•LIV•

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"Il vero significato del coraggio è avere paura – e poi, con le ginocchia che tremano e il cuore che batte, fare comunque il salto."
(Oprah Winfrey)

-La roccaforte è libera!- Urlò Eloise, correndoci incontro. Lorenzo sollevò le sopracciglia, forse timoroso o forse scettico. Spostò il peso su una parte del corpo e strizzò gli occhi, mentre Eloise gli mostrò un video, che sembrava proprio essere stato girato da un elicottero. Lui riconobbe i boschi intorno all'edificio e sospirò. Lanciò un'occhiata verso Ettore, che rispose con una scossa di spalle. La decisione era in mano a Lorenzo, al Re. Nessuno avrebbe potuto intraprendere scelte migliori di lui in quel momento, era effettivamente il sovrano di tutti noi. -Lei cosa ne pensa?- Si voltò, poi, verso mia nonna, lasciandomi sbalordita. Teneva davvero cosí tanto al parere di mia nonna? Allora sì che lei era una forza della natura. -Io andrei. Cosa ci cambia? Aspettare qui che un esercito ci annienti o meglio sperare che la roccaforte sia libera davvero?- Mia madre fece un passo avanti e pose la sua mano tremante sulla spalla della nonna. Vidi il suo piccolo pomo di Adamo fare su e giù con fatica e mi vennero quasi le lacrime agli occhi. -Ha ragione, tentiamo questa strada.-
-Sono d'accordo.- Si intromise Ettore, tossicchiando. Io mi morsi le labbra, guardandomi intorno. Tutti dipendevano dalle parole di Lorenzo, da ciò che avrebbe deciso per tutti noi e da come sarebbero andate le cose. Improvvisamente mi resi conto di quanto peso lui dovesse sostenere, di quante responsabilità dovesse tener conto. In un batter d'occhio capii perché a lui la corona era sempre stata stretta. -E tu?- Continuavo a guardare come i fili d'erba si spostavano avanti e indietro, sospinti dal vento caldo di quel giorno, quando qualcuno mi toccò la spalla. Rinvenii e abbozzai un mezzo sorriso, mordendomi le pellicine del labbro superiore. -Io cosa?- Gracchiai, per poi schiarirmi la voce. Nessuno mi aveva mai interpellato direttamente per una decisione così importante, non ero abituata. -Cosa pensi? Ti fidi ad andare ad est?-
In effetti per me era le scelta migliore. Come aveva detto mia nonna l'alternativa più succulenta era aspettare di essere distrutti dall'esercito di Marcus, cioè di mio padre. In realtà non era mio padre, non mi aveva cresciuta e non sapeva niente di me. Era uno sconosciuto con cui condividevo molta genetica e basta. -Penso che sia la cosa migliore...cioè andare ad est in quella roccaforte. Tanto al massimo dovremo combattere ancora e qua tra poco succederà lo stesso.- Alzai le spalle, stringendomi in esse. Lorenzo, che mi aveva appena chiesto cosa ne pensassi, annuì, come interessato alle mie parole, e rimase in silenzio per qualche interminabile secondo. Tanto che si creò un imbarazzante borbottio sotto voce intorno a noi. Poi schiacciò un piede a terra, attirando l'attenzione di tutti. Sollevò il mento, con aria fiera. -E allora è deciso. Cammineremo fino a est. Chi può prenda le moto oppure le jeep, ma mi raccomando attenti a chi vi segue. Secondo i calcoli dei nostri cartografi l'esercito di Marcus è alle nostre spalle.-
Improvvisamente tutti si misero in moto ed io mi sentii una emerita cretina, che non aveva idea di cosa fare. Appena finito quell'incubo ripromisi a me stessa di prendere lezioni di Guerra o di Difesa serie, non come quelle materie che ci insegnavano alle medie e alle superiori dove al massimo ci facevano utilizzare dei modellini in plastica, che non appena li facevi scontrare si spezzavano in due. Poi vidi Lorenzo camminare con decisione verso la moto, mentre la nonna e la mamma salire su di un'auto. Io ero l'unica rimasta ferma sul posto. Allora mi affrettai a raggiungere le due donne, mettendo un piede dietro l'altro velocemente. L'erba umida sotto di me mi avrebbe fatta scivolare se avessi continuarti a sgambettare in quel modo. -Cretina! Ma dove vai?- Sentii la chiara voce di Alice, ma non la vidi. Mi girai più e più volte, ma di lei nessuna traccia. -Dove sei?-
-Ci siamo nascoste dietro alla jeep, non avevamo voglia di camminare ancora.- Scoppiai a ridere. Almeno loro due sapevano trovare del buono in quella situazione stressante. -Che c'è?- Sussurrai, tentando di individuarle dietro alla macchina. -Cioè tra la moto sexy di Lorenzo e tua nonna decrepita preferisci salire con questa? Ma sei fuori?-
-Alice! Mia nonna non è decrepita!-
La sentii sbuffare. -Ha superato i settantacinque anni, quindi sì...poco ci manca. Corri subito da quel fusto con la moto super truccata e non stare nemmeno a pensarci.-
Roteai gli occhi verso il cielo. -Non me l'ha chiesto.-
-Ah ora te lo deve chiedere? Ma un po' di spirito di iniziativa?- Parlare con il retro di un'auto stava cominciando a essere imbarazzante, qualche soldato si era già voltato a guardarmi e lo sguardo era tutt'altro che tenero o benevolo. -La moto è sua!- Protestai a bassa voce.
-Mi pare che lui abbia cavalcato anche te oltre alla sua moto.- Ribatté la mia amica, facendomi arrossire. Pesticciai i piedi per terra e sbuffai.
-Luce! Ei! Non sali?- Gridò Lorenzo dall'altra parte della radura, proprio nel momento giusto. Percepii le mie amiche sghignazzare e così decisi di lasciarle lì, senza degnarle di una risposta. Corsi verso la moto e deglutii con forza. Lui ancora non si era messo il casco, ma anzi mi passò uno di quelli e mi sorrise, ma un sorriso furbo e divertito, che non avrei descritto come il classico sorriso dolce. Rabbrividii e presi in mano il casco, ma non appena lo afferrai lui fece uno strattone indietro e io fui catapultata su di lui. Il mio pettò sbatté contro il suo e trattenni il respiro. -Attenta, potresti farti male.- Bisbigliò, mantenendo un tono basso. Buttai giù la saliva e annuii. -Ma mi hai fatto perdere l'equilibrio te.-
-E indovina adesso quanto me ne frega...- Le sue lunghe dita scorsero sul dorso della mia mano, per poi carezzarlo. Avrei voluto tanto chiedergli cosa eravamo io e lui, che tipo di relazione fosse. Poi se provava veramente qualcosa o se magari era una cottarella passeggera. Tutte quelle domande mi morirono in bocca, non appena Ettore urlò che Marcus era a meno di quindici minuti da noi. -Sali, muoviti.- Mi ordinò il Re. Sospirai e feci come mi disse. Appena sopra la moto l'ansia raggiunse l'apice e le mani cominciarono a tremarmi, già mi stavo immaginando i peggio scenari tipo io catturata e violentata oppure Lorenzo decapitato oppure ancora mia madre e mia nonna fatte a pezzettini. Improvvisamente la mano di Lorenzo prese la mia e se la portò alla bocca dello stomaco, poi fece uguale con l'altra mano. Se le strinse davanti. Il mio corpo aderì al suo e l'ansia, pian pianino, iniziò a scemare. Superammo delle frattaglie e un covo di rovi ed arbusti rigogliosi, sentivo bene il profumo di legno umido e di resina appena nata, non potevo non percepirlo visto che la moto passava proprio attraverso ad ogni pianta e ad ogni rampicante. Uno di quelli graffiò la mia gamba, ma trattenni un urlo per evitare di spaventare Lorenzo. Non volevo schiantarmi con la moto a duecento all'ora e non mi sembrava il caso di farla tanto lunga per un graffio, anche se doloroso. Frizzava come quando mi bruciavo alla stufa della casa in campagna della nonna. -Reggiti forte, questo sentiero è in pendenza.- Disse il Re, voltando leggermente la faccia per farsi sentire. Il vento copriva ogni rumore e decisi di poggiare la testa sulla sua schiena e chiudere gli occhi, sperando che non accadesse niente di male.

Eppure fuggo                       •A royal love story•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora