CAPITOLO 28 - Perseguitato Dalle Ombre

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Perseguitato Dalle Ombre

_ Miguel_

Sebbene il terreno fosse poco accidentato, i continui sbalzi della carrozza non facevano altro che irritarmi.
Provavo in tutti i modi a mantenere la calma, ma era più forte di me: essere sballottato da una parte all'altra mi dava a nervi.
Stufo dell'ennesimo scossone, inveii mentalmente contro la pessima guida di David, ripromettendomi, una volta giunti a destinazione, di licenziarlo seduta stante.
Non ce la facevo più... ero letteralmente a pezzi; stanco delle innumerevoli notti passate in bianco, dei sedili scomodi, del freddo pungente e delle eccessive ore di viaggio.
Ma non era il troppo star fermo a rendermi irrequieto, tutt'altro.
La mia mente era percorsa da un costante senso d'allerta, la Mimesis bruciava e nell'aria c'era qualcosa di strano, stantio... sinistro.
Era dalla notte dell'incendio, che mi trascinavo dietro quella sgradevole sensazione, e ancora non riuscivo a liberarmene.
Mi ero illuso che col tempo sarebbe tutto svanito, l'avevo fatto più volte... ma le ore passavano, i giorni si alternavano ed io non trovavo pace.
Ero perseguitato dalle ombre.
Sospirai pesantemente, dopodiché mi abbandonai contro lo schienale del sedile imbottito.
Volevo spegnere il cervello, isolarmi dal resto del mondo e non pensare più a niente.
Peccato solo che non potessi farlo: avevo troppe cose di cui preoccuparmi e poco tempo a disposizione.
Infatti, mi ero ritrovato ad agire d'impulso, attuando il "piano B" prima ancora di avvisare la contessa.
Nel ripensare a Lamia, un sorriso mi solcò le labbra.
Chissà quanto si sarebbe adirata, nello scoprire che la sua adorata bambina era sparita nel nulla.
Pregustavo ad occhi chiusi la scena, rimpiangendo amaramente di non essere lì per potervi assistere.
Ma non avevo "rapito" Amelie per divertimento, e nemmeno per fare un torno a Lamia.
Oh, no.
L'avevo portata via con me per un'unica ragione: proteggerla dalle minacce di "E.".
Quell'essere senza volto era sulle sue tracce, lo era sempre stato... sempre, fin dall'inizio.
Tuttavia, sarebbe dovuto passare sul mio cadavere, prima di torcerle anche solo un capello.
Per la prima volta in vita mia, mi ritrovavo faccia a faccia con qualcosa che andava ben oltre il mio controllo, il mio potere, le mie capacità... e ne ero terrorizzato.
Completamente.
Ma cosa poteva mai volere un pericoloso serial killer, dal mio Piccolo Tarlo?
Ripensai al passato, a tutto quello che mi era capitato negli ultimi mesi e feci il punto della situazione.
I Von Kleemt nascondevano qualcosa, questo era sicuro... ma cosa?
Magari era tutto legato alla follia di Ravaléc, ai suoi rancori nei confronti del conte James... o forse al sangue di Amelie?
Quella domanda attanagliava la mia mente in continuazione, ma più mi arrovellavo in supposizioni e congetture, più non venivo a capo di niente.
Era come se qualcosa mi bloccasse, impedendomi di giungere ad una conclusione.
La sola cosa certa riguardava la morte Ravaléc; il suo omicidio non era stato casuale, ma ben architettato.
Un vero e proprio colpo da maestro, volto a distogliere la nostra attenzione da qualcosa o qualcuno di molto importante.
Quindi, era stato un diversivo, una copertura, un clamoroso tentativo di depistaggio.
Uno specchio per le allodole.
Normalmente, i Ghuldrash erano creature solitarie, non amavano muoversi in gruppo, e raramente attaccavano lo stesso posto una seconda volta.
Eppure, prima che andasse a fuoco, la defunta residenza di campagna dei Von Kleemt era divenuta un alveare, un vero e proprio nido per quelle creature infernali. Gli esperimenti di Ravaléc avevano dato vita ad una nuova stirpe di mostri, rendendoli quasi invincibili.
Ma come aveva fatto?
Per quanto la sua mente diabolica fosse geniale, il dottore non era solo in quell'impresa.
Qualcuno l'aveva aiutato.
E non era difficile immaginare chi fosse, in realtà, a tirare le fila.
Esausto, accostai la testa al finestrino, premendo le tempie contro il vetro gelido.
Per un breve istante, riuscii a rilassarmi; infiniti filari d'alberi e cespugli mi sfrecciarono accanto, giocando a rincorrersi oltre la linea dell'orizzonte.
Immaginai di stare fuori, all'aria aperta, la brezza della sera che mi pungeva il viso... ma l'incantesimo si spezzò all'istante, lasciandomi di stucco e senza fiato.
Con un notevole sforzo m'imposi di non guardarla, di non prestarle attenzione... ma come potevo?
Mi mancava l'aria.
L'intero abitacolo era pregno del suo odore, che alla stregua di un pericoloso gas tossico, aveva il potere di incendiarmi le narici, i polmoni, la gola... tutto! Rendendomi null'altro che il fantoccio di me stesso.
Alla ricerca di una qualsiasi distrazione, afferrai bruscamente la portiera della carrozza, stritolando la maniglia tra le dita.
Peccato che quel freddo metallo non potesse nulla contro la mia forza sovrumana.
Nel giro di pochi secondi, infatti, lo sentii incrinarsi sotto la mia stretta, deformandosi, fino ad assumere le sembianze di uno stampo, su cui era impressa la forma delle mie falangi.
Improvvisamente ci fu un'altra fitta, l'ennesimo senso di soffocamento, e il mondo circostante cominciò ad assumere infinite sfumature rossastre.
Oh no, non poteva accadere di nuovo, non in quel momento.... non con lei presente!
Ma non riuscii a contenermi.

Rosso Scarlatto - Prima Parte: Virgo IntactaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora