Capitolo 40

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15 Dicembre 2017, Londra.

La clinica mi sembrò più caotica di quando c'ero stata l'ultima volta, quel pomeriggio: tuttavia, se dovevo essere sincera con me stessa, sapevo che quella percezione di caos era dovuta soprattutto alla confusione che avevo in testa fin dalla sera precedente.

Quella notte avevo dormito forse non più di quattro ore e, arrivata alle cinque del mattino, avevo semplicemente deciso di alzarmi, visto che stare nel letto senza riuscire a dormire non aveva senso. Avevo quindi cominciato a fare i servizi, mi ero cucinata una bella colazione e avevo lavorato un po' per recuperare ciò che non avrei fatto quel giorno in ufficio, visto che mi ero dovuta prendere un giorno di ferie. Per quando il mio cellulare aveva vibrato alle due del pomeriggio segnalandomi un messaggio di Harry nel quale mi chiedeva se ero già pronta, non ero però ancora riuscita a calmare i nervi a fior di pelle che dalla sera prima mi avevano fatta stare costantemente con la pelle d'oca.

Harry non era sembrato chissà quanto più tranquillo di me quando, con ben un quarto d'ora di anticipo, mi era passato a prendere con la sua grossa Range Rover: avrei giurato infatti che il suo viso abbronzato fosse leggermente più pallido del solito, ed il sorriso che mi aveva rivolto per salutarmi era stato piuttosto tirato, non freddo come quelli che mi aveva mostrato fino ad una settimana prima, ma chiaramente nervoso riguardo il dove stessimo andando e perché.

Beh, infondo direi che eravamo entrambi giustificati: quel giorno avremmo visto, anche se in modo confuso, una prima immagine della creatura che tra pochi mesi avremmo potuto stringere tra le braccia. Chi non sarebbe stato nervoso, emozionato ed anche un po' spaventato, al nostro posto?

Ci sedemmo nella sala d'attesa mentre aspettavamo che si facesse ora per il nostro appuntamento - visto che eravamo arrivati con venti minuti d'anticipo - e nel frattempo non parlammo molto se non per qualche breve conversazione di routine; Harry aveva indossato degli occhiali da sole e aveva nascosto i capelli sotto uno snapback per far sì che nessuno lo riconoscesse e cominciasse a farsi domande sul perché Harry Styles stesse aspettando il suo turno ad uno studio ginecologico, ma quando la dottoressa McKenzie aprì la porta per far uscire la donna che aveva fatto la visita prima di me - con un pancione talmente grande che solo a guardarlo mi spaventò, quindi provai a non pensare neanche al fatto che il mio sarebbe stato praticamente uguale - non ci pensò neanche un secondo a togliere occhiali e cappello, scattando subito all'in piedi così come feci anche io.

La dottoressa mi rivolse un sorriso non appena mi individuò, facendomi segno di seguirla all'interno dello studio; deglutii tutta l'ansia che mi appesantiva il petto e bloccava la gola, camminando poi verso di lei e sentendo Harry seguirmi praticamente attaccato a me.

«Eveline, ciao. - mi salutò, chiudendo la porta alle nostre spalle - Come stai?»

«Tutto bene, lei?» risposi, ma la mia voce tremante diede via l'ansia che stavo provando.

«Bene, grazie. - mi rivolse ancora un sorriso, poi si voltò verso Harry e gli porse una mano - Dana McKenzie. Piacere.»

Harry subito strinse la mano della dottoressa, rivolgendole un piccolo sorriso.

«Harry Styles, piacere mio.» rispose, nel suo solito tono garbato.

Dopo le presentazioni iniziali e conversazioni formali, la dottoressa raggiunse la sua scrivania e aprì un cassetto, cercando tra varie cartelle prima di tirarne fuori una, che supponevo essere la mia.

«Allora, Eveline, la prima ecografia. - disse, io deglutii - Nervosa?»

«Un po'.» ammisi.

«Non esserlo. - mi rassicurò, rivolgendomi ancora un sorriso prima di allargare il braccio per indicarmi un lettino - Vieni stenditi qui sopra.»

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