Mi voltai verso l'orologio mentre mettevo gli orecchini, le 18.
"Gio, hai finito?"- urlai per farmi sentire.
"Sì!"- urlò di rimando.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio passando le mani sul mio vestito nero. Presi un gran respiro e poi aprii la porta d'ingresso.
Gionata attivò il sistema di sicurezza e poi chiuse la porta a chiave.
Nel frattempo prenotai l'ascensore per accedere al parcheggio sotterraneo e, una volta entrati, mi soffermai a guardare le nostre figure.
Gionata indossava una camicia a righe sottili bianche e blu, lo stesso blu dei suoi pantaloni. Aveva dei mocassini indubbiamente griffati e un borsello elegante di Gucci.
"Viè qua, ti sistemo la camicia"- ridacchiai, maneggiando il collo della camicia.
Si avvicinò e poi mise le sue grandi mani sui miei fianchi. Iniziai a sentirmi osservata e alzai lo sguardo. Si abbassò alla mia altezza e fece combaciare le nostre fronti.
"Andrà alla grande"- sussurrò, lasciandomi poi un bacio sulla guancia.
Arrivati a destinazione, entrammo in macchina e nei tre quarti d'ora successivi parlai al telefono con mia madre e Vale che tenevano attivo il vivavoce, mentre il mio cellulare era collegato all'impianto stereo dell'auto.
Così, io e Gionata potemmo spiegare alle nostre madri cosa ci era accaduto il giorno precedente.
Chiudemmo la chiamata solamente quando fummo arrivati all'aeroporto.
Fu così...difficile e stressante, ma andava indubbiamente fatto. Non potevo mica tornare a casa e dirle 'ah si, lei è Grace e mo ce la teniamo qui per un po'.
Le mie dita erano intrecciate saldamente a quelle del mio migliore amico, che con l'altra mano teneva il cellulare fissando la schermata col contatto dell'assistente sociale.
Era nervoso e temeva di non riconoscere né la bambina né l'uomo.
Mi guardai intorno ed ad un certo punto vidi una bambina dai lunghi capelli biondi, fasciata da un vestitino azzurro. Picchiettai il braccio di Gionata per capire se il mio cervello mi stesse ingannando, proponendomi la mia fotocopia ma più giovane di sedici anni.
Il ragazzo annuì per darmi la conferma che non ero pazza.
Gli occhioni della bambina si incastrarono nei miei e prontamente si voltò verso il suo accompagnatore, tirandogli un lembo della giacca. In tutta risposta quest'ultimo le posò una mano sulla schiena, spingendola delicatamente verso noi.
Grace iniziò a correre nella nostra direzione e istintivamente mi accovacciai, portando le mani avanti, pronta a prenderla in braccio.
"Mamma, mamma!" - era così contenta di vedermi che iniziavo a temere il grande sorriso le lacerasse completamente le guance.
La sollevai prontamente e la osservai per bene. Ciao Grace, le sussurrai con la poca voce che riuscii a tirar fuori.
Ad un tratto il suo bel visino fu sfigurato da molteplici lacrime.
Le accarezzai il viso, per calmarla. Anche io volevo tanto piangere, ma dovevo assolutamente trattenermi.
Gionata protese le braccia per averla anche lui un po' per sé.
Grace si stropicciò gli occhi, sbattendo più volte le palpebre e poi prese a disegnare con le dita i lineamenti di Gionata.
Si soffermò sulle labbra, sulla mascella e, arrivata al naso, iniziò a giocherellare con il suo piercing.
"Papà"- Grace si appoggiò sulla spalla di colui che la teneva in braccio, riprendendo a piangere.
"Si Grace sono il tuo papà"- anche Gionata aveva la voce rotta dal pianto.
Le fece di nuovo toccare terra e a quel punto qualcuno si schiarì la voce, scoppiando la bolla che ci eravamo costruiti in quei pochi minuti.
Alzai lo sguardo e tesi la mia mano verso l'uomo, presentandomi.
"Il piacere è mio, mi chiamo Thomas Muller, sono l'assistente sociale che si sta occupando del caso di vostra figlia"- strinse la mano a me e al mio compagno.
Ci spiegò che Monika e Daniel erano ricoverati in ospedale con varie contusioni e che lei era stata in uno stato comatoso per un po' di ore, prima di riprendersi. Non si sapeva bene quando si sarebbero rimessi, ma fino ad allora la cura di Grace era di nostra competenza.
Dopo varie spiegazioni e diversi convenevoli ci dileguammo.
Grace non voleva il gelato e si era ammutolita per un po'. Parlò solo prima si salire in macchina per chiedermi di sedere sui sedili posteriori assieme a lei.
La assecondai e pochi minuti dopo si appisolò sulle mie gambe.
La osservai e sebbene avesse i miei stessi colori era anche molto simile a Gionata: aveva la carnagione chiara, i capelli biondi lunghi e lisci, gli occhi erano nocciola e avevano anche lo stesso taglio asiatico di Gionata, da lui aveva poi preso il naso piccolo e all'insù e le labbra carnose.
Iniziai a passarle le mani tra i capelli, fin quando non capii che si era definitivamente addormentata.
Guardai fuori dal finestrino, osservando il paesaggio in movimento, e poi cercai lo sguardo di Gionata nello specchietto retrovisore.
Ottenni ciò che volevo e notai gli occhi distendersi e il naso arricciarsi, segno che mi stava sorridendo.FATEMI SAPERE. COSA NE PENSATE, DESIDERO SIATE PIÙ ATTIVE E CHE MI.FUATE LA VOSTRA OPINIONE.
INOLTRE, SE NE AVETE L'OCCASIONE CONDIVIDETE QUESTA STORIA CON LE VOSTRE AMICHE, SULLE VOSTRE STORIE O SUI VOSTRI PROFILI, VE NE SAREI DAVVERO GRATA.
A PRESTO, XOXO.
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Ne è valsa la pena - Capo Plaza
Fanfiction#4 in sferaebbasta e #3 in capoplaza il 23/04/2021 Greta e Gionata sono diventati migliori amici quando avevano solo pochi anni e il loro rapporto non ha mai smesso di essere affiatato. Quando il loro più grande segreto non può più essere custodito...