voce strozzata, mordendo il labbro inferiore, stringendo le braccia al petto ed osservandolo negli occhi.

-Non valgo più nulla per te?- domandai cercando di trattenere le lacrime, nonostante fosse complesso. Desideravo fosse andato tutto bene. Speravo che lui mi ammasse ancora, come io amavo lui.

-Forse ti sorprenderò, ma per me tu sei ancora troppo importante, e mi rifiuto di perderti- gridai, mentre una serie di lacrime iniziarono a rigarmi il volto.

-Cazzo Bethany- sbottò gettando le mani la cielo.

-Non mi conosci ancora?- domandò.

-Non lo capisci che ti amo?- Sgranai gli occhi, dopo un veloce sussulto. Spalancai leggermente la bocca, incredula alle sue parole. Dopo aver tirato su col naso, passai una mano sul volto, nel tentativo di asciugare il mio volto umido, mentre un piccolo pensiero di speranza si faceva avanti nella mia testa.

-Sono pazzo di te, e un solo tuo sorriso mi fa impazzire. Non riesco a stare lontano da te, non riesco a non pensarti e...- farfugliò velocemente, con un'espressione di estrema tristezza dipinta sul volto. Sembrò fermarsi un attimo, forse incerto di ciò che dicesse. Amavo sentirlo parlare, amavo averlo accanto, amavo tutto ciò che lo riguardasse.

-Lascia stare!- sbottò, perdendo le speranze.

-Noah, non lascio stare!- insistii, non lo avrei lasciato andare, ora che era così vicino a me. Lo guardai con sguardo rammaricato, rattristita dalla situazione.

-Devi lasciarmi stare, non riuscirei a darti nulla di ciò che desideri!- continuò, ignorando completamente il fatto, che il mio desiderio, fosse lui. Non credevo fosse difficile da notare, il fatto che lo amassi. Avevo cercato di mentire a me stessa, ed il risultato era stato un lento processo di logoramento, basato sull'illusione. Lo guardavo con gli stessi occhi di quando, al calar del sole, accarezzati dal vento serale, ci cingevamo uno all'altro, in un forte bacio passionale, quando i problemi sparivano, e il pensiero che più ci premeva era stare assieme.

-Non volevo si creassero illusioni, tra di noi, se tu non sei pronto, non ti aspetterò ancora a lungo- gridai, alzando il volto vero il cielo, cercando di non fargli vedere, la parte triste di me. In fondo, non voleva sua pietà, solo il suo amore, le sue attenzioni: volevo lui. Tuttavia, se per lui non ero nulla, non aveva senso, continuare a soffrire, l'uno per l'altro, dovevamo accattare la situazione. Se non eravamo destinati a stare assieme, non avremmo potuto contrapporci al destino, così, esclamai:

-Dobbiamo dimenticarci l'uno dell'altro-

-Quindi, dimenticami! É la cosa giusta- conclusi, mentendo. Con un egoismo fuori dai limiti, volevo essere una costante dei suoi pensieri, benché volessi ciò, dovevo pensare a ciò che fosse giusto: separarci. Stare insieme ci faceva state male, e non volevo soffrire, non volevo farlo soffrire. Non ce lo meritavamo.

A fronte di un lungo ragionamento, asciugai le lacrime con una mano, e sotto il suo sguardo distrutto, mi voltai, avvicinandomi alla porta di casa.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora