Capitolo 33

44 6 0
                                    

-Come dovrò vestirmi?- domandò continuando a baciarmi.

Eravamo seduti, l'uno accanto all'altra, sul divano del salotto, avvolti da una calda coperta: il freddo non dava tregua a San Francisco, tuttavia quel freddo mi aggradava, indicava un'imminente nevicata, e il solo pensiero di ciò mi strappava un sorriso. In più, mancava sempre meno, alla giornata di Natale, e avrei potuto passarlo con lui, scambiarci i regali che ci eravamo fatti, baciarci sotto la neve, e ridere davanti ad un film, abbracciati l'uno all'altra. Ero abbandonata al petto di Noah, che con delicatezza accarezzavo, sognando il Natale perfetto con lui.

-Come se dovessi presenziare all'incoronazione di qualche o re, o perché no, come se fossi un re!- annunciai con sarcasmo, voltando lo sguardo verso di lui.

-Stai esagerando!- mi rimproverò istantaneamente, lasciandosi poi sfuggire una fievole risata.

-Basta un bottone fuori posto, e finirai nella lista nera degli Hills- lo avvertii, con voce tragica, nonostante non stessi totalmente mentendo: in quella famiglia, si puntava alla perfezione, e chi non la rispecchiava, non poteva certo interagire con un componente della famiglia, infangandone il nome.

-Stai decisamente esagerando- concluse lui, con più fermezza, dopo aver colto, la mia velata e tagliente ironia.

-Affatto, ho vissuto con loro diciotto anni- ammisi, scuotendo lentamente la testa, al pensiero di quei diciotto anni: un vero inferno.

Era assurda la situazione in cui avevo dovuto vivere. L'amore era una formalità. L'affetto era una cosa sconosciuta. Avrei desiderato così tanto un abbraccio, un bacio sulla guancia, e le carezze da mia madre, avrei desiderato stringere la mano di mio padre, salirgli sulle spalle, e abbracciarlo. Sono cresciuta in un ambiente arido d'amore, la mancanza d'amore, rende la vita un susseguirsi di eventi privi di senso.

-É una cena così importante?- mi domandò leggermente preoccupato.

-Per nulla, dovresti vedere come si vestono per le cene veramente importanti- ammisi io con schiettezza, era veramente assurdo, indossare vestiti con pizzi e ricami, di un così alto valore, solo per una festa. Per me, era inconcepibile, prepararsi così tanto, e farsi vedere perennemente perfetti.

La perfezione, è la verità umana, una volta estrapolata dai nostri animi, potremmo definirci così, data l'inesistenza del concetto concreto di perfezione.

Le mie affermazioni, sembravano riportare sul volto di Noah, secondo dopo secondo, una sempre più vivida paura. Dovevo prepararlo. Quella casa era piena di perfidia ed odio, doveva essere pronto, ad affrontare i miei genitori.

-Sai ballare?- chiesi, osservandolo preoccupato.

-No- rispose secco.

-Errore fatale!- gridai puntandogli il dito contro, e sobbalzando sul divano su cui eravamo seduti.

-É obbligatorio?-

-Scherzi?! Non è cena, senza ballo- lo rimproverai ridacchiando divertita, sembrava veramente terrorizzato.

-E se avessi uno stiramento?- ipotizzò. Alla sua domanda, per burlarmi ancora un attimo del suo terrore, strisciai il pollice contro il mio collo, imitando uno sgozzamento.

-Dai!- mi ammonì.

-Sono seria, devi essere perfetto, almeno per loro. Pensa che hanno dovuto approvare tutti i miei fidanzati...- raccontai ridacchiando, una pratica che credevo fosse rimasta nell'antichità, eppure avevano dovuto approvare ogni amore che avessi avuto. Come si poteva giudicare l'amore?

-Sembrano tanti...- sussurrò interdetto.

-Fidanzati, per modo di dire, piccole scappatelle- lo rassicurai. Non era stato amore con loro, era passione, desiderio di scoperta, e attrazione. Volevo fare la ragazza ribelle, e imbattermi in avventure, spesso sbagliate. Incurante delle conseguenze delle mie azioni, avevo prodotto sofferenza. Ero dilaniata dal dolore dei ricordi, il solo pensarci, mi scuoteva di brividi. Avrei dovuto dimenticare.

Ogni giorno della mia vita, racconto a me stessa, come fosse giusto ciò che avessi fatto. Era giusto così. Era stato un errore. Avrei dovuto solo accettare, ed andare avanti con la mia vita, non potevo vivere nel dolore per sempre.

-Io non sono abituato a così tanta eleganza, temo di non avere dei vestiti così eleganti- disse di colpo, distigleindomi dai pensieri in cui ero assolta.

-Andremo a comprarli- tagliai corto baciandolo intensamente sulle labbra.

-Come preferisci- disse facendo spallucce e ricambiando istantaneamente il bacio. Cullata tra le sue braccia, con i suoi capelli sfiorare i miei ero felice. Lo amavo.

CIÒ CHE È GIUSTO [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora