"Entrate e fate piano, sta ancora dormendo" - parlò a voce bassa mia nonna.
Alla nostra mancata risposta decise di mettere su il caffè, mentre noi poggiammo il vassoio di cornetti caldi sul tavolo e ci sedemmo.
"Ma che si vede tanto che a breve compio 30 anni?" - chiese ironicamente Gionata, togliendo gli occhiali da sole.
"Sembra abbiate fumato dieci spinelli! Che avete combinato?" - domandò mia nonna, guardandoci storto.
Alla parola spinelli io e Gionata scoppiammo a ridere.
"No, nonna, solo alcool, ma siamo super stanchi" - le spiegai, ridendo.
Alle nostre spalle i passi leggeri di Grace ci fecero capire che si fosse svegliata.
"Guten Morgen!" - esclamò contenta, sedendosi a tavolo e afferrando con voracità il cornetto alla Nutella.
"Lo vuoi il succo, bella di nonna?" - le domandò dolcemente.
La scena era comica perché la nonna era una donna rigida, una di quelle borghesi che paiono senza cuore, e vederla così emozionata e coinvolta con Grace mi strappava un sorriso.
Pochi squilli della suoneria predefinita dell'iPhone risuonarono prima che Gionata prontamente rispondasse.
Subito contrasse i muscoli facciali, apparendo corrucciato e interdetto.
"Elia, stai calmo. Ti passo il contatto di uno dei migliori avvocati, torno in giornata, il tempo di organizzarmi. Ciao, sì, ciao" - pronunciò una frase dopo l'altra, facendomi preoccupare.
"Che succede?" - lo guardai allarmata.
"Vieni" - mi invitò a seguirlo sotto lo sguardo sospetto di mia nonna e quello curioso di Grace.
Entrati nella camera dove nostra figlia aveva passato la notte, Gionata si chiuse la porta alle spalle e iniziò a spiegare.
"Ieri Elia ha dato una festa e per il troppo chiasso i vicini hanno chiamato i carabinieri con l'accusa di disturbo della quiete pubblica e una volta entrati hanno trovato sostanze stupefacenti. È stato trattenuto tutta la notte e nel frattempo gli agenti hanno ottenuto un mandato di perquisizione da cui è emersa la presenza di 100 grammi di hashish e marijuana e 12mila euro in contanti. Sospettano che il denaro derivi dallo spaccio delle sostanze."- la frustrazione nella sua voce non era difficile da intercettare e mi metteva tristezza.
"Mi dispiace ma dobbiamo partire in mattinata e non più stanotte"- si scusò rammaricato.
Gli presi le mani, per tranquillizzarlo.
"Non ti preoccupare, per il tuo compleanno ci rivediamo. Tornerò sicuramente a Milano."
Lui annuì e tornò da Grace per avvisarla.
"Ma io volevo andare a scuola con mamma!" - si lamentò con la sua solita vocina.
"Amore, la partenza è anticipata di qualche ora soltanto, la mamma non va a scuola di domenica."- le spiegò pazientemente Gionata che si era abbassato alla sua altezza per guardarla negli occhi.
"E va bene" - cantilenò lei- "Quando ci vedremo ci sarà anche lo zio Luca?" - domandò ingenuamente.
"Amore, non si può sapere cosa accadrà da qui a un mese. Era simpatica la ragazza con cui era la scorsa settimana?" - le domandai, approfittando dell'occasione.
"Si, mamma! È sua cugina Carmen, mi faceva morire dal ridere, parlava strano" - scoppiò a ridere, probabilmente al ricordo e le carezzai il viso, sorridendole di rimando.
Sorridevo sicuramente anche perché si trattava della cugina di Luca e non di una escort.
Nel giro di un'ora Gionata e mia figlia avevano lasciato l'appartamento e poi erano passati in hotel per raccogliere le ultime cose lasciate lì da Gionata durante la notte.
Tornata a casa e chiusa la porta della stanza di Fede, telefonai mia madre spiegandole a grandi linee cosa era successo a Elia.
"Tu puoi assisterlo?" - le domandai speranzosa.
"Eh amore di mamma, io potrei, dipende dalla sua volontà e dal suo grado di collaborazione nel dirmi la verità" - mi spiegò pazientemente e riuscii a immaginarla perfettamente mentre spostava da una parte all'altra le scartoffie sulla scrivania, mentre teneva il telefono tra la spalla e l'orecchio.
"Allora ci parlo e nel caso do il tuo numero. Grazie mille, mamma" - le fui riconoscente, anche se il mio entusiasmo fu leggermente smorzato dalle sue domande a cui risposi in modo piuttosto evasivo. Poi ci salutammo.
Telefonai in fretta Dref.
"Ciao Elo, sono Greta, ho saputo e volevo-" - partii in quarta ma una voce che non apparteneva a lui mi fermò.
E per qualche secondo si bloccarono anche i battiti del mio cuore.
"Sono Luca" - la voce piatta, senza emozioni.
Tacqui; cosa avrei dovuto dire? Che l'avrei riconosciuta la sua voce anche in mezzo a dei botti?
"Devi dire qualcosa a Elia? Fai in fretta perché devo chiudere" - avvertí scocciato. 'Sto pezzo di merda. Ma cosa cazzo gli avevo fatto per farlo reagire in questo modo?
"Sì, voglio sapere se è d'accordo ad essere rappresentato in tribunale da mia madre. Nient'altro. Ho bisogno di parlare con lui" - gli spiegai, freddamente, senza troppi fronzoli.
"Ci serve tuo padre, Greta" - sospirò.
"Luca? Stai bene?" - chiesi, addolcendomi e preoccupandomi.
"Sì, sono solo molto stanco. Comunque niente che ti riguardi."
Deglutii. Iniziavo a comprendere perché tutti lo etichettavano come uno stronzo, quando per me era solo un bravo ragazzo e anche sottone. Decideva di essere buono e tranquillo con me, anche se non comprendevo il motivo del suo repentino cambiamento.
Non avevo nemmeno il coraggio di chiedere spiegazioni. Mi si bloccava il fiato al solo pensiero.
Poggiai i gomiti al marmo della cucina, mentre con una mano mi reggevo la testa e massaggiavo la tempia. Il nervosismo mi stava facendo girare la testa.
"Cosa vuoi da mio padre?" - domandai, prendendo finalmente parola.
"Lui è un carabiniere. Lui è l'uomo che ci serve" - pretese.
"Non so, tutti voi non ci parlate con le «guardie», o mi sbaglio? Mando il contatto di mia madre sul cellulare di Dref."- chiusi velocemente la chiamata.
Sbuffai rumorosamente passando una mano tra i capelli.
"Pisché, come mai sei qui?" - la voce rauca di Federico mi fece voltare.
Pantaloni del pigiama e petto nudo. Occhi e labbra gonfi, la voce impastata dal sonno. Si diresse verso il frigo per bere dell'acqua.
"Buongiorno" - sorrisi, notando l'orario all'orologio da polso. "Ci sono stati dei problemi a Milano, quindi Gio e Grace sono andati via prima"- gli spiegai, ancora pensierosa.
"Peccato, la volevo conoscere la bambina sai" - rivelò venendomi vicino e imitando la mia posizione, abbassandosi anche lui all'altezza della penisola dove si poggio con gli avambracci.
"Come stai... dopo ieri? Tutto okay?" - tastò il terreno.
Appariva irrigidito come suggeriva la mascella contratta e le dita che giocavano tra loro nell'attesa di una risposta.
"Certo Fede, ero totalmente lucida. Anzi, sono contenta. Tu, tutto okay? Qualche pentimento?" - domandai, per assicurarmi che la vita da amici e coinquilini non venisse compromessa.
Temevo, comunque, la risposta. Non ci voleva nessun'altra brutta notizia. Mi stavo stancando delle emozioni negative e volevo uscirne. Iniziare un'altra fase. Magari trasferirmi per sempre a Roma e lasciarmi alle spalle tutto ciò che era stato nella mia città natale, che fosse stato positivo o negativo, conservandone gli insegnamenti.
Tuttavia, non ero pronta. La domanda di Federico mi aveva lasciata non poco interdetta e mi aveva portato a riflettere. Sicuramente sarei stata sovrappensiero tutto il giorno anche senza darlo troppo a vedere, perché avrebbe significato affrontare ad alta voce l'argomento.
Fuggire certamente non sarebbe stata la soluzione, ma poteva essere un modo per temporeggiare.
Magari fingendo che tutto fosse okay mi sarei abituata e sarebbe andato per davvero tutto per il verso giusto.
"Assolutamente no. L'unico pentimento che ho è averti promesso che sarei venuto con te a fare la spesa" - si lamentò come al solito, abbracciandomi da dietro e poggiando il mento sulla mia spalla, mentre baciava il collo.
Risi alle sue parole e mi divincolai, girandomi e tornando in posizione eretta. Misi le mani sul suo viso, accrezzandogli le guance con i polpastrelli dei pollici.
"Ormai è fatta, se esci di domenica a fare la spesa i media ti distruggono, andiamo al ristorante" - conclusi, spostando una mano tra suoi capelli mossi.
"Non sono così famoso" - rise, chiudendo gli occhi poiché rilassato al mio tocco. "Mi vesto e andiamo. Invitiamo i ragazzi così cucina Gianni?"
"Inutile anche chiedere" - sorrisi, spostando i palmi sulle spalle e spingendolo appena per intimarlo a prepararsi.
La risata di Federico risuonò nella corsia dei detersivi, mentre sfrecciava col carrello di fianco ad un anziano intento a capire quale fragranza fosse la migliore dopo aver versato i tappi e facendone versare un sorso per aver sussultato al passaggio del ragazzo.
I 511 grigi della Levis gli scendevano sulle gambe, poggiandosi sulle scarpe, delle Air Force nere, per cui lo prendevo sempre in giro. «Solo gli infami le indossano nere»; lui si offendeva sempre come la prima volta.
"Greta, vieni, corri!" - mi intimò a stare al passo.
Corsi e lo presi a braccetto, avvicinandomi a lui e accoccolandomi alla sua spalla.
Abbassai gli occhi sul carrello:"Ma quanta birra hai preso Fede!" - lo rimproverai- "Non ci fanno passare alla cassa!"
"Tu lascia fare a me: vengo sempre qui" - mi tranquillizzò, ridendo.
"Appunto per questo! Ti avranno preso per alcolizzato Franchí" - mi arrabbiai, allontanandomi da lui.
"«Franchí»? Mi hai chiamato «Franchí»? Guarda che nascondo tutti i dolci che abbiamo in casa" - mi minacciò, passando i prodotti alla cassiera.
"Che grande minaccia! Come se non possa comprarli da sola" - gli feci il verso, spintonandolo.
Perse l'equilibrio, con le buste in mano.
Al volante, mentre canticchiava - forse qualcosa di suo, di inedito - mi sorprese.
Dalla tasca prese un lecca-lecca.
Incrociati il suo sguardo nello specchio retrovisore.
"Così giochi sporco" - lo rimproverai, ma carezzandogli la mano che aveva spostato dal cambio alla mia coscia."Stasera esce il mixtape di Tedua, sicuro sarà una bomba" - aprí l'argomento Piero, mentre eravamo a tavola a pranzare tutti insieme.
"Avrei voluto essere a Milano, sicuramente faranno un release party" - bevvi un bicchiere di vino.
"Vabbe, alla fine lo puoi sentire al telefono, no? Non è lo stesso ma è qualcosa" - suggerì Franco.
La compagnia dei ragazzi fu terapeutica, ci divertimmo un sacco a parlare di tutto e di niente. A prenderci in giro e a prenderci sul serio.
E la contentezza rimase fin quando a mezzanotte, sola nel bagno, non decisi di ascoltare la nuova uscita di Mario.
C'erano tutti i ragazzi nei featuring, eccetto Sfera che preservava la sua collaborazione ad un album o semplicemente era troppo impegnato sul suo lavoro.
E c'era anche Luca.
Partii dalla loro traccia."Non volevo del male, io cercavo solo bene"
Era ciò che anche io volevo, ma forse non ci appartiene la coerenza"Il rumore del mare quando fumavamo insieme"
Questa frase urlava i nostri nomi, parlava delle nostre prime uscite da fidanzati, al mare tutti insieme."Tu credi che ti mento, zero scuse, con le mani in testa
Puoi far finta, siamo nulla e siamo tutto, ma che storia è questa?"
A chi si stava rivolgendo? Gli avevo sempre creduto, gli avevo sempre voluto bene e dato fiducia. Sempre. E non ero stata io a fare finta, evitavo l'argomento, ma solo perché era stato lui il primo a far finta, far finta che io non esistessi solo per qualche chilometro a separarci."Il mio amico rischia solo per sua figlia
Prenderò il mondo per te e per la mia bimba
Faccio un respiro, poi aspetto quel momento
Noi siamo giovani, ma cresciuti presto."
Le lacrime iniziarono a scendere; erano calde, bollenti. Aveva bisogno di respirare? Di riflettere? Non sapevo se lo avrei aspettato, francamente. E non poteva parlare di me e della "sua" bimba.
Non c'era coerenza nelle sue parole, come poteva pensare di tenersi stretta me e Grace se voleva vivere la sua gioventù perché era cresciuto in fretta?"Non è colpa mia
Scusa, baby, baby, non è colpa mia"
Era un messaggio subliminale? Mi stava dicendo che era l'FBI che lo costringeva a fare lo stronzo? Ad avermi lasciato, abbandonata a me stessa."Non ho niente se non mi ami
Per me, permettimi di dire che io e te siam la stessa cosa
E potremmo dirci: "Ciao" come: "Addio"
Non mi interessa, abbiamo fatto la guerra
Andiamo via dalla merda, siamo l'unica droga
Mi han detto che un ricordo più lo pensi più sbiadisce
Come scontrini o le fotografie"
Mario con la sua strofa rincarò la dose, facendomi veramente sentire uno straccio. Nemmeno io sentivo di avere niente se non avevo Luca e il suo amore. Anche noi dovevamo uscire dalla merda, perché saremmo stati pronti a combattere la guerra. Eravamo più forti di quanto stavamo dimostrando. Eppure, forse, non dovevo più pensarci. Non dovevo più continuare a rimuginare, per non modificare i ricordi belli e farlo diventare pessimi, indesiderati"Non è colpa mia". Ripeté.
La confusione regnava sovrana.
"Greta? Vado a dormire" - mi avvisò Federico.
Questa notte senz'altro avremmo dormito separati.
Scrissi a Lollo un semplice "Lorenzo", lui avrebbe capito.
A Mario invece scrissi un "Mario, cristo... Domani dobbiamo parlare".
Mi guardai allo specchio, gli occhi arrossati come la pelle di tutto il viso, a causa della rabbia.
Probabilmente avrei passato tutta la notte a riascoltarla, per capire. Ne avevo bisogno.14/02/2021
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Ne è valsa la pena - Capo Plaza
Fanfiction#4 in sferaebbasta e #3 in capoplaza il 23/04/2021 Greta e Gionata sono diventati migliori amici quando avevano solo pochi anni e il loro rapporto non ha mai smesso di essere affiatato. Quando il loro più grande segreto non può più essere custodito...