°Capitolo 32°

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2 Novembre 1890

Caro diario,

Oggi sono tornata in ufficio dopo molti mesi di assenza.
Dall'ultimo giorno in cui ti ho scritto nulla è cambiato, in questi due mesi i miei sentimenti, le mie emozioni, le mie idee, la mia vita, la mia routine, sono rimasti invariati.
Oggi però ho notato qualcosa di diverso.
Da quando sono arrivata in ufficio il signor Johnson non smetteva di osservarmi sospettosamente come per carpire ogni mio singolo movimento, ma non col suo tipico volto assente, c'era qualcosa, un emozione riconducibile ad uno stato di perplessità, che ogni tanto traspariva dal suo volto, eppure riusciva immediatamente a nasconderla dietro alla sua parvenza di impassibilità.
In quel momento capii che lui non era mai stato ipnotizzato, ma c'era qualcosa che non mi tornava.
Erano le venti, tutti i miei colleghi erano andati via ed io, immersa tra libri, fogli e documenti dietro alla vaga speranza di terminare tutto il lavoro arretrato, notai nel signor Johnson un inusuale atteggiamento.
Passò davanti al mio ufficio noncurante della mia presenza, forse non mi aveva notata in quanto la luce nella mia stanza era piuttosto fioca e soffusa, ad ogni modo si incamminò a passo svelto verso una porta nascosta della quale nessuno conosceva l'esistenza.
In quel momento avrei potuto terminare il mio lavoro e tornare a casa facendo finta di nulla, o seguire impulsivamente l'istinto pedinando il signor Johnson.
Scelsi precipitosamente di imbattermi in una strada piena di insidiosi pericoli indagando sulla situazione.
Seguii a dovuta distanza il signor Johnson mentre percorreva velocemente le scale di quello che sembrava un piano sotterraneo fino a giungere in un ampio spazio chiuso, un'enorme stanza vuota.
Si fermò, si guardò attorno e si mise a braccia conserte in un angolo come per aspettare qualcuno.
Per un istante pensai che mi avesse scoperta, ma ero nascosta piuttosto bene dietro ad un mucchio di vecchi mobili sotto alla scalinata.

"Ambrose Murphy, mio fidato socio nonché migliore amico, ti vedo in forma", esclamò un uomo sulla trentina vedendo il signor Johnson.

Non potevo credere alle mie orecchie.

"Finalmente", rispose il signor Johnson, "credevo quasi fossi morto", aggiunse ridacchiando, "allora dimmi, come vanno le cose?", concluse.

"Piuttosto bene amico mio, sono fiero di annunciarti che il novantanove percento degli abitanti di questo stato sono stati totalmente ipnotizzati"

"E quell'uno percento?"

"Ci stiamo lavorando, ci sono delle incongruenze con i numeri ma ancora non siamo riusciti a capire dove si nasconda quell'uno percento"

Ero terrorizzata, non avrei mai potuto nemmeno immaginare che dietro alla persona del signor Johnson si celasse Ambrose Murphy, il dispotico dittatore tanto temuto da tutti.

"Mi sembri abbattuto, è successo qualcosa?", domandò il signor Johnson.

"Niente, tranquillo"

"Ascoltami bene, non è colpa tua se non hai potuto impedire la morte di quella coppia"

Una serie di emozioni mi pervasero.
Non so come ma avevo lo strano presentimento che quell'episodio mi riguardasse.
Ad ogni modo mi ricomposi e, dopo che il signor Johnson, anzi, Ambrose, ebbe congedato il suo migliore amico, tornai a casa immersa in mille pensieri.

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