𝟙𝟟

1.6K 71 16
                                    

La giornata passó con molta tranquillità: non ho più visto Dylan da sta stamattina e penso sia meglio così, mi salvo dall'imbarazzo assicurato, soprattutto dopo prima.

Guardai l'orologio al polso e sbuffai, notando l'ora: ero agli sgoccioli, dovevo purtroppo prepararmi per andare di sotto e svolgere la mia solita serata.

Presi il grembiule che era sulla sedia a dondolo e uscí dalla stanza.
Notando Thomas a pochi metri da me accelerai il passo: stava bussando alla porta di Dylan.

<<Thommy! Che ci fai qu?>> chiesi affiancandomi a lui, camminando in modo sincronizzato verso il bar.

<<cercavo Dylan>> disse osservando i suoi mocassini in pelle <<ma non lo trovo>>

<<fai meglio a non cercarlo, un migliore amico così fa schifo>> dissi ridendo dandogli una gomitata, sperando di farlo ridere, in un modo o nell'altro. <<ok scusa>> dissi dopo poco, pentita.

Lui stava zitto e questa cosa mi innervosiva moltissimo, oltre a farmi sentire una persona stupida.
<<thommy posso sapere cosa ti prende? Potremmo risolverla>> dissi mettendogli una mano sul petto, per fermalo: la fissó per vari secondi e arricciando il naso, la tolsi

Scoppió: <<mi va tutto male
capisci?>>

<<tu mi dai palo, perdo i miei unici due migliori amici, mia madre sta male e non so... non so dove lasciare i gatti>> disse sospirando mettendosi le mani fra i capelli: sinceramente l'unica cosa che avrei voluto fare in quel momento sarebbe stata quella di ridere divertita dalla situazione di non saper dove lasciare i gatti.

<<dove abita tua madre?>> chiesi io guardando dritto e appoggiando le mani ad una sedia, aspettando che il locale si riempia <<a un centinaio di chilometri da qua>>

<<allora ascoltami bene, lasciami le chiavi di casa ok? Tu vai da tua mamma, non perdere gli ultimi attimi con lei per colpa di dei stupidì
animali!>> ammisi dandogli una pacca sulla spalla <<fidati di me, io me ne pento ancora oggi>>

Lo vedi aprire bocca ma si fermò, come se avesse capito di non dover dire quella determinata cosa: <<veramente lo faresti?>> e sorrise, passando il suo sguardo da un'occhio all'altro <<certo cretino, ora vai!>>: gli diedi una leggera pastina sulla nuca e lui, ridendo mi passò le chiavi, scappando via di corsa.

Piccolo problema: non ho una macchina.  Vale a dire che i suoi gatti moriranno di fame, BENE!

Le misi nel taschino e mi sedetti su un'altro sgabello, là accanto al palco: ad osservare i soliti ragazzi e ragazze entrare per passare una delle solite serate movimentate.

«chissà come si sente Dylan a convivere con una persona che gli ha mandato il padre in carcere... si vorrà vendicare? In fondo sta male? Sente la sua mancanza?» sono tutte domande che mi frullano in testa da quando l'ho visto e conosciuto.

Mi sembrava una persona apposto ma non lo é per nulla.
Sarebbe bello vederlo sorridere per una volta.
E non parlo di quei sorrisi falsi, ma di quelli veri.

La cosa che mi pesa di più sulla coscienza è il fatto che io sappia la verità della questione, dell'omicidio.
Purtroppo le cose le sa bene pure lui.
Penso che, se l'avessi vissuta io, la  cosa mi avrebbe distrutta.
Mi distruggerebbe totalmente sapere che mio padre sia innocente e che per colpa di qualcuno ora lui sia in carcere.

Non so cosa si provi a fare ciò, ma so che è doloroso.

<<ci sei?>> mi disse qualcuno sventolandomi la mano davanti al viso: feci un balzello, coprendomi gli occhi.

<<oddio scusami>> dissi rivolgendomi a Dylan, che mi squadrava con sguardo impassibile.

<<c'è la fila, muoviti!>> sbraitò lui e io lo guardai schifata: arricciai la bocca alzando le sopracciglia e me ne andai.

SKIP TIME

Con gli occhi semi chiusi aspettavo che le persone andassero via e che nel pub ci rimanesse solo il pavimento sporco da pulire.

Mi stroppicciai gli occhi assonnata e mi rimisi composta: la musica era ancora tanto forte e le mie povere orecchie chiedevano di smetterla ormai da ore.

<<ei amico, sono le 3:43, dobbiamo chiudere>> dissi picchiettando il dito sull'orologio al polso <<mi senti?>> chiesi dopo poco insistentemente.

<<voglio parlare con il mio caro Dylan>> disse e appena si girò sbiancai: Allen Wright (per chi non se lo ricordasse é il criminale che Micol ha salvato al posto del padre di Dylan)

<<Allen che minchia fai qua?>> dissi sorpassando il bancone, arrivando a meno di un metro da lui.

<<l'ho detto, voglio scambiare solo due chicchere con il tuo amico>> disse sorridendo innocentemente, ma sapevo che non era la verità: se lo avesse preso chissà cosa sarebbe successo.

<<non c'è>> dissi facendo spallucce <<ora vai, prima che chiami la polizia>>

<<mh, vedo che non sei cambiata per niente eh>> disse roteando gli
occhi <<faresti meglio a trovarlo sennò farò come ho fatto con suo zio... e tu dovrai difendermi>> disse puntando un dito contro per poi sistemare il colletto della camicia bianca che aveva addosso.

<<Allen io non lavora più la>> dissi e sorrise <<oh si che ci lavori, John te lo fa solo credere>>

Rimasi ferma zitta a pensare, osservando il ragazzo biondo uscire dalla porta vetrata.

Allen non è brutto, è assai un ragazzo carino, ma la sua vita lo ha portato alla rovina: povero ragazzo.
È biondo.
Con gli occhi azzurri e un naso a dir poco perfetto.
Lo conosco, anche da molto purtroppo, ma l'ho sempre emarginato dalla mia vita.

Tossíi leggermente, per togliere quel groppo che mi si era creato in gola e presi la scopa per pulire il pavimento....

Nel vederlo qualcosa era suscitato in me... i ricordi.
Anche dei rimorsi a dire il vero...

Laugh now Cry Later || Dylan O'Brien ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora