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Mi guardai intorno smarrita come un cerbiatto, cercando con gli occhi qualsiasi persona che mi sembrava di conoscere. Lo feci ripetutamente, tentando di addocchiare tra la gente che entrava, dei capelli biondi.

<<sono qua>> sentii una voce da dietro le mie spalle. Per risposta mi girai, nonostante sapessi già chi fosse.

Sbuffai e mi precipitai a passi veloci verso di lui, provando anche a non incrociare il suo sguardo.

<<quindi, che devo fare?>>

<<non ne sarei così tanto felice>> disse mettendo le mani avanti <<non ti serve un prof, sai fare i cocktail?>>

<<ero un'avvocata Dylan, non una barista>> dissi ad alta voce, cercando di sovrastare la musica che avevano appena acceso.

<<oh miseria>> disse sbuffando

Io lo seguii dietro al bancone <<allora devi fare così.... così>> cominció a elencarmi tutte le preparazioni possibili ma io mi fermai nell'ascoltarlo: dall'entrata era appena entrato un ragazzo. Esteticamente sembrava più uno poco di buono che altro.

Dylan mi sventoló una mano davanti al viso <<mi stai ascoltando??!>> sbraitó e io mossi la testa <<lo conosci quello?>> lo indicai furtivamente con lo sguardo.

Lui si limitò ad annuire, ma non rispose più alle mie domande riguardo a lui: gli chiesi qualsiasi cosa inimmaginabile, da quanti anni avesse a come lo conoscesse, ma lui non aprí bocca.

Dopo un paio di minuti Dylan perse la pazienza <<non ce la faccio più, chiamo Cody>> disse a bassavoce per poi andare via.

Mi appoggiai sul tavolino in vetro aspettando, con i grembiule in mano, il presunto Cody: davanti a me, dieci minuti dopo, si posò un ragazzo poco più alto di tutti i ragazzi che avevo visto in giro nel pub.

<<sono Cody>>

Sfregai le mani, senza aver nessuna voglia di stare ore a servire e parlai <<in breve che cosa devo saper fare?>>

Cominció a spiegarmi il tutto con molto più entusiasmo di Dylan: mi insegnò a fare i lavori base che si devono sapere e chiacchierammo un pochino di affari nostri.

<<hai capito?>> mi disse avvicinandosi al mio orecchio per farsi sentire, io scossi la testa, annuendo <<allora io vado, devo controllare che nessuno salti addosso a Kiara>> disse ridendo togliendosi il grembiule <<vai vai, io guardo e servo qualcosa>> risi appoggiando la testa su un gomito.

Feci scorrere il mio fitto sguardo per tutta la sala, fino ad arrivare al palco, dove Kiara ballava spensierata.
Qualcuno picchiettó le chiavi sul bancone con quasi cattiveria.

Schiarí la mia voce e parlai <<cosa ti porto?>> chiesi io sorridendo e lui ricambió subito <<Un Manhattan perfavore>>. Afferrò sensualmente uno stuzzicadenti dal cestino li accanto e gli sorrisi.

Mi fissó un pochino, come per ispezionarmi <<sei nuova qua, non é cosí?>>

Io annuí scuotendo la testa, passandogli con lentezza il bicchiere pieno d'alcolico.

Mi ringrazio genuinamente: l'apparenza inganna sempre, riuscí a pensare fra me e me. Menomale che gli avevo dato del poco di buono.

<<piacere Shawn>> disse e io risposi subito, felice di questa sua iniziativa <<Micol>>

<<quella è la tua amica?>> mi chiese <<si, Kiara... è la sorella minore della fidanzata del proprietario>>

Quasi porto invidia per quella ragazza così bella.

<<e chi sarebbe questo proprietario?>> mi chiese lui ridendo.
Lo cercai fra la folla e, una volta trovato, glielo indicai con il dito  <<quello là con la camicia bianca, penso tu già lo conosca>>

Lui alzó le sopracciglia <<purtroppo>> e spostó lo sguardo su di me <<stacci alla larga, è un tipaccio>> aggiunse.

<<immagino>> sbuffai <<lo conosco da poco e già lo trovo non solo arrogante, ma anche presuntuoso ed egocentrico>>

Assottiglió le labbra, facendo una smorfia infastidita: evidentemente ne aveva passate già tante con Dylan.

<<vabbè io vado a ballare, ci becchiamo>> urló facendomi un segno con la mano lasciando, il bicchiere vuoto là.

Sarei rimasta a parlare volentieri con lui me ovviamente il fato me lo ha negato.

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La serata passó non molto velocemente, già dopo il decimo servizio cominciai a sentirmi flaccida e assonnata.
Diedi l'ultimo drink e poi mi sedetti a peso morto su una sedia là dietro: a risvegliarmi fu la voce di Tommy.

<<ehi micky!>> disse sporgendosi per vedermi e io gli feci un cenno con la mano <<stai straripando felicità insomma>> ammise lui.

<<tu che dici? Avró servito solo oggi centinaia di bicchieri>> sbuffai.

<<Tommy già non ce la faccio più>> dissi mettendomi le mani in viso

<<so come farti tornare in vena>> disse allungandomi la mano <<vieni a ballare madame??>> mi chiese infine con un accento alla francese.

Esitai un paio di volte e poi decisi di andare in pista.
Mi prese per mano e mi portò là al centro: mise le mani sui miei fianchi mentre io dietro al suo collo.
Giravamo intondo canticchiando e ridendo vivacemente: lui mi guardó negli occhi e sorrisi.

Sbadiglia una volta.
Quasi mi sentii sprofondare dalla vergogna.
Insomma, che maniere sono Micol!

<<che ore sono tommy>> gli chiesi mentre invanamente cercavo il telefono nelle tasche <<oh si certo, sono le... le 4:15>>

<<scusami ma non mi reggo più in piedi..>> dissi prima di lasciarlo solo lí <<domani ti offro qualcosa, per farmi perdonare!>>

Quasi lo piantai in asso. E mentre me ne andavo, pensavo a quale fosse il mio problema. Insomma, la mia vita fino a quel giorno era stata piuttosto strana e, ragazza adulta come me, in teoria, dovrebbe saper come gestire la vita.

Sbattendo il palmo della mano sulla fronte esausta e alquanto delusa, aprii la porta di camera "mia" buttandomi poi sul letto polveroso.

Imprecai un paio di volte e poi spensi le luci, cercando di addormentarmi con i vestiti di lavoro ancora addosso.

Laugh now Cry Later || Dylan O'Brien ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora