CAPITOLO VENTICINQUE

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"Una donna come te può indossare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, smetti di preoccuparti del denaro".

Paul Poiret





Ieri sera ero talmente stanca che appena ho messo piede nel letto sono crollata in un sonno profondo, e nonostante io abbia dormito almeno otto ore, stamattina alzarmi è stato un trauma.

Mancano dieci giorni a Natale e devo assolutamente portarmi avanti con il lavoro, tante delle nostre clienti hanno deciso di regalare i vestiti fatti da me a parenti e amiche, è indescrivibile l'emozione che provo sapendo che tutte quelle persone si sono affidate a me per questa speciale occasione, e non voglio di certo deluderle.

La doccia mi ha sicuramente aiutata a svegliarmi, sciolgo i capelli dopo averli tamponati e avvolta nel mio caldo accappatoio rosa vado in cucina per preparare la colazione.

Mi avvicino al frigorifero per prendere il latte, quando mi cade l'occhio su un pezzo si carta accanto alla porta. Lo prendo e quando lo apro non posso fare a meno di sorridere.

È un biglietto di Alexandre:

"Mi perdoni?" e le due caselle da sbarrare "sì" o "no".

Sembrano quei bigliettini che si scrivevano alle elementari quando volevi chiedere a qualcuno di essere il tuo fidanzatino, ne conservo ancora un paio in qualche scatola dei ricordi.

Lo appoggio sull'isola della cucina e mentre faccio colazione seduta sul mio adorato sgabello fucsia, non smetto di fissarlo.

Metto una manciata di cereali al cioccolato nel latte, e tengo la penna stretta tra le dita.

Lo perdono, o non lo perdono?

Penso che tu sappia già la risposta.

Non ne sono così sicura.

Il sorriso che hai fatto quando hai trovato il biglietto era un chiaro "si ti perdono".

Forse questa volta la mia odiosa vocina nella testa ha ragione, ma ho bisogno comunque di un po' di tempo. Non sarei pronta a riprendere da dove eravamo rimasti, uno dei miei più grandi difetti è che perdono ma non dimentico, e sarebbe inutile tornare tra le sue braccia se sono ancora così arrabbiata.

Con la biro disegno un terzo quadratino da sbarrare, faccio sopra una "x" e accanto ci scrivo forse.

Lascio il foglio e corro a cambiarmi, sono già in ritardo per il lavoro, ho ancora quindici minuti per vestirmi e correre ad aprire.

Indosso una tuta intera color cammello che stringo in vita con una cintura in cuoio, metto gli anfibi della stessa tonalità della cintura e il cappotto marrone. Non ho tempo per il trucco e dopo essermi messa soltanto un filo di mascara, prendo biglietto e chiavi ed esco veloce di casa.

Prima di scendere faccio scivolare il foglio sotto alla sua porta e mi affretto a correre fuori dal palazzo prima che lui mi veda.

Grazie al cielo riesco subito a fermare il taxi ed arrivo in atelier pochi minuti prima dell'orario di apertura.

Mentre aspetto il mio amico accendo tutte le candele e comincio a fare una lista delle cose che devo cucire oggi.

Gonne, abiti, pantaloni e cappotti, sembra un'impresa impossibile ma so che posso farcela, a costo di rimanere qui qualche ora dopo la chiusura.

<<Dov'è la mia stilista preferita al mondo?>>.

Mi giro e corro incontro a Pierre per farmi stringere in uno dei suoi dolci abbracci.

A Parigi ho capito cos'è l'amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora