24.

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Rimasi zitta, impassibile alle parole pronunciate di mia figlia.
Cosa dovevamo fare? Ritirare l'affido? Si dice che i figli sono di chi li cresce, perciò Grace non poteva provare un senso di appartenenza nei nostri confronti, miei e di Gionata, o nei confronti della città di Milano.
Coloro che l'avevano cresciuta erano Monika e Daniel e doveva tornare a stare con loro, in Svizzera.
Io frequentavo ancora l'università e avevo intenzione di proseguire con la specializzazione, trovare un lavoro part-time e trascorrere ancora gli anni della gioventù tra numerosi svaghi ed eccessi; Gionata lavorava a tempo pieno, letteralmente: lui non ha mai avuto bisogno di trovarsi in un ufficio per essere produttivo, riusciva a buttare giù rime anche mentre faceva le azioni più banali.
A malincuore, come sette anni prima non eravamo ancora pronti ad essere genitori. Io lo riconoscevo e, in fondo, anche Gionata.
Il problema consisteva nel spiegarlo a Grace.
"Che fai piangi? Ovvio che starai con noi, per oggi e ci saranno tante altre occasioni. Ti prometto che ogni volta che verrò in Svizzera per lavoro verrò a trovarti, o in qualsiasi altra evenienza. Okay, ci stai bella de papà?"- cercò di persuaderla Gio.
Grace rise al nomignolo affibbiatole e poi annuì, ma poi non molto contenta mi interpellò.
"E tu, mamma? Verrai anche tu?"- domandò.
Accennai un sì, forse non molto convincente, ma non aggiunse nient'altro.
Pochi minuti dopo eravamo giunti a destinazione e mentre mettevamo piede a terra, nel posteggio parcheggiò anche Luca.
Istintivamente sorrisi e in verità volevo davvero tanto corrergli incontro e rifugiarmi tra le sue braccia, stringendolo forte per scaricare la tensione, ma mi trattenni.
Ripercorsi tutti i momenti passati in sua presenza, fino a giungere al suo arrivo a Milano, che era anche inaspettato: ero uscita a cena con Erika per poi andare a ballare in qualche club ma venimmo interrotte da una telefonata di quello che scoprii un amico di vecchia data di Gionata e che per la verità avevo già incontrato parecchi anni prima; lo scopo era quello di venire in città per lavoro e stare con la sorella al quale chiese un passaggio dall'aeroporto fino alla sua futura casa.
Benché avesse avuto già quel poco di successo sufficiente per poter monetizzare la sua passione, i soldi erano pochi e bisognava stringere la cinghia, perciò non era opportuno nemmeno chiamare un taxi.
Mi ritrovai Luca D'Orso ad infastidirmi e punzecchiarmi sin da subito, senza nemmeno ringraziarmi del passaggio che non potevo negargli, più per fare un favore alla sorella che era così contenta di poter riavere suo fratello ogni giorno con sé.
Ripensai anche a tutte le volte in studio a vederlo registrare, alle sere anche in sua compagnia, a come aveva esternato il fatto che lo attraessi, la gelosia ingiustificata e le cose fatte per ripicca. E realizzai di aver ceduto a quel corteggiamento piuttosto rude ma che aveva attirato la mia attenzione al punto da non aver più avuto appuntamenti se non con lui.
Ah, fanculo tutto, dovevo lasciarmi andare.
Scossi appena la testa e poi mi sporsi verso i sedili posteriori per prendere la bustina in cui avevo messo la cinta di Luca.
Mi avvicinai cauta a lui che quasi non si accorse del mio arrivo perché giocava a rincorrere con lo sguardo una Grace che correva attorno al padre.
Posai il mento sulla sua spalla e gli cinsi la pancia asciutta con le mani, lasciando poi un bacio sul collo che scatenò una scia di brividi sulla sua pelle.
Si girò appena verso di me e un sorriso si allargò sul suo viso, dopo si guardò un attimo intorno e increspò le labbra per poi posare un bacio sulle mie.
Anche io sorrisi e pensai nuovamente che Luca stava diventando una valvola di sfogo, ma ovviamente non una ruota di scorta e mi costava caro ammetterlo.
Gli feci cenno di unirci agli altri e solo allora realizzai che Luca era arrivato in compagnia di Erika, Elia e di un'altra ragazza.
C'era anche Tano con Charlie e all'interno della villa si aggiravano giovani uomini e donne in tenuta da lavoro, probabilmente a giudicare dalle camicie bianche e i pantaloni e gilets neri si trattava degli addetti al catering.
Luca cercò la mia mano mentre camminavo al suo fianco e gliela strinsi.
Prendemmo tutti posto sulle sedie a sdraio e chi non aveva ancora indossato il costume da bagno sostò nei bagni della dependance.
Io, Gionata e Grace eravamo pronti a tuffarci, soprattutto la piccola che ci tirava per la mano verso la piscina.
"Amore, mettiamo i braccioli prima, che dici?"- consigliò quasi retoricamente Gionata alla bambina.
Lei annuì con la consapevolezza che senza non sarebbe entrata poiché inesperta nel nuoto seppur non troppo piccola.
Nel frattempo nella mia visuale entrò un Luca con un semplice costume da bagno blu scuro ma tremendamente bello e realizzai di dover ancora ricambiare il piacere ricevuto, considerando che non me ne aveva data la possibilità prima.
Mantenni lo sguardo su di lui per tutto il tempo mentre sbottonavo lentamente il camicione che a righe verticali sottili bianche e celesti che avevo utilizzato come copricostime.
Quando il mio corpo rimase scoperto quasi del tutto, percepii lo sguardo di Luca bruciare su di me ed ebbi l'impressione che stesse accelerando il passo.
Il desiderio di avere quel ragazzo ardeva nei miei occhi e in tutto il mio corpo.
Non volevo ricadere nel cliché della crema da spalmare, ma era la cosa più consona in presenza di una minore.
Agitaii il falconcino di olio abbronzante in aria nella sua direzione e quando fui sicura che avesse capito il segnale mi stesi sul lettino a pancia in giù.
Percepii il suo arrivo quando la rete della sdraio si abbassò.
"Non hai bisogno di abbronzarti, girati oppure tutti ti guarderanno il didietro"- mi disse, togliendomi il cosmetico di mano.
Aggrottai le sopracciglia per mostrarmi stranita a questa gelosia, ma dentro di me ero gioiosa.
"Luca, non per dire, però Gion me lo sono fatta, Elia pure, tanto vale..."- rincarai la dose per testare la sua reazione.
Improvvisamente la ragazza venuta con Luca, Erika ed Elia prese parola.
"Scusa, in che senso ti sei fatta Elia?!"- osservai gli occhi verdi tendenti al castano cercando di capire cosa intendesse in realtà.
Si girò tempestivamente verso Dref.
"È lei la troia con cui sei stato quando ci siamo lasciati?!"- domandò in collera, ma sicuramente non arrivava ai miei livelli.
" Oh ma troia a chi?"- mi alzai dal lettino e le diedi uno spintone in pieno petto.
"A te, proprio a te"- mi indicò col mento.
"Ma come cazzo ti permetti?!"- ribadii.
Sentii delle mani posarsi sulle mie spalle, ma me le tolsi di dosso agitandomi appena.
"Greta, calmati, Grace sta guardando. Vieni con me"- Luca era riuscito a riavvicinarsi e ora aveva una mano ben salda sul mio fianco.
Lo seguii e mi portò nella dependance.
C'erano dei divanetti e poi deo bagni.
Mi sedetti quasi istintivamente e poi mugolai.
"Uffa!"- esclamai a gran voce.
Luca ridacchiò e gli occhi diventarono fessure.
"Uffa che?""- incalzò.
"Non mi va che mi si dia della troia. Soprattutto perché in questo periodo, Luca, mi voglio davvero impegnare con te. Ecco, l'ho detto. Non dovevi saperlo così ma non sarebbe stato ugualmente un discorso carino."- sputai velocemente, accavallando le parole e abbassando lo sguardo poco dopo.




Spazio autrice.

Ciao regà,ci ho messo settecento anni a scrivere sto capitolo ma non mi soddisfaceva mai, quindi ecco 'sta cagata.

Ne è valsa la pena - Capo PlazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora