CAPITOLO 16 - Il Colore Delle Fiamme

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Il Colore Delle Fiamme

_ Miguel_

Il cielo notturno si stagliava nell'orizzonte infinito come un telo di raso nero.

Era il novilunio: oscuro, buio, privo di luce.
Nemmeno le stelle rischiaravano il manto fosco della notte perché erano sparite tutte, assieme alla luna.

Una leggera brezza mi scompigliava i capelli, gelandomi la pelle. Lanciai per un'ultima volta lo sguardo verso l'edificio principale della residenza von Kleemt e sospirai.

Tutte le luci erano spente, la casa completamente immersa nel sonno; e Amelie?

Anche lei stava dormendo?

Sorrisi biecamente, constatando che dopo aver ingollato il mio sangue, non poteva fare altrimenti.
Portai istintivamente una mano al collo, così da poter afferrare i ciondolo ed usarlo come arma, ma aimè ricordai troppo tardi di averlo lasciato al sicuro, nelle mani del mio Piccolo Tarlo.

Sentii formicolare la punta delle dita e subito dopo, dalle ombre degli alberi ne apparvero altri tre.

"Ma bene..." pensai divertito, "Altra carne da macello...".

Cinque di loro li avevo già annientati: i cadaveri putrefatti marcivano a terra, nell'attesa delle fiamme.
Le tre figure penzolanti cominciarono a prendere la rincorsa, dividendosi e accerchiandomi alle spalle. Uno di loro, mugolando, si gettò a capofitto sul mio corpo seguito a ruota dai suoi simili.

Evitarli fu facile.

Loro erano lenti, goffi nei movimenti, mentre io ero veloce.
Anche troppo.

Con un lieve movimento cacciai in fuori gli artigli e con altrettanta facilità li sgozzai uno per uno, simultaneamente, girando su me stesso come una trottola. I tre corpi caddero a terra, aggiungendosi a quelli dei loro compari.
Ma non cantai vittoria, no.
Ci fu uno spostamento d'aria, altri sussurri, ringhi e mugolii.

I Ghuldrash cominciarono a spuntare come funghi, uno dopo l'altro. Sbucarono ad ondate fuori dai cespugli e dalle chiome degli alberi, moltiplicandosi a vista d'occhio. Non facevo in tempo ad ucciderne uno che dalla radura ne comparivano altri due.

Ma cosa stava accadendo?

Sembravano non avere fine.
Il terreno si stava riempiendo di cadaveri ed io combattevo circondato da una moltitudine di corpi in decomposizione. L'effluvio disgustoso che si levava dal basso m'irritava le narici, mentre attacco dopo attacco, la ferita che avevo sul braccio si aprì ancora di più.
Uno di loro, approfittò di una fitta improvvisa dovuta alla ferita per sferrarmi un colpo che prese in pieno la mia spalla.

Altro dolore, altro sangue, altre urla.

Avevo il fiato corto e la fronte imperlata dal sudore. In una sola mossa, decapitai tre teste, mozzai alcuni arti e perforai qualche addome.

Ero una furia, si, ma una furia sull'orlo del cedimento.

Ad ogni Ghuldrash che uccidevo, sentivo le forze venirmi meno ed abbandonare il mio corpo, fino ad indebolirmi quasi del tutto.

Dare il mio sangue ad Amelie, non era stata poi una così bella trovata.

Ma cos'altro potevo fare?

Non potevo abbandonarla, non adesso che si trovava in quelle condizioni pietose!
Quella sconsiderata aveva rischiato la pelle più di una volta, ma in quel momento si trovava in una situazione terribile: aveva perso troppo, troppo sangue.
Certo, ora mi ritrovavo nei guai fino al collo, eppure non mi pentivo affatto della mia scelta.
Io ero un "principe della notte", il mio sangue era puro, speciale, capace di salvarle la vita. Il suo potere curativo era formidabile, soprttutto per quanto riguardava gli esseri umani. In un'altra circostanza, sarebbe bastato fare uno spuntino per ripristinare quella mancanza di sangue... ma non avevo avuto nemmeno il tempo di uscire dalla sua porta.

Rosso Scarlatto - Prima Parte: Virgo IntactaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora