•LVII•

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"Interrogo i libri e mi rispondono. E parlano e cantano per me. Alcuni mi portano il riso sulle labbra o la consolazione nel cuore. Altri mi insegnano a conoscere me stesso"
(Francesco Petrarca)

-È arrivata?-
-Ancora no. Doveva essere qui almeno mezz'ora fa.-
Keita si espose dalla piccola finestra, facendo penzolare la mano che teneva stretta una sigaretta accesa. Sapeva che il fumo mi avrebbe dato fastidio. -Eccola!- Gridò, lasciando cadere il mozzicone di sotto.
-Keita! In questo modo inquini l'ambiente. Corri subito a riprenderlo.-
La mia amica sollevò gli occhi verso il cielo e poi si riprotese giù dalla finestra. -Alice? Ei! Sono qui su! Guardami.- Urlò, in punta di piedi. Un altro passo e sarebbe volata di sotto come la sigaretta di poco prima. -Raccogli quel mozzicone e portalo qui, altrimenti Luce mi trafigge con una di queste spade d'oro appese al muro.- Sentii la risata fragorosa dell'altra mia amica e Keita si mise a sedere davanti a me, incrociando le sue fantastiche gambe. -Se continui a dondolare la gamba ti si strapperà il vestito.- Borbottò, stirandosi i pantaloni eleganti. Io mi morsi le labbra. -È che sono...agitata.-
-Ci credo!- Urlò Alice, appena entrata nella stanza. Per poco non prese un colpo a tutte e due. La mia amica indossava un lungo vestito di raso rosa, con un vertiginoso spacco sulla coscia destra. Keita fischiò nel vederla e lei arrossì violentemente. Era raro vedere Alice imbarazzata. -Non distraiamoci! Tra un'ora dobbiamo essere belle che pronte e vedo che ancora mancano le scarpe.-
-Stavamo aspettando te per i fiori.-
-Li ho lasciati in auto. Stanno meglio lì che fra le vostre mani da imbranate.- Disse Alice, prendendo posto su di una sedia dai particolari intarsi d'oro. Faceva quasi effetto stare in una stanza come quella. Era una sorta di piccola mansarda, con i soffitti bassi e piccole finestrelle. Tutto era antico e prezioso, dava proprio l'idea di essere in un castello. -Tua madre ancora non si è fatta vedere?-
-Oggi è il giorno dei ritardi. Peccato che sia il giorno più importante della mia vita.-
Alice trattenne una risata nervosa. -Da stasera dovremo chiamarti regina?-
Sgranai gli occhi. -Oddio, non saprei. Non mi sento assolutamente pronta per un titolo del genere. E poi con tutto quello che è successo...-
Le due ragazze si scambiarono un'occhiata fugace, sperando di non essere viste da me. -La setta è stata sciolta e molti di loro sono in prigione adesso. Di cosa ti preoccupi?-
Tirai su con il naso. Avevo i nervi a fior di pelle, ma non capivo se per il matrimonio imminente o se per la paura del futuro. -Ci sono molti di loro ancora a piede libero. Tutti seguaci di Marcus.-
-Luce, sono passati più di sei mesi. Se qualcuno avesse voluto farvi del male, lo avrebbe già fatto.-
Sospirai. -Forse avete ragione voi.- Chiusi le mani sul ventre, tentando di non rovinare la manicure appena fatta.
-Io penso che tu sia solo nervosa di indossare l'anello più importante di tutto il regno e di diventare la sposa del Re.- A sentire quelle parole il mio cuore fece un tuffo, riportandomi alla realtà. Indossavo un vestito che era costato qualche lingotto d'oro. Dieci sarte si erano occupate dell'abito e ogni pietra preziosa era stata cucita a mano. Il velo era lungo ben sette metri, perché si diceva che il numero sette fosse il numero fortunato della famiglia reale, anche se di fortuna la sua stirpe aveva avuto ben poco. Le scarpe erano state confezionate da un noto artigiano, abile nella lavorazione del cristallo e del vetro. Tutto era così principesco. Non mi sentivo fuori luogo, perché fin da piccola ero stata abituata ad abiti sfarzosi, Gala, gioielli preziosi e ville di lusso, ma quell'occasione era diversa. Avevo lasciato l'università per sposarmi, l'avrei ripresa nell'inverno e mi sarei laureata da regina. Temevo che quel titolo mi avrebbe avvantaggiata rispetto ai miei colleghi, ma sapevo di voler diventare una psicologa, fare il mio percorso e magari, un giorno, lavorare. La gente scoppiava a ridere non appena lo facevo presente, "perché vuoi lavorare se puoi avere quello che vuoi con uno schiocco di dita?" Perché io non volevo niente, senza essermi prima impegnata.
-Ecco tua madre. Il sacchetto che ha in mano sembra fatto di seta, credo che le scarpe saranno una bomba.- Commentò Keita, dopo essersi messa sulle ginocchia di Alice, che la punzecchiò sui fianchi. Io presi un bel respiro e voltai la testa verso lo specchio. Piccoli fiorellini bianchi e diamanti brillanti ornavano la treccia che si posava candidamente sui miei seni. Inspirai ed espirai, tentando di sforzare un sorriso. Sentii l'ansia montare dentro di me, ogni piccolo pezzo del mio stomaco si contorceva e le orecchie fischiavano come un treno in partenza. Sentii gli inequivocabili passi di mia madre dietro alla porta in legno. Questa si spalancò e gli occhi luccicanti della mamma mi fecero commuovere. -La nonna sta arrivando. Stava sgridando qualche maggiordomo, che secondo lei non aveva posizionato bene i centro tavola. La conoscete...una wedding-planner mancata.- Sospirò, camminando frettolosamente verso di me. Si chinò a posarmi un bacio sulla guancia e poi aprì la sacca in seta. Una scatola argento ne uscì fuori. Tolsi il coperchio e per poco non fui accecata dalla brillantezza di quelle scarpe. Il tacco era unicamente in prezioso cristallo, al cui interno si potevano scorgere gli stessi fiorellini, che abbellivano la mia acconciatura. Misi entrambi i piedi dentro alle scarpe e fui aiutata a mettermi in piedi. Davanti a me si ergeva un enorme specchio. L'abito era lungo, le spalle scoperte e sottili veli ricoprivano le mie braccia nude. La gonna non era molto gonfia, accompagnava bene le mie giovani forme. Ogni singolo dettaglio, dai fiorellini ai cristalli erano una gioia per gli occhi e fui sul punto di scoppiare a piangere. Proprio come stava facendo mia madre. -Sei bellissima. Lorenzo è proprio fortunato.-
-Mamma...- Tentati di trattenere le lacrime, ma fu davvero difficile.
-Dobbiamo andare.- Si intromise Alice, prendendomi per mano. -Ha ragione tua madre, comunque.-
Keita sollevò la gonna e afferrò la scatola, dentro cui era ripiegato il velo. -Sono quasi gelosa.- Sussurrò, ridendo.

Eppure fuggo                       •A royal love story•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora