Capitolo 8

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 L'indomani Can sarebbe ripartito per gli Stati Uniti. Aveva sentito al telefono suo fratello e gli aveva spiegato la questione della casa. Emre disse che non aveva nulla in contrario al fatto che diventasse di Sanem e che appena finito il suo lavoro a Londra sarebbe tornato in Turchia per firmare la rinuncia e anche per passare un po' di tempo con lei. Glielo aveva promesso!

"Da quando siete diventati così intimi, tu e Sanem?" gli chiese incuriosito Can

"Non siamo intimi, ma buoni amici...e poi ha fatto tanto per papà...credo sia nostro dovere dimostrarle un po' di gratitudine e a me farà bene passare un po' di tempo a casa .."

"Ti ricordo che non è più casa nostra "puntualizzò Can

"Hai ragione, ma conosco Sanem e credo che non mi negherà un letto e un pasto caldo" gli rispose ridendo Emre.

Dal canto suo Can era già ripassato dall'avvocato e depositato la propria firma, mentre Sanem non aveva ancora fatto sapere nulla circa le sue intenzioni.

L'aveva cercata più volte, per scusarsi, ma lei si era sempre negata e non poteva darle torto.

Aveva sbagliato tutto e, pur desiderandolo, non sapeva come riparare al torto fattole.

Di certo, però, non poteva rientrare a New York senza prima vederla e parlarle.

Non aveva ancora aperto le lettere che gli aveva dato, non ne aveva avuto il coraggio. In ogni caso per loro, ormai era troppo tardi. Quello che poteva offrirle, se lei lo avesse voluto, era solo amicizia.

Decise di fare un ulteriore tentativo e passò in negozio. Lei era lì. Si fermò per un attimo ad osservarla dalla vetrina. Era impegnata a riporre alcune merci su un ripiano in alto con l'aiuto di una scaletta. Nonostante questa, però, doveva alzarsi pericolosamente sulla punta dei piedi rendendo alquanto instabile il suo equilibrio. Can entrò schiarendosi la voce per far notare la sua presenza.

"Sì arrivo subito" disse Sanem che non lo aveva riconosciuto e voltandosi troppo velocemente.

Fu questione di un attimo. La scala si rovesciò e lei sarebbe caduta rovinosamente al suolo se Can non fosse stato così veloce nell'afferrarla e prenderla in braccio. Si guardarono un attimo negli occhi, poi lui da depose a terra senza però lasciarla andare.

 Mentre con un braccio le circondava la vita sottile attirandola a sé, con l'altra mano le scostò una ciocca di capelli che le era finita sul viso. Il suo sguardo cadde, inevitabilmente, sulle sue labbra dalle quali si sentiva irrimediabilmente attratto.

Senza pensarci avvicinò la sua bocca e la baciò.

Fu un bacio lieve appena accennato ma bastò ad entrambi per sentire un brivido scorrere lungo la schiena, come una scossa che li percorse da capo a piedi.

Sanem fu la prima a reagire allontanandosi da lui.

"Perché sei venuto?" gli chiese

"Non potevo tornare a New York e lascarti così..."rispose Can

"E perché no?.. Sei stato via per 10 anni, ti sei fatto una nuova vita lontano da qui e non ti sei mai preoccupato per me...cosa c'è di diverso adesso? Vuoi che io ti scusi per le accuse assurde che mi hai rivolto? Va bene hai il mio perdono. La tua coscienza è più tranquilla adesso?" man mano che Sanem continuava a parlare la sua voce si incrinava sempre più. Non avrebbe retto ancora a lungo.

"Ti chiedo per favore Can, va via...ti prego!" ma lui scosse la testa "No! Non posso..."

In quel momento una squillante voce femminile si fece sentire alla spalle di Can: "Sanem cara, sono passata a vedere se, per caso, hai ancora quel delizioso baklava che ho preso la scorsa settimana. I miei nipoti ne vanno matti.."

"Buongiorno, sorella Pinar, certo che ce l'ho ed è arrivato fresco fresco questa mattina" le rispose Sanem e poi, rivolta a Can continuò: "come vedi ho da fare...Ti auguro buon viaggio ed un futuro radioso".  

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