Capitolo 16

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 I giorni che seguirono furono indimenticabili per Can e Sanem.

Si incontravano al mattino, in un piccolo bar sul lungomare, per fare colazione insieme, poi lei andava in negozio e lui rientrava a casa per sbrigare del lavoro che si era portato da New York, oppure usciva con Emre.

A pranzo si davano appuntamento nel loro "posto magico", sulla spiaggia, dove consumavano dei panini e poi, la sera, solitamente era Sanem ad andare a villa Divit.

Avevano la necessità di stare insieme sempre, non si bastavano mai. Parlavano tanto e di qualunque cosa: del mondo, delle persone che avevano conosciuto e di loro stessi. Si misero a nudo come mai avevano fatto fino ad allora, soprattutto Can. Con Sanem lui smetteva di essere freddo, calcolatore. Il muro di indifferenza che si era costruito per poter vivere in un ambiente spietato come quello newyorchese veniva spazzato via appena la vedeva. Sanem aveva conquistato non solo il suo cuore ma anche la sua mente. Aveva una visione della vita che lo affascinava, era intelligente, passionale ma mai avventata. Prima di parlare, di esprimere un'idea o un opinione ci pensava sù, soppesando i pro e i contro, accettava le critiche e gli errori senza offendersi o farne un dramma perché solo così si può migliorare.

Grazie a Sanem Can aveva imparato a godere delle piccole cose e di quei gesti, apparentemente insignificanti, della nostra quotidianità, come sorseggiare pigramente un te al bar guardando la gente passeggiare e immaginare le loro vite.

Osservare un tramonto in riva al mare, finché il sole non scompare dietro la linea dell'orizzonte, oppure camminare a piedi nudi sulla sabbia, sentendola scivolare tra le dita o, ancora, chiudere gli occhi e rivolgere il viso al sole aspettando che il suo calore si propaghi in tutto il corpo, procuravano a Can un benessere profondo, un senso di pace e di appagamento che non aveva mai sperimentato prima. Sanem gli aveva insegnato a vedere, a sentire proprio come si insegna a camminare ad un bambino, tenendogli la mano e seguendolo passo dopo passo.

Dal canto suo Sanem era felice come non lo era mai stata. Il tempo trascorso con Can volava via senza che se ne rendesse conto. La soggezione che aveva provato i primi tempi standogli accanto era stata sostituta dalla complicità. Le bastava uno sguardo per capire il suo stato d'animo e di conseguenza quello di cui aveva bisogno e lo stesso valeva per Can. Riusciva ad anticipare ogni suo desiderio trasformandolo in realtà. Ma quello che amava di più di lui e che le faceva battere il cuore all'impazzata era il suo modo di guardarla. Avrebbe potuto perdersi in quegli occhi che la facevano sentire la più bella, la più desiderata, che scavavano fin dentro la su anima, occhi ai quali non avrebbe mai potuto mentire perché conoscevano la verità prima ancora di lei.

Erano bastati pochi giorni ad entrambi per innamorarsi o meglio per riconoscere nell'altro il completamento di se stessi. Per questo l'imminente partenza di Can non faceva loro paura. Certo avrebbero sentito la mancanza l'uno dell'altro ma ormai erano certi che non si sarebbero più persi, i loro cuori avrebbero sempre battuto all'unisono.

"Vieni a New York con me..." chiese Can a Sanem mentre erano seduti su uno scoglio ad osservare il tramonto, che colorava d'arancio il cielo sopra di loro. Lei, appoggiata al suo petto ,si girò a guardarlo." Ti prometto che un giorno verrò, ma non sono ancora pronta"

"Non sei pronta per cosa?"

"Per incontrare il tuo mondo, Can. Non mi illudo che tu a New York sia lo stesso che ho conosciuto qui e che amo e la cosa mi fa paura.."

"Sanem, io sono sempre io ..."cercò di tranquillizzarla Can ma lei gli impedì di continuare "Tu credi di poterti comportare come hai fatto qui, ma New York non è Kemer ed io so bene che quando tornerai là sarai diverso. Per sopravvivere dovrai lottare con le unghie e con i denti,. ricorrendo anche a maniere non proprio ortodosse, mentre io voglio ricordarti così come sei ora.."

"E come sono ora?" volle sapere Can

"Follemente innamorato di me" rispose Sanem

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