Epilogo

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25 Settembre 2018, Los Angeles.

«Che stai facendo?»

Mi voltai verso la porta della cucina quando il silenzio che da diversi minuti mi aveva circondata venne interrotto dalla voce di Meredith, trovandola sulla soglia intenta ad infilarsi un orecchino. Sollevai il piatto ricoperto di sapone che stavo pulendo, sorridendo quando la vidi roteare gli occhi al cielo.

«Eveline, Giselle viene domani mattina!»

«Lo so, ma non mi costa niente togliere di mezzo i piatti!»

Chiusi il rubinetto e cominciai ad asciugare tutto, riponendo man mano le stoviglie nel cassetto ed i piatti nel mobile sopra il lavello mentre Meredith continuava a parlare con aria accusatoria.

«E' pagata apposta. Se ogni volta trova i piatti fatti e la casa pulita perché hai fatto i servizi mentre io ero a lavoro, tanto vale che la licenzio ed assumo te!»

«E' capitato una sola volta che ho passato l'aspirapolvere, visto che dopo l'hai nascosto.» mi difesi, mettendo a posto le ultime cose prima di asciugarmi le mani con un panno.

«E non avresti dovuto farlo neanche quella volta! - roteai gli occhi al cielo con un sorriso, lei incrociò le braccia al petto - Quand'è che capirai che quando vieni qui devi pensare come se stessi in vacanza?»

«Quand'è che andrai a finire di prepararti e la smetterai di farmi il terzo grado?» provai a cambiare argomento, riponendo il panno ed imitando poi la sua posizione con le braccia incrociate al petto.

Meredith sospirò in modo piuttosto drammatico, arrendendosi a portare avanti quella discussione che avevamo praticamente quotidianamente quando ero lì a Los Angeles.

«Si, perché sono talmente emozionata di uscire che sto facendo i salti di gioia.» ironizzò poi, roteando gli occhi al cielo.

Sorrisi mentre lei entrava del tutto in cucina e si aggiustava il vestito rosso lungo fino al ginocchio che indossava, fermandosi poi accanto al bancone per poggiarsi ad esso con il fianco.

«Andiamo, non può essere così terribile.» provai ad incoraggiarla, rendendomi conto da sola di non essere per niente convincente.

La donna infatti sollevò subito le sopracciglia perfettamente curate in un'espressione scettica.

«No, hai ragione. Quanto può essere divertente una rappresentazione teatrale del Macbeth?» chiese poi, le sue parole ancora più piene di ironia rispetto a prima.

Scrollai le spalle «Almeno ci sono attori famosi.»

«E' pur sempre di una noia mortale! - si lamentò, fingendo di scoppiare a piangere mentre univa le mani in segno di preghiera - Venite anche voi, vi prego. Connor può chiamare questo tipo maledetto che gli ha fatto avere i biglietti e vedere se ne ha due in più!»

Sarei scoppiata a ridere per il fatto che una donna di trentasei anni - mi aveva confessato la sua età facendomi promettere di non dirla mai ad Harry - stava piagnucolando e mi stava supplicando di salvarla da quella che si prospettava essere una serata noiosa, ma il fatto che mi facesse pena mi aiutò a non cedere all'istinto e mostrarmi invece seria e dispiaciuta.

«Il teatro non fa proprio per me ed Harry, ad essere sincera. - risposi quindi, arricciando il naso - Poi Harry mi ha fatto capire chiaramente che oggi non ha intenzione di mettere piede fuori di casa.»

Per tutto il pomeriggio non aveva fatto che ripetermi di non lasciarmi convincere da Meredith ad andare con lei e Connor quella sera, poiché preferiva "rimanere chiuso in casa piuttosto che addormentarsi sulla poltrona di un teatro". Nonostante ogni volta gli avessi risposto che magari una rappresentazione drammatica non era poi così noiosa come tutti credevano, sapevo che infondo aveva ragione.

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