2.

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Tornai dal bagno e mi sedetti a tavola.
La TV ci faceva compagnia e si aprì un piccolo dibattito circa le notizie trasmesse dal telegiornale.
Nozione numero tre: voglio sempre avere ragione e spesso, per il quieto vivere, decido di rimanere in silenzio.
Dopo poco più di venti minuti finimmo di cenare e, in seguito all'aver sparecchiato, mi congedai e andai in stanza.
Avevo più di un'ora a disposizione prima di iniziare a prepararmi per uscire e la utilizzai per organizzare le dispense e i vari appunti che mi sarebbero serviti l'indomani all'università.
La paranoia circa i due esami da preparare per il mese successivo mi assalì e pensai a malincuore di dovermi astenere dalla movida milanese per qualche giorno per prepararmi al meglio.
Immersa nelle mie cose, improvvisamente posai lo sguardo sullo schermo del mio cellulare che si era illuminato a causa di una notifica; la ignorai per concentrarmi sull'orario: le otto e un quarto.
Dio mio! Misi tutto il materiale nello zaino e poi mi posizionai davanti all'armadio con le ante spalancate.
Presi velocemente un paio di jeans a zampa e ci abbinati su una camicetta nera, dello stesso colore dei tacchi che avrei indossato.
In tempo record mi vestii, lavai i denti e poi applicai il mascara e il rossetto, elementi che nel mio make-up non dovevano mai mancare.
Otto e trenta, benissimo.
"Papà" -strillai- "mi accompagni in stazione?"
"Tuo padre sta riposando, Greta"-urlò di rimando mia madre. Non volevo fare ritardo.
Mi precipitai in salone e poi aprii la porta d'ingresso.
Bussai ripetutamente al mio vicino di casa.
Mi aprì con gli occhi che a momenti gli si chiudevano.
"Gionata, scusami davvero per il disturbo ma devi assolutamente accompagnarmi in stazione"- spiegai velocemente.
Fece segno di entrare e io mi voltai verso il mio appartamento per recuperare la borsa e salutare mia madre. Uscii e chiusi la mia porta e dopo quella di Gionata.
Si stava già vestendo. "Grè, dov'è che devi andare?"- la voce ancora impastata dal sonno.
"Devo andare da Erika"
"Se vuoi ti accompagno direttamente lì, tanto dovevo andare a trovare Luca"- propose.
All'udire quel nome feci una smorfia. Lui se ne accorse e ridacchiò.
"Devi semplicemente dargliela e dopo ti lascerà stare. Con me ha funzionato."-fece spallucce.
Mi portai una mano tra i miei boccoli, le sue parole mi avevano leggermente infastidito. "Tu sei quattro anni più grande di me, lui due anni più piccolo. Non ha chance."
"Ma ha venti anni, non fare la donna vissuta. Al minimo ci ricavi una cena, al massimo te lo scopi e ti piace pure."-scossi il capo divertita dalle sue parole.
"Okay, ho finito. Andiamo?"-domandò prendendo le chiavi della macchina.
Annuii e scendemmo. Le otto e quarantacinque, sarei stata puntale, perfetto.
Con il telecomando sbloccò le portiere del mercedes nero e io sedetti a fianco del giudatore.
Sfrecciammo per la strada e mi godetti l'alta velocità, mettendo un braccio fuori dal finestrino.
Io e Gionata ci guardammo sorridenti e complici.
Arrivati, suonammo e prendemmo l'ascensore per arrivare all'attico.
La porta socchiusa venne spalancata, mostrando un Luca steso sul divano con un colorito ancora più pallido del solito.
Si sentiva Erika parlare al telefono in salernitano, probabilmente parlava con sua madre.
"Wè Luca, ti vuole mamma"- solo allora si accorse della nostra presenza. Si schiarì la voce e accantonò il suo accento originale, per poi stringermi in un abbraccio.
"Ciao Gionata"-Si baciarono sulle guance.- "prendiamo le pizze?"- disse staccandosi dal finto rosso.
Dammo l'okay e andai a sedermi sulla poltrona, seguita da Gionata che aveva un sorrisetto stampato sul volto.
Si avvicinò a Luca e lo salutò con una rumorosissima pacca sulla spalla.
"La bukkin 'e mammt"- altrettanto rumorosa fu la mia reazione alle sue parole.
"Me lo dai un bacino? Puoi anche darmi qualcos'altro, magari guarisco"- ammiccò.
"Erika, non potete seriamente essere consanguinei."- sospirai. Quel ragazzo sapeva esasperarmi con poco.
Erika non replicò a causa del campanello che suonò.
Aprì la porta e potei scorgere la figura di Elia.
"Ueee, Komparemaaa. T'apposto Sfera? Ciao Erika, dammi un bacione. Greta, anche tu qui! Ueue Capo, scendo due giorni a Bologna e ti ammali. Oggi dovevamo andare in disco, e invece no."- alla fine mise un finto broncio.
Corsi ad abbracciarlo in tutta la sua altezza. Adoravo quel ragazzo quasi quanto adoravo Gionata. Sprizzava energia da tutti i pori, era gentile con chiunque, pure con i suoi nemici.
Riusciva a strapparti un sorriso in qualsiasi situazione, anche stando zitto, il che era abbastanza plausibile data la sua immagine.
La sua figura snella e slanciata vestiva sempre colorata e aveva i capelli raccolti in dread gialli e rossi, un Piercing tra la gota e le labbra e uno all'estremità del sopracciglio destro.
La prima volta che lo vidi pensai 'che tipo da artistico', la mia tesi fu casualmente confermata molti mesi dopo.
"Non sei l'unico a cui ha rovinato la serata, se può far starti meglio" - sorrisi falsamente di proposito, voltandomi verso Plaza.
Lui spalancò gli occhi:"Non è colpa mia, ma di mia sorella. Poi potresti anche evitare di essere sempre sulle tue, hai seriamente bisogno di andare a letto con qualcuno"- Si giustificò, girando la frittata a suo favore.
Aridaje, pensai, avevo voglia di schiaffeggiarlo.
"Mi propongo io, kompà, ho un letto matrimoniale vuoto per metà"- Elia fece lo sbruffone.
Non sapeva che io non avrei esitato ad accettare la proposta.
Gionata lo capì dal mio sguardo, mi guardò storto e fece un cenno col capo verso Luca.
Poco mi importava di lui. Sapevo come svoltare quella serata. E anche con chi.

Nda: se qualche buon'anima vuole fare pubblicità a questa fanfiction è completamente libera di farlo, così come è libera di commentare con le proprie impressioni iniziali.

Ne è valsa la pena - Capo PlazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora