Miraggio
_ Miguel_
Non riuscivo a tenere gli occhi aperti.
Le palpebre pesavano come piombo; si abbassavano ed alzavano convulsamente, in bilico, tra la veglia e l'oblio dell'incoscienza.
Ma l'attesa dell'inevitabile non era mai stata così devastante: ormai mancavano poche ore all'inizio del processo, ed ancora non erano venuti a prendermi.
Magari Rufus si era dimenticato, i secondini non erano stati informati, o molto più probabilmente, quel vecchio ubriacone era svenuto da qualche parte a causa della sbornia.
Comunque sia, tutta quella situazione era snervante.
Odiavo aspettare.
L'attesa mi destabilizzava, m'incollava addosso l'ansia, mi corrodeva dentro... ed io non lo sopportavo.
Mi faceva sentire inutile, impotente, soprattutto quando la posta in gioco era così alta.
Respirai a fondo, dopodiché con le ultime forze che mi rimanevano in corpo, strattonai quelle dannate catene per l'ultima volta.
L'acuto stridio del metallo mi graffiò i timpani, ma ahimè, ogni tentativo di spezzarle risultava vano.
L'incantesimo di Cassandra era troppo potente, e quel poco sangue che avevo ingurgitato tre ora prima, era servito a malapena per rimarginare le ferite più superficiali di schiena e torace.
Il resto del mio corpo, era ridotto ad un colabrodo.
<< Maledetto Angus...>> ringhiai, << Sta pur certo che te la farò pagare...>>
Quello non era solo un vaneggiamento risentito, oh no... ma una promessa.
Quello stronzo non avrebbe avuto scampo.
Già pregustavo la scena: le mie mani lorde del suo sangue, il pallore spettrale della sua pelle e la gelida morsa della morte dipinta sul suo volto ripugnante.
L'avrei ammazzato, sì.
Ma tra atroci sevizie e sofferenze.
Senza pietà.
Eppure, quell'idea non bastava a soddisfarmi.
Volevo di più... pretendevo altro.
Ma cosa?
Quel senso di vuoto non accennava ad andarsene, e d'un tratto... ogni cosa perse del tutto la sua importanza.
Non volevo più saperne niente di Angus, né del Consiglio e neanche di Ryan.
Volevo solamente fuggire, uscire da quel posto... respirare.
Lasciarmi alle spalle tutto quello che aveva a che fare col fetido odore delle prigioni e le sue asfissianti mura di pietra.
La libertà non era mai stata così lontana.
Tuttavia, senza rendermene conto, la mia mente ricominciò a vagare; solcò le scanalature del pavimento, la serratura arrugginita, e poi via... oltre le sbarre d'acciaio, fino alla scalinata.
Al di là delle pareti.
Sfiorò le stanze superiori, gli addobbi eccentrici, le decorazioni eccessive, per poi soffermarsi su un unico pensiero.
Lei.
Sì, lei era lì.
L'avevo raggiunta... e la vedevo disperarsi, in lacrime, reclusa in una gabbia dorata, senza la minima possibilità di cambiare le cose.
E come avrebbe potuto?
Loro non glielo avrebbero mai lasciato fare.
Ormai conoscevo fin troppo bene il modus operandi di quei cani rognosi del Consiglio: erano infidi, sospettosi, tanto da temere uno scricciolo di ragazza come Amelie.
Eppure, non avevano tutti i torti.
Lei era pericolosa, molto più di quanto potesse sembrare.
Sebbene fosse dotata di un'infinita goffaggine, Amelie aveva dalla sua parte la forza della disperazione; era una ragazza forte, determinata, e incredibilmente coraggiosa.
Avrebbe fatto di tutto... sacrificato qualsiasi cosa pur di salvarmi.
Persino fare un patto col diavolo... e questo, mi terrorizzava più della sentenza che gravava sulla mia testa.
<< Maledizione!>> imprecai, digrignando i denti fino a sentir male.
