Capitolo 16

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Gettai la borsa sul divano. Avrei desiderato dimenticare tutto ciò che apparteneva a quella giornata appena vissuta. Speravo di riuscire a dimenticare quel ragazzo, la sua candida pelle, accentuata dalle sue rosee labbra, una figura umana così semplice, ma degna di tanta bellezza.

-Caffè, caffè, caffè, caffè- borbottai ripetutamente, avvicinandomi alla cucina, dove Hayley si trovava in una posa aggraziata, abbandonata sulla sedia, sfogliando agilmente, le leggere pagine di una rivista.

-Di cosa ho bisogno?- domandai abbandonando le scarpe in cucina.

-Di una terapia per caffeinomani anonimi?- propose ridacchiando, alzando leggermente lo sguardo.

-Ne trovi un po' nella moca- disse indicando la piccola moca argentata fumante, posizionata sopra i fornelli.

-Ma è poco!- esclamai alzandone il coperchio, turbata dal poco liquido che riempiva quel cilindro.

-Sopravviverai- borbottò la ragazza.

-Non ho ancora bevuto la mia dose giornaliera di caffè- mi lamentai, facendo scorrere velocemente il liquido, in una piccola tazza che stringevo tra le mani.

-Malata!- mi rimproverò con sarcasmo Hayley.

-Tutto questo caffè, nasconde gli effetti di una giornata disastrosa?- domandò avvicinandosi a me. Mi gettai sul divano e la freschezza che lo ricopriva mi fece subito rabbrividire. Era una giornata particolarmente soleggiata, i raggi di sole si infrangevano contro tutte le superfici, andandone a propagare un intenso calore sulla loro area, questo piacevole calore veniva contrapposto al gelido vento invernale, andando a creare una sensazione di piacere.

-Nulla di che, ho solo visto il mio ex, il quale mi ha pacificamente ignorata- borbottai abbandonandomi completamente sulla superficie morbida del divano.

Sembrò impallidire alla mia affermazione. Era abituata alle scenate che abitualmente svolgevo ai nostri primi anni di convivenza, quando facendo rientro a casa, avevo il volto rosso dalla rabbia, e iniziavo a sputare sentenze su tutti, fino a ritrovarmi senza fiato.

Era passato così tanto tempo. Due anni ed era cambiato tutto. Iniziavo a sviluppare un senso di maturità e questo cambiamento l'aveva presa alla sprovvista. La mia calma nell'affrontare le situazioni la turbava, ma non aveva di che preoccuparsi: calma non è di certo sinonimo di sottomessa. Tutto era cambiato da quando partì, io ero cambiata. O meglio, quasi tutto. Tante cose della mia vita si erano arenate e non avevo più provato a fare nulla. Ero una spettatrice impassibile, di eventi che rinnegavo.

-Poi?- continuò lei, con il fiato sospeso, invitandomi a continuare il mio racconto. Forse si aspettava avessi fatto una scenata davanti a lui, eppure ero stata in silenzio, ad osservarlo, ammaliata dalla sua incantevole bellezza, sottolineata da una maglietta con le maniche corte. Non fui stupefatta tanto da come potesse girare così scoperto in inverno, tanto più per i muscoli messi in risalto, dai suoi movimenti. Non presentava addominali perfettamente delimitati, o braccia muscolose da fare paura, era un ragazzo semplice, ma ogni suo movimento, mi rendeva vulnerabile, soprattutto se accentuato dal suo sguardo profondo: con lui, non avevo maschere o paure, ero io. Una ragazza innamorata.

-Non ho voglia di parlare di me. Penso troppo a me stessa durante il giorno e parlarne ad oltranza mi farebbe salire la nausea. Piuttosto, raccontami: come va con quel ragazzo di cui mi avevi parlato?- domandai roteando tra le mani la tazza, al suo interno anche il caffè roteava, lasciando alle spalle, un intenso fumo.

-Alti e bassi- borbottò massaggiandosi le mani.

-Ultimamente è un po' perso- continuò. Aveva sul volto dipinta un'espressione triste, le sopracciglia aggrottate incarnavano il suo stato d'animo, quasi deluso e dubbioso.

-Spiegati meglio!- sbottai preoccupata dalla sua tristezza. Passai una mano tra i miei capelli castani, appoggiandomi con i gomiti alle ginocchia.

-Lo trovo sempre pensieroso, giù di tono!- esclamò lei.

Entrambe finivamo sempre tra le braccia degli uomini sbagliati. Soffrivamo entrambe per amore. Ero lì, a soffrire in silenzio, con un falso sorriso stampato sul volto, mentre Noah probabilmente se la spassava con qualche altra ragazza, che avrebbe ben presto preso il mio posto. Non si è degnato di salutarmi, o parlarmi. Se mi avesse veramente amata, non mi avrebbe lasciata andare così. Forse era destino. Mi ero sprecata per qualcuno che non mi meritava.

-Come si chiama?- indagai.

Vivevo in quella minuscola cittadina da un paio di anni, e da soli due ne conoscevo gli abitanti. Uno di quei paeselli, dove tutti conoscono tutti; di anno in anno, arrivavano e partivano nuovi giovani, questioni da poco, facili da squadrare. A differenza, di qualsiasi luogo comune su queste cittadine, eravamo tutti in giovane età, tuttavia non mancavano anziani, e adulti, che si incontravano per le strade di rado. Avrei subito capito di chi fosse perdutamente innamorata Hayley, e avrei potuto darle un parere.

I miei pensieri, accompagnati da un profondo silenzio, andarono svanendo, allo stridolo rumore del campanello, che fece sobbalzare me ed Hayley, sulle comode porzioni di divano su cui eravamo sedute. Alzai la manica del mio maglione, lasciando libero l'orologio che stava stretto sul mio polso: erano da poco le otto.

-Chi può essere a quest'ora?- borbottai corrugando la fronte. Venni preceduta da Hayley, la quale con passo svelto si avvicinò all'ingresso. Lo struscio della porta contro il pavimento, venne susseguito dai passi di Hayley, che mi ritrovai davanti, paonazza in volto.

-Bethany...- bisbigliò con insicurezza. Si osservò furtivamente attorno, con lo sguardo rammaricato, quasi terrorizzato.

-É per te, ma non so se tu...- continuò mordendosi il labbro.

-Se io?- la spronai a continuare.

Non fece in tempo a rispondere, poiché la risposta si presentò davanti ai miei occhi. Mi alzai di colpo in piedi, mentre un senso di rabbia, si fece spazio dentro di me. Come poteva presentarsi con così tanta tranquillità dopo quello che era successo?

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora