Capitolo 5

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 Can, al volante della sua auto, con la coda dell'occhio osservava Sanem, che, assorta nei sui pensieri, guardava il panorama sfilare oltre il finestrino.

Improvvisamente lei si girò verso di lui come a volerlo affrontare:" Avanti Can chiedimi quello che devi e facciamola finita...è tutta la mattina che mi scruti alla ricerca di non so cosa..."

"Mi dispiace, non era mia intenzione metterti a disagio Sanem, ma hai ragione c'è qualcosa che vorrei sapere....Perché nessuno mi ha avvertito che mio padre aveva avuto un infarto e che da allora non è stato più bene, mentre Emre ne era a conoscenza?"

"Beh, questa è una domanda che non dovresti rivolgere a me..."

"Lo so Sanem, ma mio padre ormai non può più rispondermi, non ti pare?" risposte spazientito Can.

"Non mi riferivo a tuo padre, ma a te stesso. Forse, se tu fossi stato non dico più presente, ma almeno un po' più interessato a quello che accadeva qui lo avresti saputo, non credi?" gli rispose a tono Sanem.

Non gli piaceva essere giudicato, soprattutto da una donna che non vedeva da anni, per cui frenò bruscamente, accostando la macchina al ciglio della strada, spense il motore e si voltò completamente verso di lei.

"Cosa intendi dire Sanem?"le chiese cercando di trattenere la rabbia che lo stava assalendo.

"Semplicemente che ho cercato di contattarti più volte, Can....ma tu eri sempre impegnato in riunioni importanti o eri all'estero...e non hai mai richiamato, neppure una volta...Per cui chiedi a te stesso perché non ne sapevi nulla!"

A quella risposta impallidì. Sapeva che era la verità, ma sentirselo dire, anzi , gridare in quel modo lo aveva completamente spiazzato. Non aveva scusanti. Sanem aveva ragione. Elisabeth effettivamente lo aveva avvertito di quelle telefonate, ma lui le aveva sempre ritenute di poca importanza, pensando si trattasse di suo padre che voleva scambiare due chiacchiere con lui. Ed invece era Sanem...

Si passò una mano tra i capelli, inspirando profondamente per riacquistare la calma.

"Ti chiedo scusa Sanem, non avrei dovuto aggredirti in questo modo..."

"Ormai non ha più nessuna importanza Can...Ti prego, ora portami a casa...sono davvero stanca"

"D'accordo, ma promettimi che ne riparleremo"

"Va bene Can"

Per il resto del viaggio nessuno dei due parlò, ognuno assorto nei suoi pensieri. Sanem stentava a riconoscere nell'uomo che le sedeva accanto il ragazzo di cui si era innamorata dieci anni prima e Can non riusciva a perdonarsi per essere stato così assorbito dal lavoro da dimenticarsi di ogni altra cosa.

"Rimarrò qui per tutta la settimana. Chiamami quando vuoi Sanem" disse Can quando finalmente giunsero da lei "Questo è il mio numero privato...e grazie!" concluse.

"Non mi devi ringraziare" gli rispose lei prendendo il bigliettino che le porgeva "stare accanto a tuo padre è stata una gioia per me... mi ha insegnato molto, soprattutto a cogliere l'essenza delle cose...e di questo gli sarò eternamente grata".

Si guardarono ancora per un attimo, cercando ciascuno negli occhi dell'altro una traccia di quello che erano stati, ma invano. I ragazzi di dieci anni prima avevano lasciato il posto ad un uomo che aveva barattato il proprio sogno con la famiglia e ad una donna che per la famiglia aveva rinunciato al suo sogno. Non potevano essere più diversi, eppure entrambi, in quel preciso momento, si resero conto che tra di loro qualcosa era rimasto in sospeso...

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