Il pensare a lei, faceva inevitabilmente riaffiorare nella mia mente ricordi proibiti.
Lei contro il mio corpo, le lenzuola spiegazzate, il sapore delle sue labbra e poi... il suo profumo delizioso.
Vivido come non mai, quell'odore paradisiaco mi ustionò le narici, i polmoni, il cuore.
La tenebra s'irrorò di sangue, dopodichè, la sua immagine prese a danzarmi dinnanzi agli occhi.
Era semplicemente irresistibile, bellissima, avvolta unicamente da un manto scarlatto.
La seta frusciò a contatto con i suoi seni, i veli caddero a terra, rivelando con estrema chiarezza la perfezione assoluta del suo corpo.
Deglutii a fatica, incapace di distogliere lo sguardo.
La divoravo con gli occhi.
La sua pelle era candida, nivea, talmente splendida da sembrare di porcellana.
I lunghi capelli parevano intessuti d'oro, fili di bronzo e rame, mentre gli occhi... oh, i suoi occhi.
Rifulgevano d'un bagliore sconosciuto.
Intenso.
L'usuale sfumatura castana dell'iride, era sostituita da pagliuzze verdi, tanto chiare da sembrare frammenti di smeraldo. Eppure, v'era racchiusa anche dell'oscurità, in quello sguardo.
Uno spesso strato buio, sconfinato, che tramutava le sue pupille in cupi buchi neri nei quali precipitare.
Ma niente era come le sue labbra.
Piene, succose, vermiglie come fragole mature.
Le potevo sentire aprirsi, premere contro la mia pelle e scivolare giù... lungo il collo.
Delicatamente, saggiando la sua consistenza, per poi risalire, aggirare la mandibola e raggiungere la mia bocca.
Quanto mi erano mancate, quelle labbra?
Avevo l'impressione di non aver bramato altro da tutta una vita.
Le violenze subite, l'infinite torture... svanivano a confronto col dolore della sua lontananza.
Lei era come l'aria, come il vento, come il sangue...
Semplicemente essenziale.
" Miguel..." sussurrava languidamente, "Amore mio..."
Il suono della sua voce era tenue, delicato, sconcertante.
Trasudava al contempo timore e desiderio.
Ingenuità e sensualità come due facce della stessa medaglia.
Sentii le sue labbra unirsi lentamente nelle mie, lambirle, finché da soffice e lento, il bacio si fece rovente.
Dopodiché, l'estasi.
Le mani affondarono nella carne, le lingue s'intrecciarono, fino a farmi perdere del tutto il lume della ragione.
Cristo... !
Fremevo dalla voglia di possederla, spalancarle le gambe e farla finalmente mia... ma prima di giungere a quel fatidico momento, le morse della fame spezzarono l'incantesimo, riportandomi crudamente alla realtà.
Fu terribile.
Quasi quanto ricevere una stilettata in pieno petto, al centro del cuore.
In un battito d'ala, ogni cosa era svanita nel nulla.
Evaporata.
Come un abbaglio, un'illusione, un miraggio.
Preso dal panico, feci vagare instancabilmente lo sguardo da una parte all'altra della cella.
Non trovavo pace, lei... doveva pur essere da qualche parte!
Ma non c'era.
Non c'era!
Mi aveva abbandonato di nuovo.
Mi aveva lasciato solo.
E la follia parve quasi soffocarmi nella sua stretta rovente.
Ormai non avevo più niente tra le mie mani, solo una manciata d'incubi e sogni infranti.
Non esisteva più alcun inganno della mente, nessuna speranza, nessuna Amelie avvinghiata tra le mie braccia...
O forse... no?
Un flebile odore si sparse all'interno dell'ambiente, scontrandosi malamente con il rancido puzzo delle prigioni.
Era inconfondibile, inebriante, eccitante.
Una vera e propria droga.
" Ma no..." mi dissi, " Non può essere!"
Eppure...
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Rosso Scarlatto - Prima Parte: Virgo Intacta
Vampire"In principio ci furono le fiamme." Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidan...