Capitolo 37

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Andai alla porta e provai un'estrazione soddisfazione nel vedere Hayley piantata davanti alla porta.

-Stavo congelando- esclamò rabbrividendo, la guardai attonita ancora terrorizzata e con il batticuore.

-Disturbo?- chiese lei infine, vedendo con gli occhi sbarrati ed imbarazzati.

-Si... Ma non importa-bisbigliai cercando di non farmi sentire da Logan. Detto questo mi oltrepassò, e a passo svelto dopo aver accennato a Logan un saluto si rintanò in camera sua.

Tirai un sospiro di sollievo, avevo temuto con tutta me stessa di trovarmi davanti Noah, e vedere il suo sguardo allegro intristì vedendo Logan, chissà cosa avrebbe pensato; eppure io non stavo facendo nulla di male. Ed ogni volta che il terrore di ferire e deludere Noah si presentava lo soffocavo con il pensiero, che non stavo facendo nulla di male.

La cena proseguì tranquilla, come avevo programmato, avevamo mangiato tranquillamente, chiaccherando di tutto ciò che ci passava per la testa, come ci conoscessimo da anni.

La cena si era conclusa in tarda serata, così dopo aver accompagnato Logan alla porta avevo posato velocemente senza ripensamenti le labbra sulla sua guancia, cercando di evitare fraintendimenti e baci inaspettati.

Logan ricambiò il bacio, posando le labbra a sua volta sulla mia guancia e mi saluto, invitandomi a vederci uno di quei giorni.

Dopo aver sistemato velocemente la cucina, mi diressi a gran velocità verso camera mia, dove il giorno seguente mi svegliai. La sveglia, rimaneva la cosa più fastidiosa da sentire, un terrificante modo per interrompere la pace di un sonno tranquillo.

Eppure non ebbe molta scelta, il suo capo la stava tenendo sott'occhio, ed ogni pretesto a quel punto, poteva essere buono per cacciarla. Così non protestò molto, si alzò dal letto e si preparò. Uscì di casa senza fare colazione: la mattina aveva sempre lo stomaco chiuso. Avrebbe sempre potuto prendere un caffè prima di entrare.

Sussultai elaborando meglio il pensiero, avrei dovuto vedere Noah, e in quel momento nulla mi terrorizzava di più. Come avrei potuto andarlo a trovare, baciarlo e fare finta che nulla fosse successo. Ero abitata dallo schifo, nel pensare che mi avesse tradito, e la pena nel pensare, che a tradirlo ci avevo pensato anche io.

Eppure una leggera mancanza del suo sorriso la sentivo. Avrei desiderato non accadesse nulla di ciò che era successo. Sognavo di portare avanti con lui una relazione normale, eppure eravamo finiti a non guardarci più in faccia, e tradirci a vicenda.

Frenai i miei pensieri: avevo davvero troppa voglia di andare lì e baciarlo con così tanta foga, da fargli capire, che sì avevamo sbagliato, ma ero lì per ricominciare. Avrei smesso di vedere Logan con doppie intenzionei, e avrei pensato alla mia relazione con Noah seriamente.

Sentii lo stomaco aggrovigliarsi per tutto il tragitto in macchina. E mano a mano che mi avvicinavo, sentivo l'emozione ingigantirsi. Arrivata davanti al bar, ero in largo anticipo rispetto all'inizio del mio turno di lavoro, placando quindi l'ansia di arrivare in ritardo.

Mi precipitai dentro al locale, cercando di trattenere la gioia; era ancora semi vuoto, così mi sedetti al bancone. Mi guardai attorno cercando ossessivamente il suo volto. Seduto al tavolo vicino alla vetrina, un uomo sorseggiava un caffè, reggendo nell'altra mano un giornale, poco più avanti una ragazza giovane, con uno zaino accanto, addentava un croissant, sfogliando velocemente le pagine di un enorme libro, due camerieri pulendo le tazzine chiaccheravano a bassa voce. Mi girai e rigirai aspettando che dalla cucina uscisse Noah. Eppure di lui non sembrava esserci traccia. Osservai l'orologio: l'orario era giusto. Iniziai a pensare a tutti i motivi per cui non fosse presente, e così per placare tutti i dubbi che mi affliggevano fermai il primo cameriere che mi passò davanti, e quasi con un bisbiglio domandai cordialmente:

-Mi scusi, qua dovrebbe lavorare il signor Thompson, sa dirmi se c'è?-

-Ah sì certo, Noah?- sbottò lui, come se stessi parlando di un conoscente. Lo osservai un po' scioccata, annuendo.

-No guardi, è da poco uscito- affermò lui, andando dietro il bancone e finendo di asciugare un paio di tazzine alzando di tanto in tanto lo sguardo verso di me.

-Per dove?- domandai d'impulso con aria curiosa.

-Non so dirglielo... Chi lo cerca?- borbottò lui, come se tutto ciò che riguardasse Noah, dovesse essere filtrato, e le sue informazioni dovessero essere passate solo ai conoscenti.

-Sono... Una sua amica, sa dirmi altro? Dovevamo incontrarci!- mentii, cercando di essere il più convincente possibile. Non appena ammisi ciò, sembrò tranquillizzarsi.

-É uscito con una signorina, sono andati verso l'autobus, non so dirle altro... Ma se vuole può lasciare un messaggio per lui, desidera essere chiamata da lui?- mi rassicurò lui. Mi soffermai sulle prime parole, mentre le rimanenti parvero un bisbiglio. Sentì i nervi tendersi, e gli occhi pungere. Mi sentii così impotente ed inutile. Che preferii non fare nessuna scenata, incassare e fare finta di nulla.

-No, no, non si disturbi- ammisi, afferrando la mia borsa e uscendo di fretta dal locale.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora