Capitolo 25

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Stavo sdraiata sul letto, osservavando il soffitto sotto lo sguardo perplesso di Noah, che sdraiato accanto a me, era rimasto incuriosito dal silenzio che avvolgeva la stanza. Posò le sue labbra carnose sulle mie con delicatezza, come un soffio, per poi cercarmi di provocare, giocherellando con due dita, con i miei capelli castani, abbandonati alla superficie fresca del cuscino.

Quel giorno, era uno di quei giorni, in cui il pensiero del passato tornava ad assalirmi, soffocandomi con i ricordi, e angosciandomi portando alla mente i miei errori. Per quanto cercassi di dimenticare, mi era difficile. Non potevo dimenticare, tutto. Il solo pensiero delle mie mosse errate, mi faceva assalire dal desiderio estremo, di sprofondare nel vuoto, e rimanere sola, accompagnata dal silenzio, e dai ricordi, che secondo dopo secondo, prendevano forma nel mio cervello.

In quel momento, era come essere su un altro pianeta, esistevo solo io. Non percepivo, non volevo percepire presenze esterne, ero solo sommersa dai miei pensieri, che trascinavo con me, dai tempi dell'adolescenza. Una vera tortura.

-Tutto bene, Bethany?- domandò Noah, con la voce divenuta un sussurro, con la bocca poco distante dal mio orecchio. Annuii in silenzio, mostrando un sorriso falso, distogliendo la mente dai ricordi. Mossi il collo, per cercare di riprendere il controllo dei miei pensieri e delle mie emozioni.

-Se c'è qualcosa che non va, non esitare a parlarne...- borbottò.

-Va tutto bene, Noah- lo rassicurai, accarezzandogli il volto, ed alzandomi dal caldo letto. Realizzai solo poco dopo, di essere ancora spoglia, così, mi affrettai ad indossare i vestiti della sera precedente, e dirigermi verso la cucina, seguita da Noah, che con dei pantaloni addosso, dimostrava una certa preoccupazione, nel vedermi comportare in quel modo.

-Bethany, non sai mentire, lo sapevi?- annunciò con sarcasmo, aprendo il frigorifero ed estreandone una bottiglia in vetro, contenente dell'acqua, che velocemente versò in un bicchiere.

-Non voglio parlarne- bofonchiai sistemandomi i capelli dietro le orecchie, e incrociando le braccia.

-Che facciamo oggi?- mi chiese. Feci spallucce, per poi alzare lo sguardo velocemente verso la finestra del salotto, e riempire il silenzio della casa con uno stridolo urlo. Corsi verso la finestra, osservando incredula il paesaggio attorno alla casa. Continuando ad emettere delle urla, facendo sobbalzare, per la paura Noah.

-Cosa succede?- domandò avvicinandosi a me.

-Guarda!- esclamai puntando il dito contro il vetro del salotto. Dei piccoli fiocchi di candida neve, andavano posandosi sul terreno, oramai coperto da un manto di soffice neve bianca.

-Nevica!- gridai stellando per la gioia.

-Sono stato dotato di occhi, me ne ero accorto- borbottò, facendo il broncio e andando a posare il bicchiere sul bancone della cucina. Lo osservai interdetta, per poi domandare retoricamente:

-Non essere così, non è bellissimo?-

-No, affatto- rispose secco, incrociando le braccia.

-Vedi, quei minuscoli fiocchi di acqua congelata, impediranno alla mia macchina di girare per San Francisco, e ai tram, o agli autobus di portarmi a lavorare o in giro- spiegò con un briciolo di disprezzo negli occhi.

-Smettila Grinch!- lo rimproverai afferrando i nostri giacconi invernali, e dopo aver indossato in fretta il mio, lanciai quello di Noah tra le sue braccia.

-Dai vieni- esclamai, tirandolo per un braccio, verso l'uscita della porta, che, una volta aperta, propose ai nostri occhi, la splendida vista, della città, avvolta dal silenzio della mattina, innevata. Tutto splendeva di bianco, e non riuscivo a non essere ammaliata da quello spettacolo della natura.

Velocemente afferrai a mani nude un po' di neve, e dopo aver ignorato il dolore che essa con il suo freddo provocò, sulla mia mano spoglia, la scagliai contro la figura di Noah. Scoppiai in una fragorosa risata, portando le mani alla bocca, il mio ridere venne però interrotto, da un piccolo frastuono provocato, dall'infrangersi della neve contro il mio giaccone. Sobbalzai di scatto, mentre qualche goccia di gelida acqua, scivolò giù per il collo, fino ad arrivare alla mia schiena. Rabbrividii. Continuai a ridere, scaraventandomi contro Noah, e facendolo cadere appositamente sotto di me.

Un po' di neve, si mescolò ai capelli di Noah, che sembrava sempre meno felice, di stare sommerso nella gelida neve.

Piegai il collo, sentendo penetrare la gelida neve nel colletto del giaccone. Poggiai la testa al suo petto, ignorando la bassa temperatura che lo avvolgeva.

-A qualcuno è tornato il sorriso!- borbottò ridendo.

-Grazie a te- ammisi, stampando un bacio sulle sue labbra. Mi faceva stare così bene.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora