Capitolo 25

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"Emma dai" ghigna, l'espressione sul suo volto mi sta mettendo i brividi. Rimpiango il giorno in cui mi sono fidanzata con lui, perché sono stata così stupida da lasciarmi abbindolare?
Non so più come uscirne.
Mi sento come se fossi intrappolata in una sorta di labirinto senza uscita.
"Perché non parli?" mi afferra il polso, la sua stretta fa male. Più cerco di divincolarmi, più Luke stringe le sue dita attorno alla mia pelle.
Spesso mi lascia dei lividi, mi chiedo come facciano i miei genitori a non accorgersi di nulla. Le mie amiche sanno, ma anche loro non hanno idea di come tirarmi fuori da questa situazione. In realtà anche loro non conoscono tutta la storia, soffrirei nel raccontargli alcuni dettagli.
"Emma" mi scuote.
"Sì, scusa" biascico.
"So come farti riprendere" usa un tono di voce spaventosamente languido, voglio scappare.
Aiutatemi a uscire da questo incubo.
"No" mi oppongo.
"Che noia che sei diventata, all'inizio non eri così" mi solleva leggermente l'orlo inferiore della mia maglietta. Cerco di scansare le sue dita da me, ma mi ritrovo con le braccia bloccate dietro alla mia testa.
"Luke no!" il mio grido esce soffocato, si avventa sulle mie labbra e io so di non avere più una via di scampo.
Aiuto.

"Emma" avverto una voce.
"Emma" insiste la voce costringendomi a socchiudere gli occhi, mi rendo conto di essere ancora sul sedile posteriore del taxi. Mi chiedo se riuscirò mai a dormire tranquilla senza che questi incubi mi disturbino il sono. La mia testa è appoggiata su quella di Bryce, il suo braccio è attorno alle mie spalle.
Mi sono addormentata, di nuovo.
Scatto a sedere con la schiena dritta, realizzo che stavo solo sognando. Posso tirare un sospiro di sollievo, spero solo di non aver parlato nel sonno. Non vorrei che Bryce sia riuscito a scoprire qualcosa.
"Vieni" Bryce mi aiuta a uscire del veicolo, mi rendo conto che siamo tornati di fronte all'imponente villa. Le mie gambe si muovono senza il mio controllo su di esse, le mie palpebre faticano a stare su.
"Ti porto di sopra" sospira Bryce, mi solleva mettendo una mano sotto le mie ginocchia e una sul retro della mia schiena.
Stavolta non oppongo resistenza, non riuscirei a salire neanche un gradino da sola.
"Questa dovrebbe essere la tua stanza" Bryce apre la porta della mia camera con un calcio, mi ritrovo con la schiena contro il morbido materasso del mio letto.
"Bryce" lo chiamo.
"Resti un po'?" non so perché gliel'ho chiesto, me ne pento subito averlo detto. Mi porto una mano alla bocca come se potesse servire a cancellare la mia assurda richiesta.
"E va bene" sbuffa.
"Quando ti sarai addormentata me ne vado però" aggiunge sospirando.
"Lo hai sognato di nuovo?" domanda dopo qualche secondo di silenzio, rimango di stucco senza sapere cosa dire. Il suo tono di voce si è leggermente addolcito, credo che sappia di star toccando un argomento delicato per me.
"Chi?" fingo di non capire.
"Luke, nel sonno ripeti spesso il suo nome. Sembravi agitata" mi sento mancare il respiro, non ho la minima idea di come rispondere. Da quanto ho scoperto di Luke e Allison, una delle mie amiche di infanzia, ho cominciato a sognarlo ancora più spesso di prima. Ogni volta mi sveglio di soprassalto, con il battito accelerato e il petto che si alza e si abbassa con un ritmo fuori dal normale.
Odio sentirmi così.
Odio quello che mi ha fatto.
"Sì, l'ho sognato ancora" mi limito a dire.
"Perché sbianchi ogni volta che si parla di lui?" insiste. Ma cos'è un interrogatorio?
Sta facendo troppe domande e io, ubriaca come sono, non riesco a controllare la mia bocca.
Finirò per farmi sfuggire qualche parola di troppo, sono un'idiota.
"Bryce" sospiro.
"Non mi va di parlarne" biascico cercando di tagliare corto, spero che la smetta di insistere.
"Va bene" scrolla le spalle lui.
"Cerca di dormire" aggiunge poi.
"Scusa" mormoro.
"Per cosa?" domanda lui, un'espressione interrogativa si fa spazio sul suo viso.
"Per averti fatto andare via dal locale, sono stata una stupida a bere così tanto" la mia risposta esce con un filo di voce, sto facendo fatica perfino a parlare.
"Tranquilla" si limita a dire.
Non riesco più a tenere gli occhi aperti, non oppongo più resistenza alle mie palpebre che si abbassano lentamente.

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