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Votate✨

Il telefono squillava senza sosta ma non avevo intenzione di rispondere. Quella notte avevo dormito male, a causa del materasso a cui non ero abituata e gli ultimi tre giorni non erano bastati per renderlo confortevole.
Ormai stufa di essere disturbata allungai il braccio verso il telefono in carica, poggiato sul comodino e notai che erano le 8 di mattina.
Né troppo presto e assolutamente non tardi.
3 chiamate perse da Luca.
Lo richiamai e quanto sentii la sua voce allarmata, sbiascicai appena un "pronto".
"Mi hai risposto finalmente! Greta, tu lo sai dove stanno le sneakers di Dior? Lo so che lo sai, non le trovo."- parlò a raffica, agitandosi e sicuramente cercando in giro, dati i rumori in sottofondo.
"Lú" - accennai, girandomi sull'altro fianco e staccando il cellulare dal caricatore- "dovevi ritirarle ieri dopo averle portate dal calzolaio a pulire le parti delicate." - gli ricordai.
"Sì, dovrebbe essere così, ma non le ho più portate là. Devo fare uno shooting stamattina. Sono nervosissimo, non capisco nemmeno come mai" - si confidò il moro, sbuffando alla fine.
"Non mi piacciono quelle scarpe, faresti una figura migliore mettendo delle Nike, scegli tu quali, magari quelle con cui ti sei fissato nel dire che ti portano fortuna. È il minimo sentendo come stai."- gli consigliai, andando ormai verso il bagno.
"Non so come farei senza di te... Tu, come stai? Oggi si inizia!" - spostò la conversazione su di me.
"Seh"-risposi appena, volendo sviare il discorso, ma poi sbottai-"Non so cosa mettermi, non so come truccarmi, non so come pormi! E se i ragazzi mi odiassero? Peggio ancora! I colleghi sicuramente non mi sopporteranno! Mamma mia, devo prendere venti metro, cento autobus, una nave, la bici e il monopattino elettrico" - mi lamentai senza sosta.
"Ho speso migliaia di euro per regalarti una macchina che hai usato meno di dieci volte" - mi rimproverò il ragazzo dall'altro lato della cornetta.
"Non ho mai tempo e lo sai. Venire a Roma con l'auto avrebbe impiegato più tempo del frecciarossa e sicuramente la metro non deve avere a che fare con il traffico." - gli spiegai.
Andai in bagno, misi il vivavoce e lasciai il cellulare sul lavandino.
"Stai facendo pipí?" - mi domandò Luca, sicuramente anche lui con il vivavoce a giudicare dal fatto che lo sentissi la sua voce lievemente lontana ed ovattata.
"Sì" - risi, non preoccupandomi di far rumore.
"Appena posso scendo, è strano stare la mattina senza te" - confessò.
"Con l'arrivo dell'inverno e dei doveri avremmo passato sicuramente meno notti insieme" - cercai di consolarlo in modo implicito.
Sentii solo il suo sospiro.
"Lú, ti lascio, così inizio a preparmi. Alle 10 devo stare al liceo Virgilio. Buona giornata, stai tranquillo."- lo salutai.
Udii un "ciao amore" e chiusi.
Feci una doccia, lavai i denti e in accappatoio tornai in camera.
Guardai i vestiti ancora in valigia e osservai la felpa VLONE di Luca.
Decisi che per quel giorno importante avrei indossato quella, con una camicia sotto, dei jeans e lei Air Force.
Mia nonna aprì la porta e la salutai.
"Lo vuoi il caffè Gré?" - mi domandò.
"No, nonna. Grazie, ma ho già lavato i denti. Faccio colazione fuori. Ora finisco di prepararmi e mi devi spiegare di nuovo come ci arrivo a scuola."- feci il punto della situazione e considerando che erano le 9 ce l'avrei fatta.
"Allora ascoltami. Prima di tutto devi fa' in fretta. Non ti truccare troppo che già sei bella. Poi, seconda cosa, scendi di casa e arrivi alla fermata Buenos Aires. Ce l'hai presente?" - vide che annuii e proseguí- "Prendi l'83 e arrivi a piazza Venezia. Là devi scende'. Comunque tu chiedi all'autisti, tanto te aiutano. Piji un autobus che arrivi alla fermata « Giulia »ed è fatta. Non essere timida, chiedi in giro che se arrivi tardi so' cazzi. Tutto chiaro?" - mi domandò, seduta sul letto con le mani impegnate nel tenere uno strofinaccio.
Rielaborai velocemente le informazioni e pensai che tutt'al più avrei consultato il navigatore sul cellulare.
"Sí, grazie nonní" - le tesi una mano per aiutarla ad alzarsi dal materasso e  le posai un bacio sulla guancia.
L'abbronzatura ancora viva donava alla mia pelle un bell'aspetto, perciò puntai su un mascara volumizzante e un lipstick nude.
"Prendi tutta la documentazione e l'abbonamento per i mezzi" - mi ricordò lei e misi i documenti in borsa e il biglietto nella cover del cellulare.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio nel corridoio e uscii.
Appena sulle scale, incontrai Angela,  la signora che aiutava mia nonna con la casa. Anche lei mi augurò buona fortuna e mi sentii carica come una molla.
Non dovetti aspettare più di due minuti che l'autobus arrivò. Giunta nella straordinaria piazza Venezia, buttai un'occhiata al Vittoriano il cui candore mi donò un'immensa tranquillità.
Dopo aver chiesto informazioni ai passanti, presi il 116 e mi trovai dinnanzi al Liceo Ginnasio Virgilio.
Guardai l'edificio sviluppato in altezza e poi tornai con gli occhi sulle punte delle mie scarpe che calpestavano i sampietrini.
Fevi un lungo sospiro e mi vestiti di finta sicurezza, procedendo all'interno a grandi falcate.
Chiesi ad una collaboratrice un po' avanti con l'età dove fosse la segreteria e lei mi accompagnò, intavolando velocemente una conversazione arrangiata.
"Lavorerai qui? Ne vedrai delle belle, fidati! Qui i ragazzi sono sempre sovraeccitati" - commentò affabile Rosa.
Bussò ad una porta verniciata in bianco, annunciandomi.
La ringraziai e trascorsi i successivi quindici minuti in segreteria.
Mi fu detto di aspettare il cambio d'ora prima di entrare nell'aula n. 40, al secondo piano.
Presi il cellulare e verificai l'orario: le  dieci e due. Nel giro di pochi minuti sarebbe suonata la campanella della ricreazione.
"Oh signorí" - sentii una voce maschile e rauca e alzai il viso in sua direzione - "che m'o fai uscì Alessio?"-  mi chiese un ragazzo tra i venti e i trenta anni, che in realtà mi pareva di aver già visto.
"Com'è il cognome?"-chiesi disponibile.
"Ah, nce vai 'n classe co' mi nipote?" - mi chiese quello.
"No, sono qui a fare uno stage, sto aspettando il cambio d'ora per entrare."- spiegai.
"Ale è quel pischello con gli occhi scuri, capelli lisci neri, ha sempre un giubbotto come il mio"- mi fece capire lui, ignorando il mio ruolo in quella scuola.- "Alessio Aresu" - continuò.
Feci come lui, ovvero lo ignorai, chiedendogli altro.
"Posso darti del tu?" - procedetti dopo che annuì accennando un sorriso - "Ma perché t'ho già visto da qualche parte?"
Lui ridacchiò e un che cazzo ti ridi di materializzò nella mia mente.
"Non lo so, ho parecchi ascolti mensili su Spotify" - scrollò le spalle.
Poi riprese: "La cosa che mi diverte, in realtà, è che con quante sigarette fumo la mia memoria dovrebbe praticamente essere morta, ma mi ricordo del dietro le quinte del concerto di Noyz" - mi aiutò a ricordare e nel mentre prese a rollare un drum.
"Non ci credo che sei tu... mi sono raffreddata per colpa dell'acqua che mi hai versato addosso" - non persi occasione per lamentarmi.
"È per questo che hai la felpa a ottobre? A Roma fa sempre caldo" - mi domandò ancora.
"È del mio ragazzo" - chiarii.
"Peccato, me ricordavo un bel seno dall'ultima volta, 'o sai?" - continuò con tranquillità, guardando alle mie spalle e notando che la porta fosse ormai aperta.
A quanto pare Alessio era il primo ad essere uscito dalla classe: non sapevo se fossero consanguinei, ma fisicamente nientebli accumunava.
Lo guardai un po' allibita e mi allontanai per compiere la mia missione del giorno.
"Ciao eh" - gridò lui; mi girai appena e constatai di non poter alzare un dito medio in aria.
Bussai alla porta e procedetti: c'erano solo una decina di ragazzi e il docente, obbligato a stare in classe durante l'intervallo, il resto era a zonzo per i corridoi.
" Buongiorno" - mi annunciai e, vicina alla cattedra, tesi la mano per presentarmi- "sono Greta Mancini, sono una tirocinante e sono stata assegnata a questa classe" - spiegai brevemente.
"Piacere, sono il professor De Santis, chiamami Guido, però. " - mi sorrise cordialmente- "Insegno lettere, moderne e classiche."
"Perfetto, mi sono laureata recentemente in lettere moderne e il mio sogno è quello di insegnare" - raccontai entusiasta.
"È proprio per questo che seguirai la classe in tutte la materie, vedrai i ragazzi che si rapportano in modo differente in base alla persona che hanno davanti, così in futuro potrai -mi augurò- essere pronta ad ogni tipo di situazione. Siediti, dai, ti spiego meglio"- mi invitò al suo fianco e iniziammo a percorrere insieme il programma dell'anno, anche se secondo i piani sarei stata lì solo per il primo trimestre, quindi per i seguenti due mesi.
Anche se la fine della ricreazione era stata sancita da un secondo squillo di campanella, i ragazzi tardato o ad arrivare e quando ci furono più o meno tutti mi alzai per presentarmi meglio.
A prendere parola fu proprio Alessio: "C'hai 'n accento che Berlusconi spostati" - scherzò.
"Aresu, e faccia interventi più intelligenti!" - intervenne De Santis.
"Tranquillo Guido, sì sono di Milano. Sarò a vostra completa disposizione, sarò quasi sempre con voi, anche se talvolta l'orario sarà diverso dal vostro, come oggi che ho iniziato in terza ora."- cercai di essere gentile e chiara.
"Aresu vuoi spiegare a che punto del programma siamo arrivati?" - lo stuzzicò il professore.
" Amo... abbiamo iniziato Ludovico Ariosto, me sa che lo stiamo per finire" - disse il ragazzo.
"È corretto quello che dici, appena finiamo questo argomento interrogherò ragazzi" - li avvisò lui.
Il resto della giornata trascorse nel più tranquillo dei modi e conobbi altri due colleghi, due docenti donne.
Mi sentii una scusa per aver avuto ansia tutto il tempo precedente.
All'uscita rividi Franco126 a bordo di una vespa. Più che altro si fece notare fischiando il clacson verso il nipote.
Io invece sostai alla fermata dell'autobus, preparandomi psicologicamente alla tratta da fare e al cambio del mezzo da affrontare.

10/12/2020.

Ne è valsa la pena - Capo PlazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora