Capitolo 15

19.4K 805 166
                                    

*Flashback*

26 Luglio 2016, New York.

Non ricordavo precisamente il momento in cui avevo accettato di seguire Alex nel suo dormitorio e, anzi, nonostante avessi la testa che mi girava e a stento riuscissi a reggermi in piedi, una parte di me mi suggeriva che infondo non l'avessi mai fatto davvero. Fatto sta che dovevano essere ormai le tre di notte se non più tardi e, invece di ritornare nella mia camera come avrei dovuto, mi stavo lasciando trascinare per i corridoi della parte dei dormitori in cui si trovavano le stanze dei ragazzi, dal lato completamente opposto al mio, con la testa bassa sia per evitare di incrociare lo sguardo di uno dei tanti maschi curiosi ancora in giro per i corridoi, sia per fare attenzione a dove mettevo i piedi e non rischiare così di rotolare per terra.

Alex sapeva bene che non avevo mai retto granché l'alcool, ma, nonostante durante la serata glielo avessi anche ripetuto più volte, questo non lo aveva fermato dal convincermi in tutti i modi a mandare giù non ricordavo nemmeno quanti cicchetti di chissà quale alcolico: per questo ora, se provavo anche solo ad alzare la testa, avevo la sensazione che le pareti della stanza si stessero deformando in continuazione, per non parlare delle vertigini che subito mi facevano venire la pelle d'oca o del mio stomaco in subbuglio che minacciava di rimandare tutto su da un momento all'altro.

Era già capitato che Alex mi aveva fatta ubriacare e tutte le volte mi ero ripetuta che sarebbe stata l'ultima che gli avrei dato ascolto, ma quella notte sembrava essere anche peggio delle precedenti: non mi sentivo solo stordita, incapace di pensare coerentemente o di camminare correttamente, ma stavo proprio male.

Fui richiamata al presente quando sentii una porta aprirsi e richiudersi velocemente alle mie spalle, e solo quando il braccio che mi aveva stretto il fianco fino ad allora mi lasciò andare alzai lentamente la testa e sbattei più volte le palpebre. La prima cosa che vidi fu Alex, il quale, ora lontano da me e vicino alla sua scrivania, si stava togliendo dalle tasche chiavi, cellulare, portafoglio e qualunque altra cosa trovasse, slacciando poi velocemente la cintura e sfilandola dai passanti con un unico gesto veloce.

Fu a quel punto che deglutii per bagnare la gola arida e bruciante, cercando di raccogliere i pensieri prima di parlare.

«Alex non mi sento bene, non credo sia il caso di...» provai a parlare, ma lui fu veloce ad interrompermi.

«Non preoccuparti, amore, ti sentirai meglio tra pochi minuti.» disse, voltandosi verso di me per rivolgermi un sorriso che sarebbe dovuto essere rassicurante, ma che di rassicurante aveva ben poco.

Scossi piano la testa e feci per controbattere, ma lui in pochi passi colmò la distanza che ci separava e mi bloccò la mascella con una mano, avvicinando il mio volto al suo per baciarmi. Non riuscii nemmeno a rispondere a quel bacio, dischiusi solo le labbra quando la sua lingua vi premette contro chiedendovi un accesso prepotente, lasciando che fosse lui a fare tutto il lavoro sperando che così capisse che quella notte davvero non me la sentivo, ma lui non sembrò importarsene.

Mi spinse invece lentamente all'indietro verso il letto, e quasi non rischiai di inciampare nei miei piedi quando quel semplice movimento compiuto sui tacchi mi sembrò la cosa più difficile che avessi mai fatto. Sentii una sua mano avvolgersi dietro al mio collo per tenermi vicina mentre continuava a baciarmi, mentre l'altra scese avidamente lungo il mio corpo seguendone tutte le curve evidenziate dallo stretto vestito azzurro che indossavo; percepii le sue dita infilarsi sotto il bordo e tra le mie gambe, ma quando le strinsi tra loro per provare almeno a rallentarlo lui mi spinse sul letto. Quel movimento brusco mi fece girare la testa ancora più di quanto non stesse già facendo e, mentre chiudevo gli occhi per concentrarmi sull'impedire alla nausea di avere il sopravvento, praticamente non mi accorsi del fatto che mi avesse sollevato il vestito sui fianchi e che le sue dita si fossero agganciate nei bordi dei miei slip per tirarli verso il basso. Lo sentii imprecare a bassa voce quando l'indumento si bloccò nei tacchi, ma, non appena riuscì a toglierlo del tutto, non perse altro tempo a sbottonarsi i jeans e ad abbassarli insieme ai boxer fino alle ginocchia.

All That MattersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora