28 Marzo 2018, Londra.
Quando misi piede sul suolo londinese dopo averlo lasciato con la convinzione che non lo avrei toccato almeno per un bel po', provai una sensazione molto diversa da quella che avevo provato la prima volta che l'avevo fatto, quando ero stata via da quella città per tre anni se non per delle brevi visite annuali: quella volta, infatti, non ebbi nemmeno il più piccolo ripensamento riguardo il tornare, così come non avevo assolutamente nulla di cui preoccuparmi o per cui stare in ansia. Tutto stava lentamente tornando a posto, nella mia vita, facendomi così godere quella sensazione di spensieratezza e leggerezza che non provavo da anni.
Non appena l'aereo atterrò alle 10.25 in punto ed Harry riaccese il suo cellulare, quest'ultimo cominciò a suonare ripetutamente segnalando l'arrivo di qualcosa come una cinquantina di messaggi, facendo voltare tutti gli altri passeggeri della prima classe che aspettavano che le porte dell'aereo si aprissero verso di noi; mi scusai al suo posto mentre lui provava a far tacere in qualche modo il cellulare, rivolgendo sorrisi tirati a chiunque incrociasse il mio sguardo mentre lo spingevo verso l'uscita sperando di poter andare via da lì il prima possibile.
Mi prese per mano e mi guidò dritta verso quelli che dovevano essere bodyguard, non appena entrammo in aeroporto, e questi ci scortarono verso un'uscita diversa da quella dove tutti i passeggeri si stavano dirigendo; ad aspettarci fuori c'era un'auto dai vetri oscurati e, al di fuori dei cancelli, un gruppo di almeno venti ragazze che non appena videro Harry cominciarono a chiamarlo e a provare ad attirare la sua attenzione. In casi normali sapevo che si sarebbe fermato, ma il fatto che, con la mano libera dalla mia, avesse continuato a messaggiare fin da quando avevamo messo piede a terra mi fece capire che quella volta non ne avrebbe avuto il tempo; per questo, dopo avermi fatta entrare in macchina e aver dato le nostre borse all'autista che si preoccupò di sistemarle nel cofano, si rivolse nella loro direzione e le salutò con la mano, rivolgendo loro un sorriso che, stando alle grida che si levarono all'istante, doveva probabilmente aver migliorato a tutte la giornata.
«Che è successo?» gli chiesi non appena ci fummo lasciati l'aeroporto e le fans alle spalle.
«Niente, come al solito Max è un rompicoglioni. - rispose, roteando gli occhi al cielo - E' più in ansia di noi per questo primo concerto, e mi sta mandando messaggi minatori dicendomi che se non arrivo allo stadio entro i prossimi cinque minuti sono fuori dalla band.»
Risi al suo tono così annoiato, afferrando la sua mano ed intrecciando le nostre dita prima di poggiarle entrambe sulla mia coscia.
«Non può cacciarti dalla band.»
«Già, ma questa è una delle minacce che non si stanca comunque mai di utilizzare.»
«Le altre quali sono?»
Harry ci pensò qualche secondo, poi scrollò le spalle «C'è stato un periodo in cui gli piaceva parecchio il "Mi assicurerò che non potrai fare sesso per un mese". - sollevai le sopracciglia, lui si lasciò andare ad una piccola risata - Una volta con Niall lo ha fatto sul serio.»
«Perché?» chiesi divertita.
«Arrivò tardi per una settimana di seguito a delle prove e a degli incontri, così dopo l'ennesima minaccia gli mise davvero dei bodyguard dietro ventiquattro ore su ventiquattro, i quali avevano il compito di intervenire ogni volta che lo vedevano un po' più vicino ad una ragazza. - si lasciò andare ad un'altra risata, scuotendo la testa al ricordo - Niall stava per impazzire. Non poteva fare più niente senza essere controllato.»
Risi immaginando la scena, non potendo fare a meno di sentirmi almeno un po' in pena per Niall «Oh mio Dio.»
«Ah, e invece per un altro periodo andavano di moda il "Ti blocco il conto in banca" o "Lo dico a tua madre".»
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All That Matters
FanfictionSEQUEL DI "THE WORDS I NEVER TOLD YOU" «Tu la ami?» gli chiese in tono innocente. Vidi il ragazzo leccarsi le labbra e passarsi una mano tra i capelli, ma, quando capì che non avrebbe potuto continuare a non rispondere, chiuse semplicemente gli occh...