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4 mesi dopo...

Sto guidando come un pazzo da mezz'ora, era da anni che non sorpassavo i limiti di velocità per strada, l'adrenalina una volta era sempre a mille, mentre adesso tutto ciò che sento è una spinta eccessiva smossa dal dolore.
Parcheggio l'auto probabilmente senza nemmeno fermarmi per chiuderlo lo sportello ed entro in ospedale correndo su per le scale, piombandomi nella stanza di Aria.
<<La stiamo perdendo!>> urla un'infermiera ad un'altra, poi si avvicina a me e mi prende il braccio. <<Mi scusi, lei ora non può stare qui>> mi fulmina con gli occhi e cerca di spingermi fuori.
<<È mia moglie! Fatemi parlare con lei!>> mi scanso dalla presa e raggiungo Aria, distesa sul letto con gli occhi chiusi; il cardiografo sta tintinnando in maniera fastidiosissima e gli altri medici qui intorno mi stanno evidentemente bestemmiando in tutte le lingue possibili nella loro mente.
Dott. Robinson mi spinge via, mentre altre due infermiere mi buttano fuori dalla porta sussurrando <<Non c'è tempo>> .
Mi hanno chiamato cinque minuti fa per avvisarmi che le condizioni di Aria stavano peggiorando gravemente proprio in questo momento, e ora non mi fanno nemmeno entrare per salutarla un'ultima volta. E se oggi fosse l'ultimo giorno in cui la vedrò viva? L'ultimo giorno in cui ci parlerò? Mi sono fatto queste domande ogni giorno per tutti questi cinque mesi, più passavano i giorni più Aria aveva meno possibilità di vivere.
Ma ora qui, in questo ospedale di LA, ci sono solo io, probabilmente nemmeno i nostri figli potranno essere presenti adesso, alle 17:34 di un semplice martedì di agosto. Solo io. Loro ignari di tutto.
Dopo un minuto un dottore esce dalla stanza, sussurrandomi <<Non c'è più nulla da fare>> per poi lasciarmi lì in corridoio, da una parte sono completamente senza parole, ma dall'altra mentalmente mi sono già preparato ad una situazione del genere.
Entro nella stanza, Aria è avvolta da una nuova coperta e le hanno aggiunto più flebo rispetto a prima, sta ancora respirando e a malapena riesce ad aprire gli occhi.
<<Chris>> mi chiama alzando una mano per chiedermi di avvicinarmi.
<<Non sforzarti troppo>> la prego appoggiandole il braccio al letto. Mi viene un colpo allo stomaco a vederla quasi esanime davanti a me, e io completamente inutile per farla stare meglio. Le sue iridi verdi trasmettono tutto il male fisico che porta dentro, malinconia, tristezza...vorrei dirle che sta bene, che starà meglio, eppure so per certo che non sarà così, che a momenti la perderò.
<<Forse ti sarai immaginato la fine della nostra storia accompagnata da un addio formale da ultra ottantenni...beh nemmeno quella fine sarebbe stata sexy, ma sarebbe stata sicuramente più attizzante di una morte da malata terminale>> dice forzando un sorriso. Le prendo la mano e la bacio <<Non è la fine, non ancora>> cerco di convincere me stesso, anche se so perfettamente che non sarà così. Non riuscirò mai ad accettarlo. Si mette a ridere perché anche lei sa perfettamente che sto mentendo.
<<Quando sarò dall'altra parte voglio rivivere in loop questi ultimi 20 anni della nostra vita, anzi no, da quando ci siamo conosciuti...o forse da New York o ancora prima, quando avevo 13 anni e guardavo i My Little Pony alla tv>>
Sorrido, non ho le forze di dirle addio o di fare quei strani discorsi strappalacrime romantici che si fanno quando qualcuno è sul punto di morire. Ma allo stesso tempo questa e' l'ultima volta che la vedrò e non mi viene in mente nulla di giusto da dire per non rimpiangere questi ultimi momenti in futuro. Sta prendendo tutto con leggerezza come se mi stesse parlando a tavola durante un normale pranzo.
<<Grazie, Chris...di avermi rivolto parola in quell'aula di matematica e di avermi amata>> dice chiudendo gli occhi, per un istante mi sale l'angoscia che mi abbia già lasciato, ma per fortuna continua a parlare <<ma devi sentirti un coglione per avermi fatto soffrire dannatamente tanto>> ride e poi tossisce.
<<Anche io dovrei ringraziarti per tutto, per avermi fatto diventare la parte migliore di me e di aver cresciuto con me quattro figli meravigliosi>> sussurro accarezzandola e sperando di non perderla proprio in questo momento, credo di star sudando freddo. Vedo che sorride e quindi decido di non preoccuparmi. <<Non dovrei ringraziarti per la felpa insanguinata>> sdrammatizzo
<<Ancora non me l'hai perdonata eh>>
<<Era la mia felpa preferita>> dico ricordando che ho ancora quella felpa sporca da qualche parte in garage.
<<Con i tuoi soldi avresti potuto prenderne un'altra>>
<<Avrei potuto, ma quella era speciale>>
dico mentre Aria riapre gli occhi e sorride stringendomi la mano.
<<"Sei così stretta, Aria">> dice imitando la mia voce.
<<Dai, mi metti in imbarazzo>>
<<Sdrammatizziamo questo finale ricordando i momenti più cringe di Christian Scott>> continuiamo a sdrammatizzare per qualche minuto, ma poi appena cerco di dire altro, mi ferma e inizia a parlare velocemente: <<Ho lasciato delle lettere per ognuno dei nostri figli nella scatola che vedi lì a terra, quando non ci sarò più voglio che tu le consegni a loro per tenerle come mio ricordo. Ringraziali e di' loro che li amo con tutta me stessa...>> dice con gli occhi lucidi. <<Prenditi cura di mia madre e tieni d'occhio quella matta di mia sorella>> dice infine ridendo. Questo cambio di tono mi mette una pressione assurda.
<<Non dire così...>> sussurro per convincere me stesso che questa non è la fine, che è solo un brutto incubo e che domani mi risveglierò con lei di fianco a me nell'appartamento a Tokyo che abbiamo comprato due anni fa durante le vacanze natalizie. Eppure anche pizzicandomi il braccio continuo a vedere lei distesa sul lettino dell'ospedale, in fin di vita...non sono pronto per perderla, pensavo di sì fino ad un quarto d'ora fa, ma ora sono terribilmente spaventato.
<<Chris...non credo di avere molto tempo per spiegarti ciò che provo per te, perciò tutto quello che voglio che mi prometti è che, ovunque andrò, tu non vivrai con questo peso; tu puoi continuare ad arricchirti, a crescere, hai 45 anni, puoi ancora fare molto, puoi innamorarti di nuovo...>>
<<No...>> dico piangendo. <<Non puoi pensarlo sul serio>>
<<Non voglio che tu soffra, non farlo, fallo per me, sii felice per me>> tossisce e poi continua <<e ricorda che anche nei momenti peggiori, c'è sempre una luce in fondo al tunnel>> dice fingendo una risatina. <<una vita è composta da più vite e io sono orgogliosa di aver passato la maggior parte delle mie vite con te, ma le tue ancora non sono finite, vivile a pieno, Chris>>
Le prendo la mano e la bacio, la vedo chiudere gli occhi per un istante e poi riaprirli per qualche secondo; è l'ultima volta che vedrò i suoi occhi verdi, pieni di vita, di bontà e di amore.
<<Te lo prometto, Aria...non voglio perderti...non posso...non so cosa dirti, mi sento a pezzi>>
<<Stai qui con me>> mi dice irrigidendo le spalle e chiudendo gli occhi. Mi stringe la mano sorridendomi e sussurrando: <<Resta>> balbetta, mentre una lacrima le riga la guancia.
Non posso che continuare a calmarla e dirle che non sto andando da nessuna parte, che sono qui con lei, fino all'ultimo, finché morte non ci separi.
Mi avvicino per darle un bacio in fronte, ma appena appoggio le labbra alla sua fronte sento il bip del cardiografo. Subito capisco che il momento fatidico si è preso tutto ciò a cui tenevo di più.
<<Aria?>> la chiamo sperando in una risposta, ma la sua mano non reagisce. <<Volevo solo dirti che ti amo, signorina Johnson, sempre>> le lascio la mano, mentre le infermiere entrano in stanza rivolgendomi occhiate compassionevoli completamente ignare di ciò che sto provando. Prima di lasciare la stanza obbligato dai dottori, mi volto verso la mia bionda, sapendo che per me è stata più di tutto, sapendo che non la rivedrò mai più, sapendo che d'ora in poi vivrà solo nei miei ricordi.

Quando torno a casa, dopo aver ignorato le centinaia di chiamate da tutti i miei figli, mi distendo a letto e accarezzo la parte sinistra, vuota da giorni a causa del suo imminente ricovero. Il cuscino ha ancora il suo profumo di vaniglia, penso che non laverò mai più la fodera. Nell'armadio ci sono ancora tutti i suoi vestiti, i suoi libri, i suoi cd, le nostre foto di famiglia e poi sopra al comodino rivolgo lo sguardo all'elastico per capelli che ai tempi del liceo mi aveva lasciato per altri due anni, scordandosene completamente.
Stanotte dormirò da solo per sempre, stanotte cercherò di dormire per poterla rivedere nei miei sogni. Afferro il cuscino e lo abbraccio; ovunque lei sia, la sento più vicina che mai, forse questa convinzione è ciò che mi basta per poter andare avanti.

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