°Capitolo 21°

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Quella sera iniziai a cercare quante più informazioni possibili su George Hall. L'unica cosa che scoprii era che aveva lavorato in un laboratorio ad un giorno di distanza dalla città nella quale ci trovavamo in quel momento.
Non era molto ma era un buon punto di partenza, sicuramente lì qualcuno avrebbe potuto darci qualche informazione in più.

L'indomani partimmo all'alba e trascorremmo la notte all'interno del treno che ci avrebbe accompagnate al laboratorio.

Giungemmo di fronte ad un enorme palazzo composto per la maggior parte da vetrate di un blu scuro.

Dopo essere entrate chiedemmo ad una receptionist notizie riguardo a George, ma ci lei disse che, essendo arrivata da poco, non sapeva darci molte informazioni al riguardo.

Ci sentimmo pervase dallo sconforto.

Ad un certo punto però la ragazza aggiunse una frase che ci diede motivo di sperare.

"Ah, però c'è il signor Charles, forse lui saprebbe dirvi qualcosa di più"

La ringraziamo infinitamente e lei ci portò al piano superiore.
Percorremmo un lungo corridoio pieno di laboratori, poi arrivammo in una sezione dedita agli uffici.

Entrammo nello studio del signor Charles.
Un uomo sulla settantina, spalle molto larghe, robusto.
Indossava due occhiali rotondi che, in confronto al viso, sembravano molto più piccoli di quanto realmente fossero e possedeva delle sopracciglia molto folte che gli accigliavano lo sguardo.

La ragazza ci fece accomodare e, uscendo, chiuse la porta dietro di noi.

"Cosa posso fare per voi?", ci chiese lui con tono gentile.

"Vorremmo sapere dov'è il signor George Hall", risposi io.

Il suo sguardo diventò più serio di quanto già non lo fosse.

"Non sappiamo che fine abbia fatto", ribatté lui, malinconico.

"Accidenti!", esclamò Amelie a bassa voce.

"Perché cercate proprio lui?", ci chiese il signor Charles.

"Abbiamo saputo di una sua invenzione che avrebbe potuto risvegliare le persone dall'ipnosi e avremmo potuto riportarla in funzione", rispose Jamila con tono pacato.

"Venite con me", sussurrò il signor Charles.

Ci accompagnò nel seminterrato e ci mostrò uno sgabuzzino nascosto.

"Ecco a voi l'invenzione che cercate", disse lui togliendo una vecchia coperta da uno strano marchingegno, "io ho avuto la fortuna di lavorare insieme a George a questo progetto, poi però, da quando Ambrose lo prese, non sappiamo più che fine abbia fatto".

Era incredibile, di fronte a noi avevamo il macchinario più potente del mondo e, con qualche piccola aggiustatina, sarebbe tornato ben presto in funzione anche se, presa dall'emozione, non immaginavo quanto potesse essere difficile riportare tutto alla normalità.

Il signor Charles ci permise di usare il telefono che si trovava nel suo ufficio per chiamare la bottega in cui si trovava Luke e, con la scusa di un esperimento scientifico, lo convincemmo a venire lì per testare il macchinario.

Il giorno dopo alla stessa ora andammo a prendere Luke alla stazione e lo portammo in laboratorio.

Jamila era molto tesa, non parlava ma dai suoi occhi traspariva preoccupazione.

"Che succede?", le sussurrai.

"E se non si ricorderà ugualmente di me?"

"Glielo faremo ricordare"

"E se non sarà più innamorato di me?"

"Impossibile, il vero amore è uno solo nella vita e non si scorda mai", dichiarai.

Lei degludì e ci unimmo al signor Charles, Amelie e Luke che si stavano accingendo a testare il macchinario.

Luke si straiò su una poltroncina e il signor Charles gli mise una specie di casco e degli enormi occhiali oscurati collegati all'invenzione.

Aspettammo una decina di minuti, poi il signor Charles spense il macchinario e liberò Luke dal casco.

"Puoi toglierti gli occhiali", affermò.

Luke si tolse lentamente gli occhiali, eravamo agitatissime, non sapevamo se dopo averli tolti sarebbe stato liberò dall'ipnosi, la tensione era alle stelle.

Si tolse gli occhiali e ci guardò con lo stesso sguardo di prima, non era cambiato nulla, era assente.
Avevamo percorso così tanta strada per nulla.

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