Capitolo 44

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13 Gennaio 2018, Londra.

Solitamente, quel tipo di mal di testa che lasciava la mia mente vuota ma pesante al tempo stesso, che mi rendeva difficile riuscire a tenere gli occhi aperti ma che peggiorava se li chiudevo, si faceva vivo il giorno dopo che mi ero presa una sbronza: con la testa in quello stato ed il corpo debole, il mio rimedio testato era il rimanere a letto per tutto il giorno e bere litri e litri d'acqua per purificare nuovamente il mio corpo, cacciando tutto l'alcool ancora in circolo.

Quel sabato mattina, nonostante non avessi toccato neanche un goccio di alcool negli ultimi due mesi, fu esattamente quella la sensazione che provai: il mal di testa era però dovuto al fatto che non avessi chiuso occhio tutta la notte, continuando a girarmi e rigirarmi nel letto alla ricerca di una posizione che mi avrebbe permesso di dormire in santa pace, solo per arrendermi quando non l'avevo trovata. A tutto ciò si erano poi aggiunti i sensi di colpa che avevano fatto diminuire già nel taxi la rabbia che avevo provato quando ero andata via da casa di Zayn, facendomi arrivare ad un punto verso le tre o quattro di notte in cui tutto ciò che provavo era rimorso per aver trattato Harry in quel modo: non mi pentivo tanto di ciò che avevo detto, poiché sul serio il fatto che mi stesse così addosso mi metteva ansia e mi ricordava che non mi sentivo bene anche quando io provavo a non pensarci, ma era stato il modo in cui gliel'avevo detto che non mi era piaciuto.

Ricordargli che non stavamo insieme ufficialmente quando appena pochi giorni prima lui mi aveva aperto per la millesima volta il suo cuore dicendomi di amarmi, doveva essere stato un brutto colpo per lui, e questo era stato chiaro dallo sguardo che mi aveva rivolto prima che andassi via: sapeva che ancora non avevo cambiato idea su noi due, questo è vero, ma ciò non cambia che sentirselo dire in quel modo doveva aver avuto un impatto più forte di quanto avrei voluto.

Tra il dolore alla schiena che si estese pian piano anche alle gambe ed i sensi di colpa, quindi, alle cinque del mattino avevo rinunciato a dormire e avevo invece cominciato a camminare avanti e indietro per la casa, cucinando una colazione veloce nonostante non avessi fame, facendo un paio di servizi e, infine, immergendomi in un bagno caldo che non servì tanto alla schiena, ma comunque riuscì a far rilassare la mia mente in quella mezz'ora.

Ogni tanto controllavo in automatico il cellulare, aspettandomi di vedere una chiamata persa o un nuovo messaggio ma rimanendoci puntualmente male quando nessuno dei due arrivò: era vero, avevo chiesto io stessa ad Harry di smetterla di pressarmi, e anche se continuavo a ripetermi che continuassi a controllare il cellulare più per abitudine che non perché morissi dalla voglia di sentirlo, sapevo bene che questa non era la verità.

Per questo quasi sobbalzai sul divano quando, poco dopo le due del pomeriggio, il cellulare cominciò a squillare sul tavolino ai miei piedi, ed io non persi neanche un secondo a rispondere.

«Ascolta, mi dispiace per come mi sono comportata ieri sera. Non sarei dovuta andare via in quel modo, né avrei dovuto dirti quelle cose, ma non stavo bene, ero arrabbiata, e...»

M'interruppi di colpo quando una risata leggera risuonò dall'altro lato del telefono, ma quel suono non fu quello che avrei voluto sentire.

«Eveline, ti senti bene? - mi chiese Elise, io chiusi gli occhi e poggiai la schiena al divano - Che mi hai detto ieri sera? E si, in effetti dobbiamo parlare del fatto che sei sparita all'improvviso e se non fosse stato per Liam ci sarebbe venuto un colpo, ma non ti preoccupare.»

«Si, hai ragione. Mi dispiace.» le diedi corda, cambiando distrattamente i canali al televisore alla ricerca di qualcosa da guardare.

«Comunque, stavo pensando - presi un respiro profondo, sapendo che lo "stavo pensando" di Elise non prometteva mai nulla di buono - visto che tutto sommato è una bella giornata e non fa poi così freddo, che ne dici di andare a fare una passeggiata al parco?»

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