27.

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Aggiornerò a 20 stelline.

Misi i primi jeans slavati che trovai in armadio, le Air Max bianche e un top.
Andai nuovamente in bagno e lavai i denti, dopodiché tornai in camera per prendere una borsa in cui mettere il portafoglio.
Feci capolino in soggiorno e avvisai di star uscendo.
Mia madre allungò il collo da dietro la poltrona rivolta verso la TV e pronunciò un 'mi raccomando'.
Uscii di casa e feci sosta al distributore selezionando le Camel Blue.
Attesi alla fermata del bus e raggiunsi Luca a casa sua.
Giunta sotto il suo palazzo pensai al fatto che non ci andassi da parecchio sebbene il portiere mi avesse riconosciuta.
Sorrisi cordialmente nonostante non fossi dell'umore e poi tornai alla mia espressione scura.
Presi l'ascensore e giunta a destinazione bussai alla porta già aperta, per educazione.
"Entra Grè, ti ho vista dal balcone"- sentii urlare da una qualche stanza della casa.
Il tempo di girarmi in direzione della voce di Luca e quest'ultimo mi si parò a pochi metri di distanza a petto nudo mentre si tamponava il viso con un asciugamano e ipotizzai si fosse fatto la barba. La situazione sarebbe degenerata di lì a poco.
Mi avvicinai a passo felpato; "Ciao amore"- mi fiondai sulle sue labbra, cogliendolo alla sprovvista tant'è che dapprima non rispose e poi sorrise nel bacio.
La mia lingua sembrava non poter fare a meno di quella di Luca che sapientemente rincorse fino a congiungersi del tutto.
Luca fece scivolare la mia borsa sul divano e lui stesso vi lanciò il pezzo di stoffa.
Ci guardammo negli occhi intensamente e allora mi sollevò da terra, guidando le mie gambe a cingerci il bacino.
Prese a camminare per il corridoio e nel mentre continuammo la nostra opera senza staccare nemmeno un attimo i nostri visi.
Mi sfilò abilmente le scarpe e quando giungemmo nella sua camera mi adagiò sul letto accompagnando dolcemente la mia schiena.
Lo guardai in volto e poi spostai l'attenzione altrove: misi le mani sulla fibbia della sua cintura per poi privarla ai suoi jeans che ben presto abbandonarono le gambe esili ma muscolose di Luca.
Gemetti quando rimase in boxer e spinse il suo bacino contro il mio, prendendo a torturare il mio collo nella tecnica che più adoravo: i succhiotti.
Prese a concentrarsi sul mio petto solo dopo avermi marchiata e ben presto mi sfilò il top.
"Cazzo, lo sapevo che non portavi il reggiseno"- pronunciò con la lussuria negli occhi e al contempo iniziò a dedicarsi al mio petto, cominciando a leccare e succhiare i miei capezzoli avidamente.
Ero tesa come una corda di violino e non potevo attendere ancora per molto di arrivare al succo della questione.
"Luca, sbrigati"- lo supplicai.
Trascinò le ginocchia sul lenzuolo verso il basso e mi svestì di quel che rimaneva. Non ero psicologicamente pronta ad affrontare nuovamente il sesso orale afrodisiaco che mi aveva regalato giorni prima.
Ripresi a baciarlo, non avendone abbastanza e facendo vagare le mie mani per la sua schiena, fino a ribaltare le posizioni e a raggiungere l'elastico dei boxer che l'attimo dopo non aderivano più alla pelle del ragazzo.
Presi a concentrarmi sul suo membro visibilmente pronto per l'amplesso e passai all'azione: lo strinsi tra le mie mani carezzandolo e muovendo entrambi le mani lungo l'asta, per poi farlo entrare in contatto con le mie labbra ormai bramose e fameliche.
Lo sentii agitarsi appena e gemere; alzai il viso in sua direzione fino ad incrociare il suo sguardo.
Spinse il mio volto ancora più vicino al suo sesso e mise una mano attorno al mio collo, quasi a strozzarmi.
Quando stava per venire si sottrasse al mio contatto e mi fece ritornare con la schiena sul materasso.
Divaricò le mie gambe e mi penetrò lentamente, ma appena fu dentro e inizio a spingere sostenni il suo ritmo richiedendo di accelerare.
Io più che gemere ormai ululavo e Luca era un bagno di sudore, le sue mani non si staccavano dai miei seni e non l'avevano fatto per un secondo e io torturavo il suo collo e le sue labbra con le mie, mentre affondavo le unghie nella sua schiena.
Nel momento giusto la rete del letto smise di cigolare e la spalliera di sbattere il suo muro che forse aveva bisogno di un nuovo intonaco.
Rimase ancora dentro di me, spalmandosi completamente su di me e istintivamente lo abbracciai più forte che potei.
"Dai, raccontami tutto"- propose lui, quando una lacrima bollente gli bagnò una scapola.
"Allora l'abbiamo accompagnata all'aeroporto, no? Qui a Malapensa e poi sarebbe dovuta scendere a Lugano, ecco. Gionata ad una certa ha iniziato a farle un discorsetto... Allora mi sono fatta trasportare dall'atmosfera e le ho dato le foto che abbiamo sviluppato insieme, ricordi? Poi niente, abbiamo pianto, ci siamo abbracciati, abbiamo pianto di nuovo. Lucaaa, sono pessima! Una persona pessima. Mi sento veramente uno schifo e invece lei era così carina..."- scoppiai a piangere dopo aver parlato senza sosta.
"Hey, hey Grè! Smettila di sminuirti. Ascoltami: chi ha avuto il coraggio di tenere una bambina, partorirla, sostenere la pressione, trovare una sistemazione perfetta, affidarla a una famiglia perbene che non le fa mancare nulla, chi è, poi, ancora in contatto con il padre e con la bambina stessa? Sei proprio tu, Grè. Non avere rimpianti o sensi di colpa, le cose evidentemente dovevano andare proprio così. Okay? Non piangere e smettila di torturarti. Sei in gamba e Grace ti adora."- Luca espose il suo monologo continuando a carezzarmi un braccio, asciugandomi le lacrime e infine baciandomi sul capo.
"Siamo soli?"- chiesi forse troppo tardi, con gli ormoni a mille e dopo aver osservato le sopracciglia perfette, gli occhi nocciola dalla bella forma, il naso lungo ma all'insù e le labbra carnose e ben definite.
"Si, Erika è uscita. Credo si stia frequentando con qualcuno, tu sai chi è?"- mi chiese aggrottando le sopracciglia.
Ci pensai su un attimo.
"Sì, ma non sarò io a dirtelo"- gli sorrisi.
"Dai Grè, dimmelo ti prego, devo sfotterla e assicurarmi che sia un bravo ragazzo"- insistette lui.
Scossi il capo, divertita.
"Sai che sei bellissima struccata?"- mi chiese, mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Un lampo di terrore mi attraversò le iridi e mi resi conto di non essermi truccata nemmeno un minimo.
Pensai alle numerose discromie ora presenti sul mio viso e la voglia di nascondermi divenne irrefrenabile.
Per una come me, poi, era alquanto impossibile scordare il make-up.
Anvedi come sto, direbbe mia nonna.
Mugulai e mi sistemai meglio nell'incavo del suo collo.
Rimanemmo in quella posizione ancora per molto, con le nostre gambe così aggrovigliate che ognuno non avrebbe saputo riconoscere le proprie se non per la ceretta che le differenziava.
I nostri respiri erano una sola cosa e il battito dei nostri cuori lavorava all'unisono.
Sorrisi e realizzai non solo di aver scaricato la tensione ma anche di averci messo il cuore che era stato un po' risanato da Luca.
Forse stavo perdendo la testa.

Ne è valsa la pena - Capo PlazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora