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Appena tornata dall'ospedale. Visita a dir poco dolorosa. Ho anche avuto modo di litigare con mio padre: è riuscito a mettere in mezzo il mio lavoro e le notizie che girano sul mio conto. Ho sempre pensato un'unica cosa in tutta la mia vita: penso sia stata sempre una specie di subordinazione verso i comandi di mio padre, se non peggio. Ero costretta a stare a casa per colpa delle paranoie di mia madre e, se tante le volte uscivo, avevo l'obbligo di vestirmi in determinati modi. Malgrado io abbia passato una vita non perfetta, SO che mi vogliono bene.

<<quello è troppo scollato, non va bene>>

<<quella gonna è troppo corta>>
<<se per colpa di questa maglia ti fischiano o ti urlano per strada non venire a piangere, li hai provocati>>

In quel periodo consideravo casa mia ormai più come una prigione che come una "reggia" dove stare al sicuro, fra le braccia dei propri genitori. A lungo andare ho anche rivalutato tutte le negazioni avute durante la vita con loro e sono arrivata a pensare che volevano solo il mio bene. Forse non volevano rifare lo stesso errore un'altra volta. Hanno usato metodi troppo severi? Questo sì, molto probabile. Ma è solo grazie a loro se ora sono così.

Ero appena tornata alla mia vecchia casa: non era cambiata molto... mancava solo l'aria festaiola che dava la mamma non appena mi passava accanto. Era sempre felice. Tolsi le scarpe, come mi hanno sempre insegnato, e corsi subito in camera mia, senza pensare ad altro: quando me ne sono andata, i miei mi hanno giurato di non cambiare di una virgola la stanza, di lasciarla come hai vecchi tempi... e fu proprio così. I poster attaccati al muro. I miei stupidi disegni posti in un angolino della camera. Il mio letto a castello. Era tutto esattamente come prima. Mi buttai sul letto a pancia in giù, con un senso di nostalgia immenso: me ne approfitta per risentire l'odore di casa, l'odore di bambino. In queste circostanze avrei preferito non mettere piede in questa casa... ma il dovere chiama. Sospirai, rifacendomi la crocchia e, con dei scatti di felicità, mossi le gambe. Come una bambina piccola.

Odiavo essere felice o odio tutt'ora farlo: dopo questi bei minuti, passati a sorridere, torna la malinconia. Per lo meno io il mondo lo vedo così. Ricordatevi: il mondo non è mai grigio... o è nero o è bianco. Non esiste una via di mezzo.

Mi tirai su, sistemandomi i vestiti pieni di grinze e feci un giro per perlustrare qualsiasi cosa che avevo davanti gli occhi. Non immaginate che vuoto vedere le foto di me bambina. I ricordi fanno male.

Non appena presi una boccetta di vetro in mano, il telefono che avevo lasciato sul letto cominciò a squillare, facendomi prendere paura: inutile dire che l'ampolla che avevo in mano mi volò via, rompendosi a terra in mille pezzi. Un dejavu mi passò per la mente: non realizzai il tutto però. Lo scacciai velocemente con una mano e mi affrettai a rispondere.

<<eii Shawn>> dissi sorridendo, buttandomi nuovamente su letto.

<<dove sei?>> chiese quasi preoccupato <<Dylan è andato dal Mr John, pensando fossi la>>

<<e quindi?>> chiesi senza capire dove volesse andare a parare <<Cogliona, è entrato in casa sua e lo ha beccato! Ora siamo in riformatorio, aspettiamo notizie...>> sussurrò il ragazzo a denti stretti. Non potei che spalancare gli occhi <<in riformatorio?! Ma dylan ha più di 22...>> dissi sperandoci.

<<ne ha meno?!>> chiesi in tono sentenzioso, non sentendo una risposta da parte dell'amico <<oh andiamo?! Mi ha detto che ne aveva più di 24!>> urlai. Avrei voluto solo fare una cosa in questo momento: strangolarlo con le mie mani.

<<e che cosa dovrei fare?>> sospirai, cercando di calmarmi <<devi venire qua... dimmi dove sei che ti passo a prendere>> replicò Shawn. Effettivamente non avevo avvertito nessuno, non potevano sapere che io fossi tornata a casa.

<<shawn non puoi passarmi a prendere>> sussurrai con un filo di voce: lo sentii ridacchiare <<dai su, muoviti, dimmi dove sei ahaah>> continuò, pensando stessi scherzando.

<<sono tornata in Italia>> buttai giù di un colpo, augurando alla me del futuro di non ottenere una di quelle scenate da due soldi <<c-che cosa?!>> sbraitò lui, sentendo nella sua voce un lieve senso di disperazione <<perchè non ce lo hai detto? Perchè non lo hai detto almeno a me!>>

Mi aveva spiazzata, lasciata senza scuse da utilizzare: avrei dovuto dire la verità prima o poi... giusto?

<<sono tornata in Italia... dai miei genitori>> sospirai <<mia madre è caduta e i dottori non sanno cosa fare>>. Sentii la conversazione chiudersi di colpo: mi aveva chiuso in faccia. Rimasi sbigottita, ma nonostante ciò cercai in modo ostinato di richiamarlo. Ci provai almeno una decina di volte, se non di più, ma non voleva più saperne nulla. Brava Micol, un'altra cazzata fatta.

Urlai dalla disperazione, stringendomi i capelli. Il culmine della mia sopportazione, per quanto io non lo abbia dimostrato fino ad adesso, era già traboccato da molto tempo. Negavo solo l'accaduto, ma sapevo che questo periodo sarebbe arrivato prima o poi.

<<Micol tutto bene?>> chiese mio padre, facendo capolino dritto in camera mia <<se ti dicessi di no mi ascolteresti?>> riparlai, cercando una risposta nei suoi scuri e torvi occhi. In mia risposta, sospirò con una leggera indulgenza, mettendosi a sedere vicino a me <<anche se non sono stato un buon padre... sarò vicino a te fino alla morte>>.

Così dicendo confermò i pensieri che mi tormentavano da anni. Sorrisi tiratamente: cercai di spiegare l'accaduto ma lui mi precedette <<e so cosa è successo... sono padre di una avvocatessa magnifica, come faccio a non conoscere i genitori del tuo caro Thommy>> disse ridacchiando <<quel biondino è sempre stato un mammone troppo debole per avere un amico come il figlio del signore O'Brien>> ammise lui assottigliando le labbra, pensandoci un po' su.

<<quindi sai anche che ho mandato in prigione suo padre?>> chiesi prendendo aria e lui annuì senza pensarci due volte <<ma sono sicuro che quel ragazzo ti ami più di qualunque cosa>>

Sorrise dandomi delle pacche sulla spalla <<quindi mia cara Micol, faresti meglio ad alzare quel sedere da questo benedetto letto arrugginito e andare a salvare il tuo fidanzatino>> disse ridacchiando <<la mamma sta avendo dei miglioramenti... tu non ti preoccupare>>

Mi buttai in piedi dalla gioia, correndo ad abbracciarlo come non avessi mai fatto. Mi è sempre mancato questo rapporto tra padre e figlia. Presi le borse in braccio come meglio potevo, e scappai via, per la seconda volta, verso la mia vera casa.

<<sto arrivando Dylan...>> dissi fra me e me prima di uscire definitivamente dall'appartamento.


*im back... spero vi piacciaaaaa aaaa. Questo capitolo è stato un po' il "diario segreto" di Micol. Dal prossimo spero di portare capitolo molto più centrati su Dylan, Micol e tutti gli altri amici.
Ditemi cosa ne pensate:)*

Laugh now Cry Later || Dylan O'Brien ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora