Capitolo 20

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 Arrivata a New York, dopo aver recuperato il bagaglio Sanem si ricordò di riaccendere il cellulare e trovò varie chiamate perse di Can.

Si affrettò a richiamarlo preoccupata.

Rispose la sua voce arrabbiata :"Dannazione Sanem, dove ti eri cacciata? Pensavo ti fosse capitato qualcosa"

Sanem fissò allibita il telefono. Era questo il suo modo di darle il benvenuto?

"Mi spiace Can, ero impegnata nelle pratiche di sbarco e mi sono dimenticata di riaccendere il cellulare...dove sei?"

"E' per questo che ti ho cercata. Ho avuto degli imprevisti in studio che mi hanno trattenuto. Ho mandato il mio assistente a prenderti. Ti aspetta all'uscita 7. Ti porterà a casa ed io prometto di raggiungerti il prima passibile....Perdonami, ti prego!" concluse in maniera più dolce.

"Va bene amore, non c'è problema. So bene che sono io in vacanza e non tu. Fai quello che devi. Io nel frattempo mi riposerò un po'. Il viaggio è stato stancante" rispose Sanem cercando di mascherare la delusione.

"D'accordo ci vediamo più tardi. .Ah sul letto troverai un regalo per te...spero ti piaccia!" disse Can prima di riattaccare.

In quel momento vide un giovane in giacca e cravatta avvicinarsi a lei "La signorina Aydin?"

"Sì, sono io" rispose Sanem

"Piacere sono Ned Carter l'assistente dell'avvocato Divit. Mi ha ordinato di condurla al suo appartamento. Prego, da questa parte e dia pure a me la sua valigia.."

Sanem rimase senza parole di fronte a tanta affettazione e lo seguì senza dire una parola.

Lungo il tragitto si perse ad ammirare gli enormi grattacieli che si ergevano ovunque, impedendo, quasi, la visione del cielo, il traffico caotico che scorreva accanto a lei e l'andirivieni delle persone che si muovevano come automi, ognuna con un cellulare attaccato all'orecchio o stretto tra le mani. Le sembrava di essere stata catapultata in un mondo impazzito dominato dalla frenesia.

Giunti all'edificio che ospitava il loft di Can, Ned prese la valigia e la accompagnò fin sulla porta d'ingresso, poi le consegnò un paio di chiavi ed attese che lei fosse entrata prima di salutarla ed andarsene.

Rimasta sola Sanem si guardò intorno incuriosita.

Si trattava di un unico grande locale con ampie vetrate su un lato. Grazie ad un soppalco lo spazio era stato diviso in due piani: in quello inferiore c'era una moderna cucina, il salotto ed il bagno, mentre in quello superiore si trovavano la camera da letto ed uno studio. Non c'erano porte, fatta eccezione per quella del bagno ed i vari ambienti erano separati dai pezzi dell' arredamento. Una libreria separava la cucina dalla sala, un armadio la camera dallo studio e così via.

Era un appartamento "maschile", pensò Sanem, che rispecchiava perfettamente il carattere di Can.

Essenziale, sobrio, ordinato, ma privo di colore e di "vita".

Si ricordò del regalo e salì in camera. Lì sul letto vide una grande scatola. L'aprì e all'interno trovò un bellissimo abito da sera rosso, senza maniche,  con un'ampia scollatura a V. Lo sollevò e se lo drappeggiò al corpo andandosi a specchiare. Il colore le donava, facendo risaltare la sua carnagione chiara e gli occhi scuri, ma il modello non era nel suo stile, troppo azzardato.

Un sospetto le passò per la mente: Can desiderava che lo indossasse alla festa? Pensava forse che non sarebbe stata in grado di vestirsi da sola?

Per cacciare il malumore che la stava assalendo, decise di andare a farsi una doccia e a cambiarsi, mettendo qualcosa di più comodo, poi, nell'attesa di Can, avrebbe preparato la cena, sperando di trovare in casa il necessario per cucinare.

Era ormai sera tardi quando lui rincasò. Si era dimenticato che lei fosse lì, per cui quando aprì la porta e lei volò tra le sue braccia fu colto alla sprovvista e rimase sorpreso. Sanem notò questa sua indecisione ed interpretandola come fastidio, si allontanò immediatamente, scusandosi intimidita.

"Non essere sciocca, sono io che devo farmi perdonare per averti trascurato in questo modo" le disse attirandola nuovamente a sé. "Mi sei mancata...mi è mancato questo bel viso, questi occhi e soprattutto questa bocca.." le sussurrò passandole delicatamente il pollice sulle labbra e chinandosi a baciarle.

Sanem sentì le gambe cedere e si aggrappò a lui che la strinse ancora di più approfondendo quel bacio che sapeva di mancanza e desiderio.

"E' meglio che vada a farmi una doccia" disse Can con voce roca quando si staccò da lei.

"D'accordo...io intanto finisco di preparare la cena" gli rispose Sanem.

Mangiarono chiacchierando del più e del meno e poi, insieme, riordinarono la cucina. Si muovevano in perfetta sincronia come se avessero compiuto quei gesti mille volte insieme.

Quel disagio ed impaccio che avevano provato all'inizio erano scomparsi, salvo ripresentarsi al momento di andare a dormire.

"Bene" esordì Can "io mi sistemo qui sul divano. Tu sali pure di sopra e fai bei sogni...devi essere stanca.."

Sanem lo guardò dondolandosi da un piede all'altro imbarazzata. "Veramente io pensavo che..." ma non riuscì a continuare.

"Cosa pensavi?" la incoraggiò Can.

"Ecco, insomma....è tutto così nuovo, qui, per me...non credo riuscirei a dormire....a meno che..."

Allah com'era difficile esprimere quello che provava; doveva essere diventata paonazza e Can che la scrutava con un mezzo sorriso stampato in faccia non la stava aiutando affatto.

"Sanem, parla per favore...a meno che cosa?"

"Uffa...e va bene, tanto lo so che hai capito perfettamente, ma vuoi solo prenderti gioco di me...a meno che tu non mi tenga tra le tue braccia!" concluse sbuffando esasperata.

Can scoppiò a ridere: era dolce come una bambina. Si avvicinò a lei "Questa è la proposta più romantica che io abbia mai ricevuto e sono più che felice di soddisfarla" disse prendendola per mano e avviandosi verso le scale. 

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