Capitolo 46

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15 Gennaio 2018, Londra.

HARRY'S POV:

Quando mi svegliai con un cuscino stretto tra le braccia ed il letto libero dalla parte dove le lenzuola erano tirate verso il basso, il mio primo istinto fu quello di scattare in piedi. Rabbrividii mentre sbadigliavo, afferrando un maglione per indossarlo prima di aprire la porta e scendere al piano di sotto, non preoccupandomi di non fare rumore quando i miei piedi nudi risuonarono contro il pavimento in legno. La vidi non appena misi piede in soggiorno, seduta su una delle sedie intorno al tavolo con le gambe piegate al petto, un computer acceso davanti a lei; notai che aveva la mani coperte dal maglione blu fin troppo grande che subito riconobbi come mio, il mento poggiato sulle ginocchia mentre leggeva qualcosa sullo schermo. Solo quando mi schiarii la gola si rese conto di non essere più sola, ed io provai a rivolgerle un sorriso non appena incrociai il suo sguardo.

«Che ci fai già sveglia?»

Era non più tardi delle sette e mezza, e stando ai suoi occhi vispi doveva essere già in piedi da un po'.

Scrollò le spalle «Non riuscivo più a dormire. - annuii, vedendola sollevare le sopracciglia quando si ricordò di qualcosa - Oh, ho preso il tuo computer. Volevo controllare solo le e-mail, ma poi ho visto che ne avevo parecchie e...»

«Non preoccuparti. - la interruppi con un sorriso, nonostante sentirla parlare in modo diverso che a monosillabi fosse musica per le mie orecchie - E' ovvio che puoi prenderlo, ma... Il medico ha detto che non devi stressarti.»

«Lo so, infatti ho solo... Non andrò a lavoro per una settimana intera, quindi almeno devo fare quel che posso da casa.»

Annuii, poggiandomi con la spalla allo stipite della porta ed incrociando le braccia al petto.

«Che vuoi per colazione?»

Eveline scrollò le spalle, tornando a guardare lo schermo del computer.

«Non ho fame, in realtà.» rispose, la voce più flebile rispetto a pochi secondi prima.

Aggrottai le sopracciglia, sentendo il nodo al centro del petto farsi sentire subito al suo cambio d'umore improvviso.

«Devi mangiare qualcosa, Eve. Non tocchi cibo da giorni.» le feci notare.

«Più tardi mangerò qualcosa, ma ora non voglio niente.»

Cominciò a digitare velocemente sulla tastiera, e a quel punto capii che per lei la discussione era finita lì.

Per questo sospirai e ci rinunciai, voltandomi per poter trascinare i piedi fino alla cucina; riempii il bollitore con dell'acqua e sbucciai una banana nel frattempo che si riscaldasse, accendendo intanto la TV più per tenermi compagnia che perché fossi davvero interessato a guardare qualcosa. Tirai fuori due tazze dal mobile, mangiando con una mano mentre con l'altra recuperavo due infusi di tè per sistemarli uno in ogni tazza; vi aggiunsi l'acqua non appena fu pronta, buttando via la buccia della banana e aspettando diversi minuti che il tè spargesse il suo aroma nell'acqua prima di aggiungervi in uno due cucchiai di latte, lasciando l'altro così com'era prima di prendere entrambe le tazze e camminare di nuovo verso il soggiorno. Non sollevò lo sguardo quando mi sentì avvicinarmi, ma lo fece solo quando poggiai una delle due tazze accanto al computer.

«E' bollente, fai attenzione.» le dissi semplicemente prima di voltarmi, sentendola mormorare un "grazie" mentre salivo le scale verso la camera da letto.

*

Nel momento in cui avevo trovato Eveline a computer quel lunedì mattina, non avevo immaginato che non si sarebbe mossa da quella postazione se non per andare in bagno, dormire poche ore o mangiare qualche boccone per i seguenti quattro giorni. Avevo provato a proporle di venire con me quando avevo dovuto incontrare qualche produttore, oppure di uscire per andare a fare due passi, ma si era rifiutata ogni singola volta: sapevo che lavorare la distraeva dal pensare a ciò che era successo appena qualche giorno prima, ma non potevo continuare a permetterle di rimanere incollata al computer per una giornata intera tutti i giorni fin quando non si sarebbe resa conto che non era chiudendosi in sé stessa che avrebbe risolto il problema.

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