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Potrebbero esserci errori di battitura, ho troppo sonno per controllare.
Fatemi sapere cosa ne pensate della piega che sta prendendo la storia e se vi piace consigliatela ai vostri lettori oppure ai vostri amici!
Un bacio😘💕

"Ciao"-gridai quando avevo appena un piede dentro casa, ma nessuno mi rispose.
Allora urlai alla ricerca di mia madre o di mio padre: ancora niente.
Ero sola in casa, perfetto.
C'era la tranquillità giusta per studiare in maniera intensiva; di lì a poco avrei dovuto affrontare un esame orale.
Andai in camera, aprii le numerose finestre e usufruii delle tende per non far filtrare la luce e il calore delle tre di un pomeriggio di giugno.
Poggiai la borsa sulla scrivania e ne tirai fuori i libri.
Mi tolsi le scarpe e i calzini, oltre ai jeans e alla maglia che indossavo e rimasi in intimo.
Mi legai i capelli in un tuppo alto e che teneva i capelli tesi come corde di un violino.
Di lì a pochi minuti mi buttai a capo fitto nello studio, che continuò per le successive tre ore.
Mi alzai solo perché necessitavo di idratarmi e, mentre mi stavo dirigendo in cucina per versarmi un bicchiere d'acqua, qualcuno bussò alla porta.
Tornai indietro di pochi centimetri e aprii. Luca, con gli occhi sullo smartphone, aspettava poggiato al muro che fiancheggiava la porta d'ingresso della casa in cui era ospite.
Mi schiarii la voce per attirare l'attenzione. Alzò gli occhi e sentii il suo sguardo bruciare su di me per tutta la mia altezza e per tutti i centimetri di pelle che componevano il mio corpo ancora ricoperto solo dall'intimo. Mi aspettavo mia madre con le mani troppo occupate dalle buste della spesa per poter accedere in casa autonomamente. E invece ancora una volta sarei stata giudicata una poco di buono, nonostante le mie intenzioni fossero fin troppo generose: soccorrere chiunque fosse al di là dell'ingresso blindato, negandomi anche un sorso d'acqua.
Quando le sue iridi incontrarono le mie potei notate la lussuria che lo inibiva nel parlare, perciò lo feci io.
"Dimmi"- gli sorrisi, non volevo essere antipatica con lui tutta la vita e senza motivo.
Vidi il suo pomo d'Adamo muoversi mentre degluitiva, si schiarì la voce e finalmente parlò: "Greta- Si fermò un attimo- non è che potresti prestarci un po' di zucchero? Il caffè amaro non è un granchè". Sorrise appena, poi continuò. "Puoi portarlo da Sfera? Io ho bisogno di andare urgentemente in bagno."
Annuii, poi collegai e abbassai la mia visuale sul cavallo dei suoi pantaloni di tuta.
Risi senza ritegno e gli diedi l'okay.
Benché fosse urgente, quando, giratami nuovamente per andare in cucina, diedi una sbirciatina a Luca, lo trovai intento a fissare il mio lato b.
Aver rinnovato l'abbonamento in palestra per otto anni di fila, da quando ero all'ultimo anno delle medie, dava i suoi frutti.
Presi l'acqua dal frigo e finalmente potei dire "ah seh", dopo presi la zuccheriera e la posai sul mobile più vicino all'uscita e infine andai in camera.
Aprii le ante dell'armadio e dalla gruccia presi un camicione a quadretti celesti e bianchi. Lo infilai e a seguire misi anche un paio di pedalini.
Mi struccai, mi lavai i denti e andai da Gionata, con lo zucchero ovviamente.
"Eddaje, il caffè si è raffreddato nel frattempo"- mi stuzzicò Gion.
"Sì, ciao anche a te amore della mia vita. Com'è andata oggi? Ti è piaciuto interrompere il mio giro sul booster di Elia?"- ironizzai con una smorfia stampata in volto, mentre zuccheravo i caffè.
Lui rise e venne ad abbracciarmi. Era il fratello che non avevo mai avuto.
Eravamo amici fin da bambini: il primo ricordo nitido risale a quando sua mamma, Valentina, lo aveva affidato alla mia per occuparsi tranquillamente della casa; all'incirca avevo due anni e lui quattro. Poi sempre più spesso passavamo del tempo insieme, fino a non volerci più separare.
Siamo stati vicini in qualsiasi situazione: il primo giorno di elementari, quello delle medie, quando è morto suo padre, il primo giorno di superiori, la trasferta di mia sorella fuori dall'Italia, il nuovo compagno della madre e l'arrivo di una sorella, mio padre carabiniere che ci ha trovato nei peggio casini, il mio primo bacio, la prima volta per entrambi consumata insieme, i due anni di differenza che alle superiori pesano, io che scelgo il liceo e lui un istituto, la gelosia per le persone che frequentiamo rispettivamente, la passione per il rap che diventa un lavoro e noi che dopo essere stati compagni di culla ci separiamo per la prima volta, ma solo per chiarire e tornare più uniti di prima per quanto possibile potesse essere.
Rimasi impassibile nell'abbraccio con il vagone di ricordi che faceva fermata nella mia mente.
"Ti amo tanto"- gli sussurrai. Allentò appena la presa per lasciarmi un bacio a stampo senza alcuna importanza. Se ripenso a quando da ragazzina per quei baci ci morivo mi sento veramente stupida.
"Anch'io"- sussurrò, per poi staccarsi definitivamente.
Mi guardai intorno e vidi Dref e Plaza girati di spalle a scrivere rime.
"Raga, giochiamo alla play?"- propose Gion.
Elo mi si avvicinò per la prima volta da quando ero in quella casa.
"Potete giocare voi due, io e lei andiamo in balcone."- decise anche per me, sistemandosi gli occhiali Gucci, che gli tenevano i dreads lontano dagli occhi, sul capo.

Ne è valsa la pena - Capo PlazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora