CAPITOLO VENTI

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"Credo fermamente che il sorriso sia l'accessorio più bello che una donna possa indossare".

Audree Hepburn








Ora che li guardo bene non posso che notare la somiglianza tra Alexandre e sua mamma, hanno lo stesso identico taglio di occhi, la bocca e la forma del viso invece sono uguali a quelle del padre.

<<Oh, pia...piacere. Io sono Penelope>>, allungo una mano verso di loro.

Cerca almeno di non balbettare.

La fai facile tu.

<<Il piacere è nostro, io sono Christophe>>, mi stringe la mano lui. È alto quanto il figlio, i suoi occhi sono neri, proprio come quei meravigliosi occhi del ragazzo accanto a me, anche le labbra hanno la stessa forma, carnose e rosee.

<<Tesoro non essere così formale, vieni qui>>, sua mamma mi attira a sé in un caloroso abbraccio che dura più di qualche secondo, quando si allontana sembra quasi avere gli occhi lucidi.

<<Io sono Adeline>>, mi abbraccia di nuovo.

Lei invece non è molto alta, ha un fisico perfetto e la carnagione molto chiara. I suoi occhi sono di un azzurro cielo bellissimo, e i lunghi capelli corvini fanno da cornice ad un viso dai lineamenti davvero perfetti.

<<Siamo felici di fare la tua conoscenza, i ragazzi ci hanno parlato molto di te>>, Adeline mi parla in modo dolce, quasi come se fossi anche io sua figlia e non una completa sconosciuta.

<<Spero vi abbiamo parlato bene>>, dico imbarazzata.

Penelope riprenditi, sembri un'aliena appena atterrata sulla terra.

Sono ancora sotto shock, non mi aspettavo di conoscere i suoi genitori.

<<Assolutamente sì, solo cose belle>>, dice il signor Christophe.

Mi giro verso Alexandre che è palesemente imbarazzato, ha lo sguardo basso e si tocca continuamente la nuca.

Dovrei essere io quella imbarazzata, mica lui.

<<Tesoro dov'è tua sorella?>>, chiede la madre.

Lui indica Aubree seduta al tavolo con i nostri amici. Sta bisticciando con Ryan, probabilmente ancora per il fatto che la stava dimenticando a casa.

<<Vieni amore, andiamo a salutarla>>, si allontanano mano nella mano dopo averci salutati.

Mi giro verso il mio accompagnatore, una parte di me vorrebbe ucciderlo per questa "sorpresa" ma vederlo così in difficoltà mi fa addolcire.

<<Prima che tu dica qualsiasi cosa, mi dispiace>>, si affretta a dire.

<<Perché non mi hai detto che ci sarebbero stati anche loro?>>, chiedo. Spero non si senta attaccato, la mia è solo curiosità, anche se ammetto che avrei preferito saperlo.

<<Ho pensato di dirtelo, ma non volevo spaventarti, avevo paura che non saresti più voluta venire. Magari ti saresti sentita intimidita, o avresti avuto vergogna>>, dice dispiaciuto.

Gli accarezzo una guancia e lui si appoggia a me, proprio come fanno i bambini piccoli.

<<Non avrebbe fatto nessuna differenza per me>>, dico dolcemente per tranquillizzarlo.

Lui sorride tornando normale, si avvicina e mi bacia.

Mi coglie alla sprovvista, mi sta baciando a pochi metri dai suoi genitori, cosa penseranno? Immagineranno che siamo una coppia.

A Parigi ho capito cos'è l'amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora