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<<sto arrivando Dylan...>> dissi fra me e me prima di uscire definitivamente dall'appartamento.
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Inutile parlare del viaggio. Sarebbe solo una spreco di tempo ed energia. Non che in questo giorno io abbia bruciato molta energia. Insomma, avete afferrato il concetto di viaggio noioso e ripetitivo. Almeno ho avuto la fortuna di capitare vicino ad una ragazza simpatica... impicciona come il ragazzo che mi sono trovata la prima volta, ma comunque simpatica. Abbiamo scambiato qualche chiacchera. Ne più ne meno. E soprattutto io ho cercato di non entrare troppo nei dettagli: posso dire di esserci riuscita, più o meno. Ho mentito su varie cose? Ovvio, ma per uno scopo ben preciso.

 <<Non mento per piacere di farlo>> dico più volte a me stessa, cercando di autoconvincermi sul quanto detto prima... ma proprio non ci riuscivo. Avevo cominciato a vivere solo di bugie: da una parte era conveniente. Mi faceva addirittura comodo, oltre a farmi sentire potente, in un modo o nell'altro. <<Continuo a farlo perché non ho ancora avuto modo di provare il dolore di essere traditi>> continuo sempre a me stessa. Più continuavo a parlare con me stessa, più mi convincevo di essere solamente una stupida ragazza che sta affrontando delle stupide voci interne. Il problema è che queste voci mi dicono ciascuna qualcosa di diverso.

 Stavo aspettando il taxi ormai da mezz'ora. Nessuna traccia delle vettura che avevo chiamato. In aggiunta tirava anche un venticello non troppo forte, ma lasciava la scia del suo passaggio fra i miei capelli. Siccome però era mattina presto, non potevo di certo aspettarmi un raggiante sole proprio in mezzo al cielo. Poi qui in California è così poco prevedibile che non ti viene da crederci. Sbuffai leggermente seccata, andandomi a sedere su una panchina, col telefono impugnato dalla mano destra. Sembrava che al suo posto avessi a gran lunga un coltello da cucina. Però il "sembrava" lo avevo notato solo, dal momento che sul marciapiede passava una persona ogni morte di papa. 

Ad essere sincera non ho mai visto Los Angeles così vuota in tutta la mia vita. Lo strato di nebbiolina che c'era metteva ancora più tranquillità. Inspiravi l'aria freddolina e sentivi come se non fossi mai stata in una città così affollata. Sembrava quasi di respirare aria pulita di montagna.

In sostanza... la solitudine è il mio punto di forza. Poi però, involontariamente, faccio mente locale anche a Dylan. Quel bugiardo e dannato mi ha cambiata totalmente. Ancora non riesco perfettamente a comprendere se il cambiamento sia uno giusto o sbagliato, ma so che ha fatto qualcosa. Me lo sento. Appena vedo il suo sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi stupidi e cupi, mi viene la pelle d'oca. Non so come esprimermi. Per farla breve... forse provo qualcosa per il signor O'Brien.

Mi risvegliai dai miei pensieri filosofici quando un clacson suonò. A primo impatto mi girai da entrambi i lati per vedere se fosse di qualcun altro, ma non notando nessuno capii fosse il mio fottutissimo taxi.

<<ce ne ha messo di tempo>> dissi ridacchiando, sedendomi sul posto accanto al guidatore e mantenendo sempre il mio solito tono distaccato ma educato. <<certo signorina Rapp>> rispose lui di rimando. Stropicciai un po' gli occhi, ma non aggiunsi altro. Come fa a sapere il mio nome? Domanda che mi tormenta per letteralmente tutto il viaggio. Appena gli ho dato le indicazioni del pub mi sono ammutolita, come se avessi una zip alla bocca. Mi sentivo leggermente a disagio.


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<<la ringrazio>> dissi titubante, finendo per prendere il bagaglio dal retro della macchina, e allontanarmi dal veicolo il più presto possibile. Che gente strana che può esistere. Quell'uomo era anche particolarmente inquietante: insomma, ammettiamolo, una persona che ti guarda con fare insistente non può dicerto portare nulla di buono... dico bene? Scaccia come una mosca il pensiero che mi affliggeva e andai a bussare alla porta: purtroppo non abbi nessuna risposta. Menomale che dovevano essere tutti qua, escludendo Dylan, che per colpa mia sta passando un periodo non troppo piacevole. 

Bussai insistentemente più volte, senza però avere successo a nessuna di queste. Appoggiai la fronte sul vetro umido. Avevo solo voglia di entrare dentro, per evitare di morire congelata.

<<michi?>> disse una voce alle mie spalle, che non fece altro che spaventarmi. <<per fortuna sei tornata>> continuò il ragazzo, venendomi incontro. Era successo tutti così in fretta. Dylan quasi in galera (per una sciocchezza). Io fra le braccia di Shawn senza un motivo ben preciso. Il distaccamento tra me e Thomas. Il far evadere il padre di Dylan. Kiara all'ospedale. In pratica tutte cose che avrei voluto solo vedere nei film, non di certo viverle sulla mia pelle. Ne tanto meno in prima persona. 

<<dov'è Dylan>> chiesi senza calcolare di striscio il suo affetto: per quanto avrei anche io voluto abbracciarlo, quello non era il momento opportuno. Per lo meno una parte di affermava ciò.

<<oh si>> e si grattò la nuca <<vieni, ti ci porto>> mi disse e io annuì decisa: mi prese sotto braccio, pur senza avere il mio consenso, e mi accompagnò finalmente da Dylan. Era alla centrale.

Non so se avete presente quella piccola "prigione" che c'è in qualsiasi centrale, per eventuali avvenimenti. Era proprio là, dietro alle sbarre di ferro, con le mani fra i capelli arruffati. Potevo vedere il suo malessere ad un miglio di distanza. Il mio sguardo si scontrò con il suo, provocandogli una scintilla. In ogni caso, pur sforzandosi di fare il meglio, aveva comunque un'espressione aspra e tetra. Era stanco e non si reggeva più in piedi. Non sono a conoscenza di quello che gli hanno fatto, ma la sua situazione non premetteva nulla di buono. Devo essere sincera.

Tirai un'ultima occhiata al moro, prima di parlare al poliziotto <<buongiorno>> salutai, deglutendo rumorosamente <<vorrei riprendere sotto custodia, se così si può dire, Dylan O'Brien>> sussurrai.

L'uomo davanti al computer, aspettò vari secondi prima di parlare, per fare eventuali ricerche <<che tratti di parentela ha con il soggetto?>> chiese e io rimasi spiazzata. Non avevo pensato a questo. A dirla tutta, tutto si dimostrava più difficile, in quanto lo sguardo del ragazzo non facesse altro che seguire ogni singola e infernale mossa che facevo, o che per lo meno cercavo di fare.

Shawn, notandomi titubante, improvvisò <<siamo i fratelli maggiori>>. Cercai di contenermi ad ogni costo. Per quanto l'impresa fosse stata difficile, a mento alto dico di esserci riuscita. L'uomo annuì e ci fece cenno di andare. Impallidii leggermente, ma senza farlo notare. Da come so io, avrebbe dovuto chiederci i documenti e varie informazioni: ma, come si dice, meno è meglio è... 

Non penso il proverbio sia così ma avete capito il senso. Una decina di minuti dopo, se non poco più, ci ritrovammo a sostenere al difuori della struttura il ragazzino... che da quando ci siamo conosciuti ha fatto solo che mentire... come d'altronde ho fatto io.


*eccomi. A volte mi manca ispirazioni. Sta sera invece ne avevo anche abbastanza. Essendo molto tardi andrò a ricontrollarlo domani. Comunque devo decisamente fare una revisione di questa storia perchè scrive meglio un bambino delle elementari:>. Con questo capitolo vi auguro la buona notte:)*

SCUSATE PER L'ORA ME è L'UNICA PARTE DELLA GIORNATA NELLA QUALE POSSO STARE TRANQUILLAAAA




Laugh now Cry Later || Dylan O'Brien ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora